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Editoriali

S’era detto mai più

redazione

I dispacci dall’Etiopia sono inequivocabili sullo scontro etnico e le violenze enormi

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Quando parlano di Etiopia, molti diplomatici dicono: ricordiamoci il Ruanda. Quel Ruanda di violenze inaudite, di pulizia etnica e genocidio, che negli anni Novanta fece dire all’establishment democratico americano: mai più. Non assisteremo inerti, mai più. Non guarderemo altrove, mai più.

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Quando parlano di Etiopia, molti diplomatici dicono: ricordiamoci il Ruanda. Quel Ruanda di violenze inaudite, di pulizia etnica e genocidio, che negli anni Novanta fece dire all’establishment democratico americano: mai più. Non assisteremo inerti, mai più. Non guarderemo altrove, mai più.

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A Mai Kadra, cittadina nella provincia settentrionale dell’Etiopia del Tigrè, la polizia e la milizia sono andate casa per casa a isolare i non-tigrini e hanno tolto loro le sim dai telefoni perché non potessero chiedere aiuto. L’ala giovanile delle milizie tigrine ha organizzato raid in cui sono stati accoltellati e bruciati centinaia di amhara (l’etnia cui appartiene il 30 per cento degli etiopi). Secondo la commissione dei Diritti umani etiope, un’organizzazione nazionale indipendente, quando le forze del governo centrale sono entrate a Mai Kadra hanno trovato almeno 600 cadaveri. Secondo la commissione sono stati usati coltelli, machete, asce, corde per uccidere e strangolare le vittime. I tigrini che scappano in Sudan raccontano le violenze dei gruppi amhara e delle forze del governo del primo ministro Abiy Ahmed, premio Nobel per la Pace, nella città di Macallè, nel Tigrè, che vengono nascoste con una disinformazione martellante ostile ai tigrini. Dal 4 novembre, secondo l’Onu, si sono rifugiate nel paese confinante almeno 40 mila persone. Ad Addis Abeba, i tigrini vengono isolati, centinaia sono stati arrestati, quelli che servono nelle Forze armate sono stati avvisati di non andare al lavoro, e se cercano di scappare vengono bloccati all’aeroporto.

  

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L’Unione africana non vuole interferire negli affari interni dei paesi. I tigrini sono sicuri che ci siano truppe etiopi a sostegno di Abiy e hanno lanciato razzi oltre confine. L’Onu sta lavorando a eventuali corridoi umanitari. I paesi europei temono accuse di neocolonialismo. Gli americani sono immersi nella transizione. Ma le premesse per una violenza come quella in Ruanda ci sono tutte: s’era detto mai più.

 

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