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Editoriali

Erdogan non è il solo

Redazione

Si può chiedere conto agli stati esteri di ciò che fanno i giornali? Citofonare Di Maio

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Nello scontro tra Francia e Turchia esploso in seguito alla decapitazione del professor Paty da parte di un terrorista e alla condanna dell’estremismo islamico da parte del presidente francese Macron che ha fatto infuriare Erdogan, è interessante scrutare il rapporto tra stampa e governi visto che tutto parte da Charlie Hebdo e coinvolge il tema della libertà di espressione. Nell’ultimo numero, il settimanale satirico francese nella sua copertina ha preso di mira il presidente turco.

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Nello scontro tra Francia e Turchia esploso in seguito alla decapitazione del professor Paty da parte di un terrorista e alla condanna dell’estremismo islamico da parte del presidente francese Macron che ha fatto infuriare Erdogan, è interessante scrutare il rapporto tra stampa e governi visto che tutto parte da Charlie Hebdo e coinvolge il tema della libertà di espressione. Nell’ultimo numero, il settimanale satirico francese nella sua copertina ha preso di mira il presidente turco.

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Ed Erdogan, che già aveva fatto partire il boicottaggio dei prodotti francesi e detto che Macron non è sano di mente, si è scagliato contro il settimanale: “Non ho bisogno di dire nulla sulle canaglie che hanno insultato il mio amato Profeta”, ha detto in tv. “Ho sentito che la rivista, che pubblica vignette brutte e immorali in Francia, mi prende di mira con un fumetto”. Nel frattempo, la procura di Ankara ha messo sotto inchiesta Charlie Hebdo e il portavoce di Erdogan ha condannato il giornale “che non ha rispetto per alcun credo, alcuna sacralità e alcun valore”.

 

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Pare assurdo e inconcepibile, in una democrazia liberale, che un capo di stato chieda conto a un paese estero di ciò che scrivono i media. Eppure qualcosa di molto simile è accaduto anche da noi. Ad esempio, solo pochi mesi fa, con toni ovviamente diversi da quelli di Erdogan, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si scagliò contro un video satirico di una tv francese sulla pizza al coronavirus: “È profondamente irrispettoso. Come ministero degli Esteri abbiamo immediatamente attivato la nostra ambasciata a Parigi. Esigiamo rispetto”, disse Di Maio.

 

Un paio di mesi dopo, si scagliò contro l’articolo di un giornale tedesco sui fondi europei e la mafia e chiese al governo tedesco di “condannarlo e dissociarsi”. Naturalmente non conta il buongusto della satira né il suo oggetto, che sia il Profeta o la pizza, ma il principio secondo cui nelle democrazie i giornali e i governi sono due cose ben distinte: i primi non rispondono di ciò che fanno i secondi, e viceversa. È probabilmente impossibile farlo capire a un sultano come Erdogan, ma per poterlo spiegare dovremmo prima comprenderlo bene noi.

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