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editoriali

Fino al collasso di Minsk

redazione

Le minacce di Lukashenka che ha capito che i manifestanti non si fermeranno

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La protesta in Bielorussia più la si guarda più sembra irreale. Irreale non è l’obiettivo che i cittadini della nazione vorrebbero raggiungere: nuove elezioni.  Irreale sembra il loro modo di agire, di protestare, di chiedere con insistenza le dimissioni del dittatore Aljaksandr Lukashenka senza mai cedere, senza mai diventare violenti. Le manifestazioni sono pacifiche  dalla notte del nove agosto, nonostante la violenza della polizia. Tra i manifestanti non ci sono picchiatori, non ci sono toni nazionalisti, i cortei sono una massa compatta di richieste chiare e legittime. La leader dell’opposizione, Svjatlana Tikhanovskaya, che si era candidata contro Lukashenka alle elezioni, e secondo lo spoglio indipendente le avrebbe vinte, aveva lanciato un ultimatum al presidente. Avrebbe dovuto dimettersi entro domenica scorsa e organizzare un nuovo voto. Non è successo e Tikhanovskaya ha indetto scioperi a oltranza. Stanno scioperando tutte le categorie – operai, professori, medici, commercianti, studenti. Le manifestazioni sono talmente tante che il dittatore avrebbe voluto organizzare delle contromanifestazioni, portare i suoi sostenitori – alcuni esistono – a Minsk, ma non ci è riuscito, le persone contro di lui sono troppe.

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La protesta in Bielorussia più la si guarda più sembra irreale. Irreale non è l’obiettivo che i cittadini della nazione vorrebbero raggiungere: nuove elezioni.  Irreale sembra il loro modo di agire, di protestare, di chiedere con insistenza le dimissioni del dittatore Aljaksandr Lukashenka senza mai cedere, senza mai diventare violenti. Le manifestazioni sono pacifiche  dalla notte del nove agosto, nonostante la violenza della polizia. Tra i manifestanti non ci sono picchiatori, non ci sono toni nazionalisti, i cortei sono una massa compatta di richieste chiare e legittime. La leader dell’opposizione, Svjatlana Tikhanovskaya, che si era candidata contro Lukashenka alle elezioni, e secondo lo spoglio indipendente le avrebbe vinte, aveva lanciato un ultimatum al presidente. Avrebbe dovuto dimettersi entro domenica scorsa e organizzare un nuovo voto. Non è successo e Tikhanovskaya ha indetto scioperi a oltranza. Stanno scioperando tutte le categorie – operai, professori, medici, commercianti, studenti. Le manifestazioni sono talmente tante che il dittatore avrebbe voluto organizzare delle contromanifestazioni, portare i suoi sostenitori – alcuni esistono – a Minsk, ma non ci è riuscito, le persone contro di lui sono troppe.

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Dopo la scadenza dell’ultimatum i bielorussi hanno una nuova strategia: continuare a scioperare pacificamente fino al collasso dell’economia, per dimostrare a Lukashenka che, senza di loro, la Bielorussia muore e se non vuole lasciarla morire dovrà dimettersi. Ieri il dittatore – che ha chiesto a Mosca di intervenire, ma il Cremlino, per ora, ha risposto di no – durante una riunione con il suo gabinetto ha detto che non pensava che queste proteste sarebbero andate avanti così a lungo, che se non si interviene riusciranno anche a ottenere quello che vogliono. Lukashenka le teme e sa sin dall’inizio quanto sono potenti questi manifestanti che nonostante vengano minacciati, picchiati e arrestati continuano a scendere in strada pacificamente. Ha ordinato ai datori di lavoro di licenziare chi sciopera e alle università di espellere  chi manifesta. Ha sempre più paura dell’ostinazione dei bielorussi. Non cede, vuole portare la Bielorussia al collasso. 

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