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editoriali

Gli ostacoli per il Recovery fund

Ora si aprono i negoziati tra Consiglio e Parlamento europeo, ma la partenza rischia di slittare per le risorse proprie e lo stato di diritto

redazione

Dopo l'Ecofin il ministro Gualtieri è soddisfatto del fatto che l’anticipo sarà del 10 per cento calcolato sull’intero ammontare e non più sul 70 per cento. Meno positiva per l’Italia è la condizionalità macro-economica, che prevede lo stop degli esborsi ai paesi che non rispettano le raccomandazioni sulle riforme del 2019 e 2020.

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L’Ecofin di ieri ha trovato un accordo sul regolamento della Recovery and Resilience Facility, ma la strada per portare rapidamente a Roma i 209 miliardi del Recovery fund ha ancora degli ostacoli. A partire da uno esistenziale: lo stato di diritto in un’Ue in cui le procedure di infrazione, l’articolo 7 del trattato e le condanne della Corte di giustizia non bastano più a rimettere in riga Ungheria e Polonia. Il passaggio all’Ecofin era essenziale per portare avanti la legislazione sul Recovery fund. Il compromesso della presidenza tedesca dell’Ue include norme che piacciono all’Italia e altre meno. Il ministro Gualtieri è soddisfatto del fatto che l’anticipo sarà del 10 per cento calcolato sull’intero ammontare e non più sul 70 per cento. Inoltre, sono stati introdotti dei paletti al “freno di emergenza” chiesto dai Paesi Bassi contro i paesi che non fanno le riforme. Meno positiva per l’Italia è la condizionalità macro-economica, che prevede lo stop degli esborsi ai paesi che non rispettano le raccomandazioni sulle riforme del 2019 e 2020.

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L’Ecofin di ieri ha trovato un accordo sul regolamento della Recovery and Resilience Facility, ma la strada per portare rapidamente a Roma i 209 miliardi del Recovery fund ha ancora degli ostacoli. A partire da uno esistenziale: lo stato di diritto in un’Ue in cui le procedure di infrazione, l’articolo 7 del trattato e le condanne della Corte di giustizia non bastano più a rimettere in riga Ungheria e Polonia. Il passaggio all’Ecofin era essenziale per portare avanti la legislazione sul Recovery fund. Il compromesso della presidenza tedesca dell’Ue include norme che piacciono all’Italia e altre meno. Il ministro Gualtieri è soddisfatto del fatto che l’anticipo sarà del 10 per cento calcolato sull’intero ammontare e non più sul 70 per cento. Inoltre, sono stati introdotti dei paletti al “freno di emergenza” chiesto dai Paesi Bassi contro i paesi che non fanno le riforme. Meno positiva per l’Italia è la condizionalità macro-economica, che prevede lo stop degli esborsi ai paesi che non rispettano le raccomandazioni sulle riforme del 2019 e 2020.

 

Ora si aprono i negoziati tra Consiglio e Parlamento europeo, ma anche con un rapido accordo tra le due istituzioni europee la partenza del Recovery fund rischia di slittare di diversi mesi. La Recovery and Resilience Facility è parte di un pacchetto che include la decisione sulle risorse proprie, un meccanismo sullo stato di diritto e il quadro finanziario pluriennale. Se sul Recovery fund e lo stato di diritto basta la maggioranza qualificata, per la decisione sulle risorse proprie (che permette alla Commissione di emettere debito) serve l’unanimità. Capitanati dai Paesi Bassi, i paesi nordici insistono per un meccanismo sullo stato di diritto che sia più robusto di quello proposto dalla presidenza tedesca dell’Ue. Se sarà irrigidito, Ungheria e Polonia minacciano il veto. Se resterà troppo morbido, i paesi nordici e il Parlamento europeo potrebbero decidere che non si può svendere la democrazia. Hanno ragione: lo stato di diritto vale più di 750 miliardi.

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