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editoriali

Un mese di ricatto umiliante per l’Italia

redazione

Haftar ha ancora in mano i pescatori italiani, questa situazione va spezzata

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È passato un mese da quando le forze del generale Khalifa Haftar hanno sequestrato diciotto marinai – dieci italiani – che lavoravano su quattro pescherecci partiti da Mazara del Vallo in Sicilia. Anche due pescherecci sono stati sequestrati e portati a Bengasi. Questo verbo, sequestrare, non è usato con leggerezza. Questo tipo di litigi marittimi pretestuosi di solito si risolveva con qualche ora – al massimo qualche giorno – di fermo dei pescatori, accusati di avere violato le acque territoriali libiche. Invece a questo giro è chiaro che siamo di fronte a un ricatto. Haftar vuole montare un caso diplomatico, vuole dimostrare di essere ancora forte e rilevante pur dopo la sconfitta nella guerra civile e per farlo se la prende con i bersagli più deboli, i pescatori italiani che lavorano al largo della costa.

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È passato un mese da quando le forze del generale Khalifa Haftar hanno sequestrato diciotto marinai – dieci italiani – che lavoravano su quattro pescherecci partiti da Mazara del Vallo in Sicilia. Anche due pescherecci sono stati sequestrati e portati a Bengasi. Questo verbo, sequestrare, non è usato con leggerezza. Questo tipo di litigi marittimi pretestuosi di solito si risolveva con qualche ora – al massimo qualche giorno – di fermo dei pescatori, accusati di avere violato le acque territoriali libiche. Invece a questo giro è chiaro che siamo di fronte a un ricatto. Haftar vuole montare un caso diplomatico, vuole dimostrare di essere ancora forte e rilevante pur dopo la sconfitta nella guerra civile e per farlo se la prende con i bersagli più deboli, i pescatori italiani che lavorano al largo della costa.

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Non ci sono fondamenti giuridici solidi per trattenere gli italiani, c’è soltanto il gusto perverso da parte del generale Haftar di esercitare il proprio potere. Per ora la risposta tattica dell’Italia è stata molto soft, nella speranza di abbassare i toni e di risolvere tutto senza scossoni come se si trattasse di un malinteso tra interlocutori che in fondo si rispettano. Ma è passato un mese intero ed è venuto il momento di chiedersi se l’Italia deve umiliarsi ancora per molto di fronte a un signore della guerra libico che controlla una città, Bengasi, che per estensione e abitanti è un po’ meno di Palermo. Haftar dipende dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Egitto e dalla Russia e senza di loro non avrebbe le forze per tirare avanti. L’Italia dovrebbe chiarire che questo sequestro di italiani si riflette non soltanto su Haftar ma anche sugli sponsor di Haftar e che non è disposta a passare sopra a questa situazione. Se non lo fa, la prossima volta arriverà un ricatto ancora più umiliante.

 

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