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EDITORIALI

Giù la maschera

REDAZIONE

Perché l’hackeraggio della polizia di Lukashenka è meno scorretto degli altri

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Durante lo scorso fine settimana sono state arrestate più di trecento donne in Bielorussia: partecipavano ai cortei pacifici contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka. Dall’inizio delle manifestazioni sono state arrestate migliaia di persone, molte sono state picchiate e torturate e dal 9 agosto, data delle elezioni presidenziali che Lukashenka pretende di aver vinto con l’80 per cento, il copione si ripete: le strade sono piene di manifestanti pacifici e di poliziotti antisommossa  con il volto coperto. Spesso i bielorussi, durante le proteste, hanno tentato di togliere il passamontagna agli agenti per rendere ben visibile la loro identità, un modo per dire: picchiateci mostrando a tutti il volto, fateci vedere chi siete, se avete il coraggio. Questo fine settimana è stata pubblicata una lista contenente i nomi, i cognomi, i patronimici, le date di nascita, il grado e le unità in cui prestano servizio 1.003 poliziotti. A rendere noti i dati è stato un gruppo di hacker e lo ha fatto come reazione agli arresti dell’ultimo fine settimana.  I nomi sono stati pubblicati con  un comunicato sul canale Telegram di Nexta, che in queste settimane ha raccontato e anche organizzato le manifestazioni. “Mentre gli arresti continuano, continueremo a pubblicare dati su vasta scala”, hanno detto gli hacker su Nexta: Nessuno rimarrà anonimo nemmeno sotto un passamontagna”.

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Durante lo scorso fine settimana sono state arrestate più di trecento donne in Bielorussia: partecipavano ai cortei pacifici contro il dittatore Aljaksandr Lukashenka. Dall’inizio delle manifestazioni sono state arrestate migliaia di persone, molte sono state picchiate e torturate e dal 9 agosto, data delle elezioni presidenziali che Lukashenka pretende di aver vinto con l’80 per cento, il copione si ripete: le strade sono piene di manifestanti pacifici e di poliziotti antisommossa  con il volto coperto. Spesso i bielorussi, durante le proteste, hanno tentato di togliere il passamontagna agli agenti per rendere ben visibile la loro identità, un modo per dire: picchiateci mostrando a tutti il volto, fateci vedere chi siete, se avete il coraggio. Questo fine settimana è stata pubblicata una lista contenente i nomi, i cognomi, i patronimici, le date di nascita, il grado e le unità in cui prestano servizio 1.003 poliziotti. A rendere noti i dati è stato un gruppo di hacker e lo ha fatto come reazione agli arresti dell’ultimo fine settimana.  I nomi sono stati pubblicati con  un comunicato sul canale Telegram di Nexta, che in queste settimane ha raccontato e anche organizzato le manifestazioni. “Mentre gli arresti continuano, continueremo a pubblicare dati su vasta scala”, hanno detto gli hacker su Nexta: Nessuno rimarrà anonimo nemmeno sotto un passamontagna”.

 

Lukashenka si è arrabbiato moltissimo, il ministero dell’Interno ha detto che il governo non ci metterà molto a scoprire i nomi dei colpevoli, ma gli hacker hanno risposto che presto seguirà un nuovo comunicato con nuovi nomi. Strappare via la maschera del poliziotto, scoprire le identità di chi sta eseguendo gli ordini di Lukashenka, per i manifestanti è importante. Sono convinti che se gli agenti non fossero nascosti non riuscirebbero a compiere le stesse atrocità contro i cittadini pacifici. Per Lukashenka invece la fedeltà delle forze dell’ordine è fondamentale, è su quello che si basa quel che rimane del suo potere: sulla violenza. Come tutti gli hackeraggi, anche questo è scorretto, ma rispondere alle torture e alle elezioni truccate di un regime aggressivo e repressivo pubblicando dei dati, sembra quasi un atto di civiltà. 

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