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Il divorzio, ancora

Johnson provoca l’Ue sull’Irlanda del nord (ma almeno s’interessa a Brexit)

David Carretta

Il premier inglese lancia un ultimatum per il 15 ottobre e una revisione del patto siglato. Bruxelles: perdiamo Londra, non la flemma

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Bruxelles. I negoziati tra Regno Unito e Unione europea sulle relazioni post Brexit si avvicinano al momento della verità, dopo che nel fine settimana Boris Johnson ha lanciato un’offensiva per tentare di uscire dalla posizione molto debole in cui si trova a otto settimane dalla data ultima entro la quale chiudere un accordo. Il premier britannico ha prima lanciato un ultimatum, destinato più al suo pubblico a Londra che a Bruxelles: senza un’intesa entro il 15 ottobre “non vedo possibilità di avere un accordo di libero scambio tra noi ed entrambi dovremo passare ad altro”, ha detto Johnson. Niente di grave, ha risposto la Commissione europea: “Condividiamo il desiderio del premier Johnson di raggiungere un accordo rapidamente”.

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Bruxelles. I negoziati tra Regno Unito e Unione europea sulle relazioni post Brexit si avvicinano al momento della verità, dopo che nel fine settimana Boris Johnson ha lanciato un’offensiva per tentare di uscire dalla posizione molto debole in cui si trova a otto settimane dalla data ultima entro la quale chiudere un accordo. Il premier britannico ha prima lanciato un ultimatum, destinato più al suo pubblico a Londra che a Bruxelles: senza un’intesa entro il 15 ottobre “non vedo possibilità di avere un accordo di libero scambio tra noi ed entrambi dovremo passare ad altro”, ha detto Johnson. Niente di grave, ha risposto la Commissione europea: “Condividiamo il desiderio del premier Johnson di raggiungere un accordo rapidamente”.

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Ma poi Johnson ha lanciato una bomba che potrebbe davvero far esplodere i negoziati. Con una fuga di notizie sul Financial Times, Downing Street ha fatto sapere che potrebbe rinnegare una parte dell’accordo Brexit, in particolare del protocollo irlandese. Una legge sul mercato interno britannico, che sarà presentata domani alla Camera dei Comuni, dovrebbe rimuovere alcune disposizioni del protocollo su aiuti di stato e procedure doganali che impongono all’Irlanda del nord di seguire la legislazione europea separandola dal resto del Regno Unito. Rispettare l’accordo Brexit “è un obbligo secondo il diritto internazionale e un prerequisito per qualsiasi partnership futura”, ha risposto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Ma un portavoce del suo esecutivo è andato oltre, facendo planare la minaccia di abbandono delle trattative: “La piena applicazione” del protocollo irlandese “è una precondizione per i negoziati”.

 

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Il capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier, ieri è arrivato a Londra per l’ottavo round di trattative con il suo omologo britannico, David Frost, sull’accordo di libero scambio. Anche lui ha ribadito che il “deal” sulla Brexit – negoziato e firmato da Boris Johnson a fine 2019 e ratificato dal Parlamento britannico a inizio 2020 – “deve essere rispettato” perché è il “prerequisito per la fiducia” tra le due parti. Barnier chiederà chiarimenti a Frost sul protocollo irlandese. Prima di compiere gesti clamorosi vuole analizzare il testo della legge sul mercato interno britannica e consultarsi con le capitali dei 27.

 

“Potremo perdere il Regno Unito, ma non perderemo la flemma”, ha ironizzato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, lasciando intendere che Londra è nel panico. Di fronte alle dure reazioni di Bruxelles e alla caduta della sterlina, ieri Downing Street ha fatto mezza retromarcia, parlando di “passi limitati e ragionevoli per chiarire elementi specifici del protocollo sull’Irlanda del nord”. Ma l’Ue non vuole scherzare su dogane e aiuti di stato, anche perché sono al centro del negoziato sulle relazioni future con il Regno Unito. Se il progetto di legge di Johnson sarà provocatorio quanto le anticipazioni sul Financial Times, non è escluso che Barnier decida di abbandonare la trattativa.

 

Barnier e Frost non hanno fatto progressi durante l’estate sull’accordo di libero scambio. Lo stallo è dovuto al rifiuto del Regno Unito di fare concessioni sul rispetto delle regole sugli aiuti di stato dell’Ue e sull’accesso alle acque britanniche per i pescatori del continente, malgrado il fatto che Bruxelles abbia fatto diversi gesti in direzione di Londra. “Se non si muove, il Regno Unito si assumerà da solo il rischio di un no deal”, ha avvertito Barnier la scorsa settimana. Il tempo stringe. Per essere ratificato dal Parlamento europeo ed entrare in vigore il 1° gennaio 2021, l’accordo di libero scambio deve essere raggiunto entro fine ottobre.

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Da un paio di settimane Barnier invocava un intervento diretto dei leader dei 27 per convincere Johnson a sbloccare lo stallo. Ma tutti a Bruxelles si aspettavano anche una drammatizzazione del conflitto da parte del premier britannico. Quel momento sembra arrivato. Gli ottimisti si consoleranno con il fatto che finalmente Johnson ha deciso di impegnarsi direttamente nelle trattative. I pessimisti guarderanno al ritorno del rischio “no deal” con dazi e quote per le merci che transitano nella Manica. “L’Ue è pronta a condurre le sue relazioni commerciali con il Regno Unito sulla base dei termini della Wto dal 1° gennaio 2021”, ha avvertito il portavoce della Commissione.

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