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La competizione per il consenso nella campagna elettorale americana

Cecilia Sala

Soldi e sondaggi dicono Biden, i numeri dei social invece dicono che Trump è avanti

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Roma. C’è una competizione per il consenso negli Stati Uniti d’America che sembra essere già stata vinta. Si tratta della battaglia per il primato sui social, quella in cui tra il partito repubblicano di Donald Trump e quello democratico di Joe Biden non c’è storia. Se il candidato democratico è sempre in testa nei sondaggi, con un divario maggiore e più stabile rispetto a quello che veniva attribuito a Hillary Clinton nei mesi precedenti le presidenziali del 2016, e nonostante Joe Biden riesca a raccoglie più fondi per la propria campagna, osservando i dati dei profili e della pagine social emerge come nella popolarità online la situazione tra repubblicani e democratici sia ribaltata.

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Roma. C’è una competizione per il consenso negli Stati Uniti d’America che sembra essere già stata vinta. Si tratta della battaglia per il primato sui social, quella in cui tra il partito repubblicano di Donald Trump e quello democratico di Joe Biden non c’è storia. Se il candidato democratico è sempre in testa nei sondaggi, con un divario maggiore e più stabile rispetto a quello che veniva attribuito a Hillary Clinton nei mesi precedenti le presidenziali del 2016, e nonostante Joe Biden riesca a raccoglie più fondi per la propria campagna, osservando i dati dei profili e della pagine social emerge come nella popolarità online la situazione tra repubblicani e democratici sia ribaltata.

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Sulla più anziana tra le piattaforme di Mark Zuckerberg, Facebook, Donald Trump raccoglie 30 milioni di seguaci, Joe Biden si ferma a due milioni e mezzo. C’entra, è ovvio, il fatto che il primo sia attualmente il presidente in carica, ma non è sufficiente a giustificare un simile divario. La scelta di Kamala Harris come vice è stata una boccata d’aria fresca per la popolarità dei democratici sulle piattaforme, è interessante notare come a destra paghino soprattutto i tweet che riguardano la polemica politica con l’avversario e quindi direttamente la competizione elettorale, a sinistra invece funzionano meglio i post che raccontano storie personali positive, dal “sogno americano” di Harris all’endorsement del ragazzo balbuziente (come Biden) aiutato dal candidato democratico con cui si è esercitato a leggere poesie di Yaets.

  

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In questa scia, il più popolare tra i post su Facebook di Harris, la scorsa settimana, è una foto che la ritrae insieme a Chadwick Boseman, attore afroamericano scomparso prematuramente che aveva recitato in “Marcia per la libertà” e “Black Panther” e che in passato si rifiutò di girare un film sulla schiavitù per non perpetuare stereotipi razzisti sui neri americani. Su Facebook si contano 141 mila reazioni (like, cuori, stupore, commozione) a questo post, 8.100 condivisioni, 3.800 commenti; su Twitter la fotografia ha generato 294 mila “mi piace” e 32 mila retweet.

  

Nello stesso arco di tempo, il più apprezzato e il più condiviso tra i tweet di Donald Trump era quello, polemico, su un episodio che ha visto il senatore repubblicano Rand Paul accerchiato dai manifestanti di Black Lives Matter nelle strade di Washington dopo che aveva lasciato la convention del suo partito venerdì scorso. Ha raccolto mezzo milione di “reazioni”, 29 mila condivisioni e 45 mila commenti. Assieme alla Harris, l’unico altro vero asso dei dem nel panorama online è Michelle Obama. Il più virale tra i video-post dei democratici la scorsa settimana è stato infatti lo speech della ex first lady alla convention del partito, quello in cui ha detto: “Trump è il presidente sbagliato per la nostra nazione”. Pubblicato su Instagram proprio da Kamala Harris, ha raccolto in poco tempo un milione e 400 mila visualizzazioni.

  

L’algoritmo in tutto il mondo premia i volti, i nomi, le personalità e penalizza le organizzazioni. Non c’è partita tra le interazioni (“mi piace”, commenti, condivisioni) sui post dei singoli candidati rispetto a quelle che compaiono sui profili dei partiti, ma anche in questo caso la pagina repubblicana sta doppiando le reazioni di quella democratica. Nella competizione per la popolarità online tra i due vice, i democratici possono vantare un leggero vantaggio di Harris su Mike Pence, nonostante quest’ultimo sia sostenuto dalla comunità evangelica (agguerritissima sui social in difesa della destra sovranista di tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Brasile, che negli Stati Uniti si spende soprattutto per appoggiare il membro della comunità con il più importante ruolo istituzionale). In tutto ciò, il dato più nitido rimane il divario tra i due leader: Trump ha quasi dieci volte il successo online di Biden, secondo l’analisi di Shayan Sardarizadeh della Bbbc: su Facebook la pagina dell’attuale presidente genera oltre 21 milioni di interazioni degli utenti ogni due milioni e mezzo generate da quella del suo avversario.

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