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I banchi vuoti di Modi

Giulia Pompili

Che cosa succede se riapri le scuole ma gli studenti non ci vanno? Il (triste) caso indiano

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Roma. Nel luogo dove le caste fanno parte della società, tornare a scuola dopo l’epidemia da coronavirus è più che mai una questione di censo. In India quello scolastico sta diventando un problema cruciale per il governo del primo ministro Narendra Modi: dopo settimane di polemiche oggi si terranno gli esami di ammissione alle università. Tutti si aspettavano che alla fine il primo ministro avrebbe ceduto alle pressioni – non solo dei governatori locali, ma anche di personaggi famosi, influencer e star di Bollywood – e invece no. Perché mentre i ragazzi che vogliono studiare sono costretti a sostenere fisicamente gli esami, in India i contagi da coronavirus non rallentano, e ieri sono stati registrati più di ottantamila nuovi casi. Qualche giorno fa nella discussione è entrata perfino Greta Thunberg, che in un messaggio su Instagram ha definito “ingiusta” l’imposizione per gli studenti.

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Roma. Nel luogo dove le caste fanno parte della società, tornare a scuola dopo l’epidemia da coronavirus è più che mai una questione di censo. In India quello scolastico sta diventando un problema cruciale per il governo del primo ministro Narendra Modi: dopo settimane di polemiche oggi si terranno gli esami di ammissione alle università. Tutti si aspettavano che alla fine il primo ministro avrebbe ceduto alle pressioni – non solo dei governatori locali, ma anche di personaggi famosi, influencer e star di Bollywood – e invece no. Perché mentre i ragazzi che vogliono studiare sono costretti a sostenere fisicamente gli esami, in India i contagi da coronavirus non rallentano, e ieri sono stati registrati più di ottantamila nuovi casi. Qualche giorno fa nella discussione è entrata perfino Greta Thunberg, che in un messaggio su Instagram ha definito “ingiusta” l’imposizione per gli studenti.

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I contagi continuano a salire, dunque, ma Modi vuole riaprire le scuole lo stesso, e in uno dei paesi dove la competizione scolastica è più alta perdere un’occasione come quella dell’ingresso alle università di Medicina o Ingegneria è impensabile. E non c’è solo la paura di creare enormi focolai, scriveva in un editoriale The Hindu l’altro ieri, ci sono anche delle complicazioni legate al fatto che in molti stati il trasporto pubblico non è stato ancora riattivato, gli hotel sono chiusi, e per le ragazze che dovrebbero affrontare da sole un lungo viaggio verso le sedi d’esame più vicine la situazione potrebbe essere ancora più complicata. Andrà a fare l’esame per l’università solo chi potrà permetterselo.

  

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Per gli studenti più giovani – l’obbligo scolastico in India va dai 6 ai 14 anni – le cose non sono molto diverse. Secondo un recente sondaggio di SP Robotic Works, una società che si occupa di apprendimento da remoto e di “insegnanti robot”, l’80 per cento delle famiglie di metropoli e città non manderà a scuola i propri figli il prossimo anno scolastico, che dovrebbe iniziare oggi. Come riporta Quartz India, la decisione di lasciare i bambini a casa finché le scuole non verranno messe in sicurezza viene soprattutto dalle famiglie che possono permetterselo: l’83 per cento dei professionisti dipendenti, per esempio, vuole aspettare che l’emergenza della pandemia sia completamente finita, un numero che scende al 44 per cento se parliamo di freelance. Il dato è aumentato rispetto all’inizio di agosto, quando un sondaggio simile da parte della piattaforma social LocalCircles mostrava come solo il 33 per cento dei genitori si diceva pronto a mandare i figli a scuola se il governo fosse andato avanti con la riapertura il primo settembre. Le cose stanno peggiorando, e il governo di Narendra Modi non ha fatto niente per gestire in sicurezza un tema cruciale come quello scolastico.

   

Il lockdown ha fatto chiudere 1,5 milioni di scuole in India, in uno dei sistemi più complicati del mondo – le scuole sono pubbliche, private, ma anche solo maschili, solo femminili, militari – e la scuola, in alcune regioni più difficili, serve anche a controllare la piaga degli abusi infantili e del traffico di minori. Di nuovo, le diseguaglianze sociali in India sono più evidenti che altrove: solo il 24 per cento delle famiglie in India ha avuto accesso a una connessione internet per proseguire gli studi durante la quarantena, il resto degli studenti ha semplicemente sospeso gli studi.

 

Secondo un report appena pubblicato dall’Unicef, il divario tra le aree rurali e quelle urbane è il più evidente, ma esiste anche quello di genere. Secondo il rapporto gli studenti, le ragazze delle comunità più remote non hanno facilmente accesso agli smartphone. Quando pure è possibile, magari la connessione a internet è scarsa, e i programmi disponibili in rete non sono quasi mai sono in dialetto locale. “Sappiamo che in crisi come queste sono i bambini e i ragazzi i più vulnerabili, quelli che soffrono di più le conseguenze ambientali: le scuole sono chiuse, i genitori sono senza lavoro e le famiglie sono sempre più stressate. Un’intera generazione di bambini ha visto la propria educazione interrotta improvvisamente”, ha detto a The Print Yasmin Ali Haque, rappresentante per l’India all’Unicef. E il problema più grande è che in un sistema estremamente competitivo come quello indiano le conseguenze sul lungo periodo possono essere catastrofiche: solo chi può permettersi di avere un’istruzione adeguata privata, in casa, e senza saltare anni scolastici, andrà avanti. Il governo di Modi, nel frattempo, potrà dire di aver riaperto le scuole prima di tutti.

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