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Battaglie navali tra il buono (Merkel), il brutto (Macron) e il cattivo (Erdogan)

Luca Gambardella

Nel Mediterraneo orientale continuano le provocazioni tra Francia e Turchia. La Germania tenta di ricucire e parla di rischio "disastro"

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Roma. “Poliziotto buono, poliziotto cattivo”, ha scritto il quotidiano turco filogovernativo Daily Sabah per spiegare in modo semplice a che gioco stanno giocando Germania e Francia con Recep Tayyip Erdogan. Si tratta delle strategie parallele che Berlino e Parigi stanno applicando alla partita delle esplorazioni energetiche nel Mediterraneo orientale, contese da Grecia e Turchia. Una è quella dei tedeschi, che sono l’arbitro imparziale dello scontro; l’altra è quella francese, che invece è apertamente schierata al fianco di Atene. Ed è proprio il ruolo attivo giocato da Emmanuel Macron nella contesa a preoccupare la cancelliera Angela Merkel. Tanto che ieri il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha messo in guardia: il continuo scambio di provocazioni tra Parigi e Ankara potrebbe portare al “disastro” e sta già rendendo vano ogni tentativo di sedersi a un tavolo e discutere. Lo dimostra l’escalation degli ultimi mesi: lo scorso luglio una fregata francese ha rischiato di essere ingaggiata da una turca; poi una nave turca ha ripreso le esplorazioni in un’area che però era rivendicata dai greci; infine è arrivato l’accordo tra Grecia e Egitto che dichiarava confinanti le rispettive zone economiche esclusive (sono quelle in cui uno stato costiero ha diritti sovrani per la gestione delle risorse naturali) e che era a sua volta una risposta a un accordo analogo siglato dalla Turchia e dal governo di unità nazionale libico di Tripoli. Per non parlare della querelle sulle aree di pesca, contese da Grecia, Italia e Turchia, della questione cipriota e di quella libica. Nel Mediterraneo orientale tutte queste crisi si sovrappongono.

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Roma. “Poliziotto buono, poliziotto cattivo”, ha scritto il quotidiano turco filogovernativo Daily Sabah per spiegare in modo semplice a che gioco stanno giocando Germania e Francia con Recep Tayyip Erdogan. Si tratta delle strategie parallele che Berlino e Parigi stanno applicando alla partita delle esplorazioni energetiche nel Mediterraneo orientale, contese da Grecia e Turchia. Una è quella dei tedeschi, che sono l’arbitro imparziale dello scontro; l’altra è quella francese, che invece è apertamente schierata al fianco di Atene. Ed è proprio il ruolo attivo giocato da Emmanuel Macron nella contesa a preoccupare la cancelliera Angela Merkel. Tanto che ieri il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha messo in guardia: il continuo scambio di provocazioni tra Parigi e Ankara potrebbe portare al “disastro” e sta già rendendo vano ogni tentativo di sedersi a un tavolo e discutere. Lo dimostra l’escalation degli ultimi mesi: lo scorso luglio una fregata francese ha rischiato di essere ingaggiata da una turca; poi una nave turca ha ripreso le esplorazioni in un’area che però era rivendicata dai greci; infine è arrivato l’accordo tra Grecia e Egitto che dichiarava confinanti le rispettive zone economiche esclusive (sono quelle in cui uno stato costiero ha diritti sovrani per la gestione delle risorse naturali) e che era a sua volta una risposta a un accordo analogo siglato dalla Turchia e dal governo di unità nazionale libico di Tripoli. Per non parlare della querelle sulle aree di pesca, contese da Grecia, Italia e Turchia, della questione cipriota e di quella libica. Nel Mediterraneo orientale tutte queste crisi si sovrappongono.

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Da buon “poliziotto cattivo”, Parigi ha lanciato un’altra provocazione a Erdogan: dal 26 al 28 agosto Francia, Italia, Grecia e Cipro partecipano a una esercitazione navale nel Mediteranno, a sud di Paphos. Per il ministro degli Esteri francese, Florence Parly, “il rispetto del diritto internazionale deve essere la regola, non l’eccezione”. E per ristabilire l’ordine e la legge i francesi hanno inviato la fregata Lafayette, un elicottero e tre caccia Rafale. Il ministro della Difesa greco, Nikos Panagiotopoulos, ha espresso apprezzamento per il sostegno di Parigi e ha definito l’esercitazione un modo per “alleggerire la tensione”, mobilitando perciò una squadra di caccia F-16. L’Italia partecipa con più cautela: Roma ha inviato il cacciatorpediniere Durand de la Penne – che era già operativo in quell’area – con a bordo i cadetti del secondo anno dell’Accademia navale, impegnati in una campagna addestrativa, a testimoniare che l’impegno dell’unità non sarà altrettanto deciso come quello dei francesi o dei greci. Non solo: poco prima di unirsi all’esercitazione con i francesi, la nave ha partecipato a un’altra in ambito Nato, proprio insieme alla Marina turca. Roma è pronta “a favorire il dialogo tra le parti”, ribadisce il ministero della Difesa italiano, ma è chiaro che il nostro paese non poteva mancare all’esercitazione voluta da Macron, visti gli interessi in ballo nell’area (primo fra tutti Eni e il bacino di gas di Zohr nel pezzo di mare compreso tra Egitto e Cipro).

 

  

Erdogan ha risposto all’annuncio dell’esercitazione militare sfoggiando la sua consueta retorica nazionalista: “La Turchia avrà ciò che è suo di diritto – ha scritto il presidente turco in una nota – Gli europei dimostrano di non avere imparato nulla dalla storia” e quindi “invitiamo le nostre controparti a evitare errori che potrebbero portare alla loro distruzione”.

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Merkel non ha reagito troppo bene: mentre è nel pieno del suo mandato di presidenza del Consiglio Ue ed è impegnata sul fronte russo, con il caso Navalny e la Bielorussia, sul tavolo della cancelliera il dossier sulla crisi nel Mediterraneo si appesantisce sempre di più. “Merkel non riesce ancora a spiegarsi perché Macron sia più duro con Erdogan – un alleato della Nato – che con la Russia di Vladimir Putin”, ha semplificato sull’Opinion l’esperto di questioni militari Jean-Dominique Merchet. L’ex ambasciatore francese all’Onu e negli Stati Uniti, Gérard Araud, ha provato a spiegare il perché delle apprensioni di Macron e i motivi della sua aggressività nell’area: “Nel Mediterraneo orientale la diplomazia sarebbe impossibile senza la fermezza dell’azione francese. Non può esserci alcun negoziato se prima non si ristabilisce una politica dell’equilibrio”. Significa che dal punto di vista di Parigi, finché Erdogan rinforzerà la sua flotta nell’area la Francia dovrà fare lo stesso e solo allora ci si potrà sedere al tavolo dei negoziati. Oltre a dovere tutelare gli interessi di Total, che proprio in quell’area è impegnata nelle trivellazioni, l’Eliseo ha fretta di colmare il vuoto di potere che si sta creando in Libano, Siria, Libia e Mediterraneo orientale. E che rischia di essere colmato da Erdogan.

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