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Invasione ibrida a Minsk

Anna Zafesova

L’Ue non riconosce il risultato delle elezioni, ma Lukashenka sembra sentirsi di nuovo forte. C’entra Putin

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Milano. Un aereo misterioso dei servizi segreti russi che atterra a Minsk nella notte, per ripartire solo tre ore dopo. Giornalisti portati da Mosca che prendono il posto dei colleghi in sciopero alla tv bielorussa. Diverse fonti segnalano movimenti di uomini e mezzi militari al confine est, mentre Aljaksandr Lukashenka spedisce l’esercito al confine ovest, per bloccare il “clangore di cingolati” polacchi. Il dittatore bielorusso sembra riguadagnare fiato dopo le spaesate uscite dei giorni scorsi, e ordina alla polizia di “impedire nuove manifestazioni” e al Kgb di “individuare gli organizzatori” delle proteste. Nel giorno in cui il Consiglio europeo straordinario non riconosce i risultati delle sue elezioni falsificate, Lukashenka torna al contrattacco, forse perché si sente spalleggiato da Mosca. E’ in continuo contatto con Vladimir Putin, e ha già abbracciato la retorica degli spin-doctor del Cremlino: i manifestanti d’opposizione sono al soldo dell’Ue e della Nato, vogliono staccare la Bielorussia dalla Russia, proibire la lingua russa e la chiesa ortodossa, e la bandiera indipendentista che colora la protesta è una bandiera “nazista”. Il manualetto della propaganda russa non è cambiato dai tempi di Euromaidan a Kiev (dove aveva sortito un effetto opposto a quello desiderato), e il kit ideologico distribuito a Minsk – con tanto di sticker sugli oppositori “nazisti”, “venduti” e “pecore” già caricato nelle chat dei social – dimostra che in Bielorussia sono arrivati i russi.

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Milano. Un aereo misterioso dei servizi segreti russi che atterra a Minsk nella notte, per ripartire solo tre ore dopo. Giornalisti portati da Mosca che prendono il posto dei colleghi in sciopero alla tv bielorussa. Diverse fonti segnalano movimenti di uomini e mezzi militari al confine est, mentre Aljaksandr Lukashenka spedisce l’esercito al confine ovest, per bloccare il “clangore di cingolati” polacchi. Il dittatore bielorusso sembra riguadagnare fiato dopo le spaesate uscite dei giorni scorsi, e ordina alla polizia di “impedire nuove manifestazioni” e al Kgb di “individuare gli organizzatori” delle proteste. Nel giorno in cui il Consiglio europeo straordinario non riconosce i risultati delle sue elezioni falsificate, Lukashenka torna al contrattacco, forse perché si sente spalleggiato da Mosca. E’ in continuo contatto con Vladimir Putin, e ha già abbracciato la retorica degli spin-doctor del Cremlino: i manifestanti d’opposizione sono al soldo dell’Ue e della Nato, vogliono staccare la Bielorussia dalla Russia, proibire la lingua russa e la chiesa ortodossa, e la bandiera indipendentista che colora la protesta è una bandiera “nazista”. Il manualetto della propaganda russa non è cambiato dai tempi di Euromaidan a Kiev (dove aveva sortito un effetto opposto a quello desiderato), e il kit ideologico distribuito a Minsk – con tanto di sticker sugli oppositori “nazisti”, “venduti” e “pecore” già caricato nelle chat dei social – dimostra che in Bielorussia sono arrivati i russi.

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 (Gli sticker pro Lukashenka) 

  

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Si tratta per ora di una invasione “ibrida”, più un commissariamento di Lukashenka che una vera occupazione, e il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov non mente quando dice che “per ora non c’è bisogno” di un intervento militare, ricordando che comunque i trattati di mutua sicurezza tra i due paesi lo prevedono. L’establihsment russo non è entusiasta di appoggiare Lukashenka, e il ministro degli Esteri Lavrov arriva ad ammettere che le sue elezioni “non sono state ideali”, ma che bisogna “impedire ingerenze esterne”. Che è esattamente quello che vuole impedire anche l’Europa, che annuncia sanzioni contro gli autori dei brogli e delle violenze (forse presidente incluso) e chiede nuove elezioni perché, come dice il presidente dell’Europarlamento Davide Sassoli, “il futuro della Bielorussia può essere deciso solo dai suoi cittadini”. Angela Merkel si schiera con i manifestanti, e l’Ue stanzia 53 milioni in aiuti alla lotta al Covid-19, ma anche alla società civile e alle vittime delle violenze poliziesche. Bruxelles però cerca in tutti i modi di non irritare Mosca, e il commissario Thierry Breton dichiara che “Minsk non è Europa, è ai confini dell’Europa, è fortemente legata alla Russia”. Ma il Cremlino appare ormai travolto dalla sua narrativa “geopolitica”, nella quale la richiesta dell’Europa di lasciare i bielorussi liberi di decidere viene equiparata all’ennesimo tentativo di buttare i russi fuori da quello che considerano il cortile di casa.

 

  

 

E così Vladimir Zhirinovsky se ne esce all’improvviso con la promessa che entro la fine dell’anno la Bielorussia entrerà a far parte della Russia, e nei siti vicini al Cremlino si moltiplicano fughe di notizie su scenari “venezuelani”, con Lukashenka che resta al potere anche se non riconosciuto dall’occidente, mentre prepara una riforma costituzionale che comporterà un referendum per l’annessione alla Russia. I tempi stringono: anche Joe Biden twitta la sua solidarietà con la piazza bielorussa e aggiunge “bisogna dire alla Russia di non intervenire, non è questione di geopolitica, qui si parla del diritto di eleggere i propri leader”. Per la Russia la geopolitica è esattamente questo, e l’operazione Minsk deve concludersi entro gennaio, per non rischiare l’ira di un presidente democratico. 

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