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Domande necessarie per capire cosa è successo al porto di Beirut

Daniele Ranieri

Chi bloccava le tremila tonnellate di nitrato d’ammonio lasciate a decomporsi nel porto della capitale del Libano?

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Roma. Un accidente catastrofico. E adesso ci sono molte cose che devono essere spiegate. Punto primo, le zone del porto e dell’aeroporto di Beirut sono sotto il controllo informale di Hezbollah, la milizia armata che in Libano si comporta come uno stato dentro lo stato. Informale perché non c’è un cordone di miliziani che circonda la zona e agisce alla luce del sole, ma la sorveglianza c’è. Sono punti di accesso strategici. Punto secondo, perché tenere una quantità enorme di una sostanza che può diventare esplosiva dentro una zona abitata? E’ una scelta che nessuno con un minimo di competenza farebbe. A meno che non sia stata una scelta deliberata.

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Roma. Un accidente catastrofico. E adesso ci sono molte cose che devono essere spiegate. Punto primo, le zone del porto e dell’aeroporto di Beirut sono sotto il controllo informale di Hezbollah, la milizia armata che in Libano si comporta come uno stato dentro lo stato. Informale perché non c’è un cordone di miliziani che circonda la zona e agisce alla luce del sole, ma la sorveglianza c’è. Sono punti di accesso strategici. Punto secondo, perché tenere una quantità enorme di una sostanza che può diventare esplosiva dentro una zona abitata? E’ una scelta che nessuno con un minimo di competenza farebbe. A meno che non sia stata una scelta deliberata.

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Il video dell'esplosione

 

Il nitrato d’ammonio che è saltato in aria martedì pomeriggio e ha causato danni enormi alla città è una sostanza che si trova in commercio come fertilizzante, ma può essere usata anche per fabbricare bombe. E se fosse stata una scorta di materiale esplosivo da conservare in caso di guerra? Tutti in Libano pensano che ci sarà un secondo round del conflitto dell’estate 2006 tra Hezbollah e Israele. Quelle tonnellate di nitrato d’ammonio potevano essere utili, sarebbe stato sufficiente mescolarle con carburante diesel per confezionare migliaia di bombe – da usare non in uno scontro convenzionale, ma in una guerriglia. In Afghanistan i talebani sono andati avanti così per anni. Ci sono ipotesi sul fatto che quel hangar contenesse anche armi, ma sono quasi impossibili da verificare. In fondo, quel deposito conteneva già un’arma: il nitrato d’ammonio.

  

Il grande problema di Hezbollah in una possibile guerra con Israele sono i bombardamenti aerei che proverebbero a fare a pezzi la struttura logistica del gruppo in Libano. Per questo il Partito di Dio nasconde i depositi di armi e munizioni nelle zone abitate secondo una tattica rodata, che nella guerra del 2006 fu denunciata da Human Rights Watch e dalle Nazioni Unite. A metà luglio è uscito un rapporto del think tank israeliano Alma Center che identifica ventotto nuovo siti di stoccaggio per i missili di Hezbollah (anche nella capitale Beirut) e sono in aree civili, vicino a ospedali, a campi da golf, a scuole e a ristoranti.

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Il calcolo durissimo di Hezbollah può essere spiegato così: se ci bombardano noi perdiamo un nascondiglio e le armi, ma la morte di civili sotto le bombe trasforma gli israeliani in criminali di guerra.

 

Molti libanesi hanno appreso soltanto ieri che nel porto c’era quel deposito così pericoloso. Ma le autorità discutevano il problema da anni e non erano mai riuscite mai a spostare il nitrato d’ammonio. Si tratta del carico di una nave battente bandiera moldava diretta in Mozambico, la Rhesus, che era stata sequestrata dalle autorità libanesi nell’ottobre 2013. Quando il proprietario aveva abbandonato la nave e il carico, si era deciso di spostare temporaneamente il nitrato d’ammonio nel grande hangar 12 del porto proprio perché lasciare la nave attraccata al molo sarebbe stato troppo pericoloso. La dogana libanese aveva tentato di coinvolgere l’esercito e una compagnia privata nel problema dello smaltimento del nitrato, ma senza successo come mostrano adesso alcune lettere risalenti al 2014 e al 2017 che parlano della pericolosità della situazione. Nel giro di qualche anno la decomposizione delle sostanze chimiche aveva incrementato il rischio, eppure la dogana e il governo non avevano preso alcuna decisione. C’è un rapporto del 2016 che avvisa del “pericolo serio di tenere quel materiale in un hangar in condizioni climatiche non adatte”, come l’ondata di caldo estivo di questi giorni. Il carico non è mai stato spostato. Sottovalutazione della pericolosità oppure c’è stata la decisione deliberata di lasciarlo in quella posizione?

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