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Ragioni di scambio per l’Erasmus dei governi europei

Giuliano Ferrara

Spendere per riformare, per generare reddito, ricerca e lavoro qualificato. L’Europa del bilancio comune e delle condizionalità incrociate non deve farci paura. Allegri esercizi di fantapolitica

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Non vorrei mai dispiacere a Meloni (notare l’assenza politicamente corretta di un designativo di genere) ma fatta l’Europa, si fa per dire e non dire, bisogna fare dei governi genuinamente europei. Se si mettono in comune debiti e tasse, finanziamenti e sussidi, infrastrutture e ricerca, si mettano in comune anche le personalità politiche di spicco. Spacchettiamo l’Economia, come una volta, e alle Finanze, in coppia con Gualtieri al Tesoro, ci starebbe bene uno Schauble, che sarà pure quello dell’austerità ma in tanta spesa ci sta benone. Nel governo di Berlino, alla Cultura beninteso, ci starebbe bene un Franceschini, che sa come far frignare il Montanari portando un tedesco e Ferragni (no genere, ancora) agli Uffizi. Dei francesi prenderei Benalla, quello che in una serata del primo maggio alla Contrescarpe diede una sistemata a una coppia di rompicoglioni, per affiancare Lamorgese (no genere) come viceministro all’Interno. In cambio darei loro alla Sanità un uomo dai molti meriti amministrativi e politici, Roberto Speranza, che finalmente farebbe scattare il Mes per tutti, urgente a quanto pare, e potrebbe essere sostituito degnamente da un non scotomizzabile Locatelli, il mio preferito tra i preferiti. Poi ci sono la Spagna (no catalani, sebbene siano coraggiosi e simpatici) e la Grecia e il Portogallo, detti gli affini, con i quali paesi altri scambi sarebbero certamente possibili.

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Non vorrei mai dispiacere a Meloni (notare l’assenza politicamente corretta di un designativo di genere) ma fatta l’Europa, si fa per dire e non dire, bisogna fare dei governi genuinamente europei. Se si mettono in comune debiti e tasse, finanziamenti e sussidi, infrastrutture e ricerca, si mettano in comune anche le personalità politiche di spicco. Spacchettiamo l’Economia, come una volta, e alle Finanze, in coppia con Gualtieri al Tesoro, ci starebbe bene uno Schauble, che sarà pure quello dell’austerità ma in tanta spesa ci sta benone. Nel governo di Berlino, alla Cultura beninteso, ci starebbe bene un Franceschini, che sa come far frignare il Montanari portando un tedesco e Ferragni (no genere, ancora) agli Uffizi. Dei francesi prenderei Benalla, quello che in una serata del primo maggio alla Contrescarpe diede una sistemata a una coppia di rompicoglioni, per affiancare Lamorgese (no genere) come viceministro all’Interno. In cambio darei loro alla Sanità un uomo dai molti meriti amministrativi e politici, Roberto Speranza, che finalmente farebbe scattare il Mes per tutti, urgente a quanto pare, e potrebbe essere sostituito degnamente da un non scotomizzabile Locatelli, il mio preferito tra i preferiti. Poi ci sono la Spagna (no catalani, sebbene siano coraggiosi e simpatici) e la Grecia e il Portogallo, detti gli affini, con i quali paesi altri scambi sarebbero certamente possibili.

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Se quasi il venti per cento del Prodotto interno lordo è occupato da fondi comuni, sia fatta la volontà federalista di Merkel, Macron, Sánchez e Conte. Con il fatto rassicurante per Rutte e gli altri di un controllo incrociato di tulipani e ulivi.

 

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Scherzi a parte, l’Europa del bilancio comune e delle condizionalità incrociate non dovrebbe farci paura. Non è solo questione di incassi, ma di come spendere. Lo dicono tutti. A incassare siamo tra i top ten, ma a spendere spesso risultiamo tra gli ultimi. Spendere per riformare, per trasformare, per generare reddito e lavoro qualificato, formazione e ricerca, scolarizzazione e sicurezza sul lavoro, eludendo la sorveglianza della criminalità organizzata. A questo proposito non sarebbe male avere una decina di membri laici del Csm di nazionalità franco-tedesca, gente tipo Palamarà o Davighen, ma impegnati per il bene dello stato invece che per il trionfo politico della corporazione (tipi ignari della parola corrente in magistratura sarebbero i preferiti). Anche nella burocrazia un po’ di competizione transeuropea non farebbe alcun danno. Sabino Cassese ha ragione quando indica il rischio di una banale criminalizzazione dei burocrati, spesso bravissimi, ma riconoscerà che anche in questo caso ci sono buone ragioni di scambio per una Erasmus dei governi.

 

Nel giornalismo è presto fatto. Cerasa può essere rimpiazzato da Laurent Jauffrin, non appena avrà preso una batosta elettorale, come si spera, a patto che il Nostro assuma la direzione dell’unico giornale alla sua altezza, specie dopo il colpo grosso di Rem Koolhaas in copertina, cioè Le Monde. Al Corriere vedrei benissimo il direttore della Faz, con Fontana a Monaco di Baviera alla Süddeutsche Zeitung. Repubblica e La Stampa le lascerei stare, hanno già direttori olandesi d’anagrafe aziendale. La Grande Trasformazione è avviata e, per quanto possa contare, Wilders al posto di Salvini sarebbe perfetto, l’imminente sorpasso di Meloni non sarebbe un fatto così eccezionale e forse ne uscirebbe un bel governo di unità nazionale detto il Conte3, il Trisconte. Poi si procederebbe a spendere, in un contesto di fiducia reciproca, con una generosa propensione ai controlli incrociati, il surplus tedesco nelle mani dell’occhiuto Franceschini e il debito italiano sorvegliato da Schauble. E’ una sciarada, ma non delle meno fantasiose, per quanto improbabile. Resistono infatti i confini nazionali: ci sono rimasti solo quelli, direi.

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