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Nostalgia canaglia

Ma siamo sicuri che Obama faccia bene a Biden?

Paola Peduzzi

Il presidente 44 con il presidente 46 e Trump messo tra parentesi. La nostalgia in streaming è molto bella, ma chissà se è una mossa azzeccata

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L’ex presidente e il candidato presidente insieme, che chiacchierano di com’erano e di come saranno quando questa stagione sciagurata di un’America brutta e cattiva sarà messa tra parentesi, per sempre. Il presidente numero 44, Barack Obama, con il presidente numero 46, Joe Biden (come se fosse fatta, come se fosse scontato che il candidato vinca), si sono ritrovati insieme, faccia a faccia dopo tanta distanza imposta, e hanno parlato di come si cura l’America dall’impostura trumpiana, come si supera questo cinismo al potere, questa mancanza di leadership e di empatia, questo format o con me o contro di me che è la Casa Bianca di Donald Trump. Come si supera, o forse come si dimentica, il trumpismo, perché Biden era il vicepresidente di Obama e Obama era il presidente cui è stato perdonato tutto perché dopo di lui c’è stato il diluvio per davvero e come fai, con gli occhi di oggi, il peso di oggi, a non pensare che quel presidente sia stato quanto di meglio potesse capitare all’America e al mondo? Poi Obama è sempre lui, avrà anche i capelli più bianchi e la mascherina che non dona a nessuno, ma poi quando si siede davanti a Biden e parla e gesticola e sorride – quel sorriso che da sempre fa dire: va bene, facciamo come vuoi tu – fa esplodere il misuratore di nostalgia, ma perché non può tornare lui alla Casa Bianca?

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L’ex presidente e il candidato presidente insieme, che chiacchierano di com’erano e di come saranno quando questa stagione sciagurata di un’America brutta e cattiva sarà messa tra parentesi, per sempre. Il presidente numero 44, Barack Obama, con il presidente numero 46, Joe Biden (come se fosse fatta, come se fosse scontato che il candidato vinca), si sono ritrovati insieme, faccia a faccia dopo tanta distanza imposta, e hanno parlato di come si cura l’America dall’impostura trumpiana, come si supera questo cinismo al potere, questa mancanza di leadership e di empatia, questo format o con me o contro di me che è la Casa Bianca di Donald Trump. Come si supera, o forse come si dimentica, il trumpismo, perché Biden era il vicepresidente di Obama e Obama era il presidente cui è stato perdonato tutto perché dopo di lui c’è stato il diluvio per davvero e come fai, con gli occhi di oggi, il peso di oggi, a non pensare che quel presidente sia stato quanto di meglio potesse capitare all’America e al mondo? Poi Obama è sempre lui, avrà anche i capelli più bianchi e la mascherina che non dona a nessuno, ma poi quando si siede davanti a Biden e parla e gesticola e sorride – quel sorriso che da sempre fa dire: va bene, facciamo come vuoi tu – fa esplodere il misuratore di nostalgia, ma perché non può tornare lui alla Casa Bianca?

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Così l’incontro tra 44 e 46 finisce per diventare un vota Obama più che un vota Biden. Perché di fianco all’ex presidente, il suo ex vicepresidente sembra più piccolo e (molto) più anziano, con la saggezza data dalla dimestichezza terribile con il dolore che lo rende oggi credibile – vero e genuino – quando parla di un’America da consolare e da curare, ma pur sempre senza quella carica innovativa di Obama, senza la sua energia. E la strategia “do no harm” di Biden – non nuocere, non fare male, non fare niente, aspetta che il rivale caschi da solo – rende ancora più spietato il confronto con il passato, quando Obama riempiva di colori (talvolta di illusioni) il sogno americano, dinamico e attivo, e oggi bisogna accontentarsi della staticità di un signore molto rispettato. Ma perché? Io voto Obama, o al limite voto Obama per interposto Biden.

     

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C’è poi un altro rischio: il trumpismo tra parentesi. La tentazione è grande per i democratici americani, perché questo mandato di Trump ha stravolto il sistema in modi impensabili e continua a farlo con cinismo e brutalità, rivendendosi come il portavoce di un’America che i democratici e i media mainstream si ostinano a ignorare. Questa forza distruttrice è difficile da contenere e ancor più difficile da sistemare: è quasi meglio dimenticare. Passare direttamente dal presidente numero 44 al numero 46, dimenticare il 45 e le sue brutture, ma dimenticare anche che l’eredità di Obama è quel 45, che gli otto anni del primo presidente nero della storia sono sfociati in Donald Trump. Dimenticare questo fatto potrebbe essere molto rischioso, perché riporta alla presunzione del 2016, al sentirsi inevitabili dei democratici del 2016, agli errori del 2016. E con tutto quello che può andare ancora storto, in questo 2020 sbilenchissimo, l’ultima cosa che i democratici possono augurarsi è di non aver compreso che cosa ha portato il trumpismo al potere – l’alternativa al trumpismo non si costruisce denunciando le disfunzionalità di Trump. E nemmeno guardando al passato: il business della nostalgia è presidiato da Trump, dal suo ritorno all’America grande, per batterlo ci vuole un pezzo nuovo di futuro, che è una cosa difficile da fare sempre, figurarsi se devi farlo con quel passato recente appresso, l’ex più bello del mondo, poi.

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