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Trump usa i fagioli per attrarre il voto dei latinos

Luciana Grosso

Che c'entra il presidente americano con una marca assai nota di alimenti rivolti al mercato degli ispanici? Calcoli elettorali

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Che c’entra la famiglia di un miliardario americano, per ventura diventato presidente, con una marca assai economica di prodotti di qualità altrettanto economica rivolti al mercato americano dei latinos? Niente in teoria. E nemmeno in pratica, a dirla tutta. Solo che siamo in campagna elettorale, le cose si fanno confuse, e le categorie di teoria e pratica vanno un po’ a farsi benedire.

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Che c’entra la famiglia di un miliardario americano, per ventura diventato presidente, con una marca assai economica di prodotti di qualità altrettanto economica rivolti al mercato americano dei latinos? Niente in teoria. E nemmeno in pratica, a dirla tutta. Solo che siamo in campagna elettorale, le cose si fanno confuse, e le categorie di teoria e pratica vanno un po’ a farsi benedire.

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Così succede che, poche settimane fa Bob Unanue, ceo di Goya, marchio di cibo confezionato specializzato in ricette latine e ispaniche (lache de coco, fagioli neri ecc..) partecipi a un incontro alla Casa Bianca e, forse per lusingare il suo ospite, forse per reale convinzione, decide di sperticarsi in lodi per il presidente Donald Trump: “Noi americani siamo benedetti dal fatto di avere per Presidente un uomo come Donald Trump. E preghiamo: preghiamo per la nostra leadership, il nostro presidente e preghiamo per il nostro paese, affinché possa continuare a prosperare e crescere”.  In teoria (e pure in pratica) cosa vota e chi sostiene il signor Unanue sono fatti suoi. Ma, come detto, siamo in campagna elettorale. E dunque tutto salta.  Prima è partito un flame sui social network (soprattutto su Twitter, alias “il nuovo direttore del New York Times”) dove in molti hanno invocato il boicottaggio di Goya. Tra gli altri anche l'ex candidato alle primarie dem Julian Castro e la deputata Alexandria Ocasio-Cortez

 

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Poi, visto che la faccenda Goya, a questo punto, era abbondantemente uscita dalle corsie dei supermercati per approdare alle cronache politiche, ci si sono messi anche il Presidente Trump e sua figlia Ivanka che, in modo uguale e contrario, hanno invece sostenuto il marchio e i prodotti Goya (che, ci permettiamo di ipotizzare non abbiano mai assaggiato in vita loro: ce lo vedete Trump cenare con carnitas precotte da 6 dollari e 99? Noi sinceramente no). Così prima Ivanka ha pubblicato sui suoi social una foto in cui sorrideva di fianco a una lattina di fagioli Goya e a corredo nella quale aveva scritto (in inglese e in spagnolo) “Se è Goya è buono per forza”. Uno spot in piena regola (e nemmeno dei più moderni) fatto in posa da testimonial. 

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In teoria e in pratica (ma dicevamo….) le regole della Casa Bianca dicono che i dipendenti della Presidenza, quale Ivanka è, non possono pubblicizzare prodotti commerciali, ma siamo in campagna elettorale e queste sono sottigliezze a cui nessuno bada. Poi, per giunta, poche ore dopo è arrivato suo padre Donald a pubblicare su Instagram una foto molto simile: lui, alla scrivania dello studio ovale, sorridente, in posa vicino a una una mezza dozzina di prodotti a marchio Goya e i pollicioni all’insù, in segno di approvazione. 

 


 

Che vuoi che sia. In realtà, secondo un articolo di Business Insider America, sembra che il boicottaggio non stia avendo molto successo e che le vendite di Goya, negli ultimi giorni, non abbiano fatto una piega: del resto c’è la crisi e i soldi sono quelli che sono, non c’è tanto da far gli schizzinosi. A guardarla con occhio critico, però, la questione Goya sembra una cosa un po’ più complicata di uno dei tanti boicottaggi che mescolano politica e alimentazione (vedi alla voce Nestlè, Coca Cola, Zia Jemima, eccetera). L’impressione è che la posta in gioco a questo giro sia più alta e risponda al nome di ‘voto dei latini’.

 

I prodotti di Goya sono prodotti esplicitamente indirizzati a un pubblico immigrato: messicani, ispanici, cubani. I suoi prodotti sono il tipico genere di cose che un immigrato latino andrebbe a cercare al supermercato nei giorni in cui sente nostalgia di casa. Dunque, in teoria e in pratica, il ceo di una marca di alimenti con un target così preciso dovrebbe tenersi il più lontano possibile da un Presidente che, da sempre, parla di costruire un muro al confine con il Messico e che chiama chiunque arrivi da sud del Texas “gringo”, “stupratore”, “assassino”, “spacciatore”. Ma, dicevamo, la teoria e la pratica stanno a zero e le cose non sono così lineari. Il voto ispanico non è affatto, come si potrebbe pensare, un voto di sinistra. Anzi. Vuoi perché molti di loro sono scappati dal comunismo, vuoi perché molti di loro arrivano da paesi vessati dalla criminalità, vuoi perché in fondo, molti guardano agli altri immigrati pensando ‘mors tua, vita mea’, il loro voto è spesso piuttosto destrorso (Richard Nixon e Ronald Regan, per esempio, ebbero grande appoggio dai latini). Nel 2016 un terzo degli elettori latini ha votato per Trump, e lo stesso, secondo i sondaggi, potrebbe succedere a novembre. 

 

Per questo la faccenda Goya è tanto importante. Perché sembra abbia per fulcro delle scatole di fagioli neri, invece ha per fulcro il voto di milioni di persone a novembre. E Trump ha già fatto la sua mossa, dicendo “Ehi gringos, io mangio gli stessi fagioli che mangiate voi”.

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