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Il Venezuela è sempre più povero ma Maduro cerca una nuova legittimazione politica

Maurizio Stefanini

Il dittatore ha indetto le elezioni per il 6 dicembre e ha un piano per togliere ogni potere all'opposizione, che però avverte: "Non ci sono le condizioni per rinnovare l'Assemblea nazionale"

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In un Venezuela, che è appena sceso sotto Haiti nella lista dei paesi più povero di tutte le Americhe, Maduro risponde a una duplice sconfitta giudiziaria indicendo per il 6 dicembre elezioni politiche che potrebbero essere il colpo di grazia definitivo all'opposizione venezuelana. Sia perché ha nel frattempo “commissariato” i due principali partiti di opposizione; sia perché il ministro della Difesa ha avvertito che comunque le Forze Armate impedirebbero all’opposizione di andare al potere anche in caso di vittoria. L’opposizione risponde annunciando un boicottaggio del voto, e dichiarandosi pronta a prorogare la scadenza dell’Assemblea Nazionale in cui ha la maggioranza.

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In un Venezuela, che è appena sceso sotto Haiti nella lista dei paesi più povero di tutte le Americhe, Maduro risponde a una duplice sconfitta giudiziaria indicendo per il 6 dicembre elezioni politiche che potrebbero essere il colpo di grazia definitivo all'opposizione venezuelana. Sia perché ha nel frattempo “commissariato” i due principali partiti di opposizione; sia perché il ministro della Difesa ha avvertito che comunque le Forze Armate impedirebbero all’opposizione di andare al potere anche in caso di vittoria. L’opposizione risponde annunciando un boicottaggio del voto, e dichiarandosi pronta a prorogare la scadenza dell’Assemblea Nazionale in cui ha la maggioranza.

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L’indiscrezione era già circolata, ma è stata ora confermata da una delegazione dell’opposizione che ha tenuto una conferenza stampa all’Associazione della Stampa Estera in Roma. Come risponde a una domanda del Foglio la rappresentante dell’Assemblea Nazionale in Italia Mariela Magallanes, “Maduro per il 6 dicembre sta preparando una frode elettorale molto peggiore di quella con cui fu rieletto presidente nel 2018, e che l’Italia non riconosce. Si costruisce una opposizione su misura, mettendo in galera chi non accetta. Fa convocare le elezioni da un Consiglio Nazionale Elettorale che in modo illegittimo è stato nominato non dall’Assemblea Nazionale ma dal Supremo Tribunale di Giustizia”. Quello stesso Supremo Tribunale di Giustizia che dopo essere stato a sua volta nominato senza il rispetto delle procedure previste ha poi subito tolto i poteri all’Assemblea Nazionale in cui l’opposizione aveva ottenuto 112 dei 167 deputati. “Gravissime sono anche le dichiarazioni del ministro della Difesa Vladimiro Padrino López”, continua Mariela Magallanes. “In più c’è il ministro del Servizio Penitenziario Iris Varela che ha fatto sapere di aver tirato fuori dalle carceri 40.000 detenuti e che ora sono ‘preparati e formati per difendere la Rivoluzione utilizzando qualsiasi mezzo’”. Altro avvertimento inquietante. “Noi democratici venezuelani denunciamo dunque che queste elezioni non sono affidabili. L’Assemblea Nazionale sarà rinnovata quando saranno date le condizioni per farlo, e stiamo già facendo i passi necessari”.

 

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Il 19 giugno Robert F. Kennedy Human Rights e Foro Penal hanno denunciato un boom di detenzioni segrete in Venezuela: 200 nel 2018, 524 nel 2019. E adesso il Tribunale Supremo di Giustizia, ha sospeso le giunte direttive di Primero Justicia e Acción Democrática, due dei partiti di opposizione più importanti. Alla testa di Primero Justicia, partito del due volte candidato presidenziale Henrique Capriles, è andato il deputato José Brito, che ultimamente si è avvicinato al regime. Alla testa di Acción Democrática, un partito fondato 79 anni fa e già protagonista della Quarta Repubblica, è andato Bernabé Gutiérrez, fratello di uno dei cinque membri del nuovo Consiglio Nazionale Elettorale. Altre azioni del genere sono in corso contro Un Nuevo Tiempo e Voluntad Popular, gli altri due più importanti partiti dell’opposizione. Ma anche altri sei partiti negli ultimi otto anni hanno subito “interventi” del genere.

 

I deputati che si prestano a queste manovre sono accusati di aver ricevuto denaro e favori in particolare da Alex Saab: il faccendiere colombiano che era il grande esperto in riciclaggio del regime di Maduro, bravissimo soprattutto in triangolazioni per eludere sanzioni, oltre a essere un grande beneficiario di quel sistema di assegnazione di generi di prima necessità, attraverso cui il governo ricatta molti cittadini che se no non avrebbero da mangiare. Su richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, Saab è stato arrestato lo scorso 12 giugno a capo Verde durante uno scalo di ritorno da Teheran, dove era andato per trattare l’acquisto di benzina in cambio di oro, che per di più è estratto nella jungla da minatori informali costretti a lavorare in condizioni estreme e remunerato dal regime con compensi minimi. Sempre all’oro è collegato l’altro micidiale rovescio giudiziario subito da Maduro, quando lo scorso 2 luglio un tribunale inglese ha stabilito che è quello di Guaidó il legittimo governo venezuelano cui appartiene la proprietà di 31 tonnellate custodite nella Bank of England. Come ha spiegato il presidente della Commissione Esteri dell’Assemblea Nazionale Armando Armas pure rispondendo a una domanda del Foglio, “si tratta di un precedente giudiziario importantissimo, proprio perché viene da un paese di altissima tradizione giuridica”. Armando Armas risponde anche a una domanda sull’accordo tecnico che il ministro della Sanità di Maduro e il consigliere dell’Assemblea Nazionale per questioni sanitarie Julio Castro hanno stipulato su richiesta degli organismi unilaterali, in modo che potessero essere sbloccate risorse necessarie a combattere il Covid in Venezuela. “Guaidó si è assunto di fronte all’opinione pubblica la responsabilità di fare questo accordo, per salvare vite. Alcuni nella comunità internazionale hanno pensato che potesse essere un primo passo verso un accordo più ampio di governabilità democratica. Purtroppo non è stato così, e anzi Maduro ha incrementato la repressione”.   

 

Vice commissario per gli affari internazionali di Guaidó, Salvadora Zubillaga ha esposto le 10 condizione irrinunciabili perché le elezioni possano essere giudicate corrette: “che i venezuelani all’estero possano votare; che non ci sia coercizione; che si tolgano le inabilitazioni che colpiscono vari leader; che termini la persecuzione giudiziaria dei dirigenti, con 5 deputati in carcere; che possano partecipare liberamente tutti i partiti; che ci sia un Consiglio Nazionale Elettorale indipendente; che ci sia un cronogramma elettorale; che la campagna elettorale possa essere in condizioni di  parità; che le Forze Armate siano garanti dell’integrità delle urne; che ci sia una osservazione elettorale nazionale e internazionale”.

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Intanto, uno studio della Universidad Católica Andrés Bello sulle condizioni di vita in Venezuela tra 2019 e 2020 segnala colme quello che fu il paese più ricco dell’America Latina adesso è diventato il più povero. Tra 2013 e 2019 il pil è infatti caduto del 70 per cento, tra marzo 2019 e marzo 2020 l’inflazione è stata del 3365 per cento, l’entrata pro-capite è oggi di 72 centesimi di dollaro al giorno e il 79,3 per cento dei venezuelani non sa come mangiare.  Come reddito pro capite il Venezuela è stato superato da Haiti, mentre per l’indice Gini di misurazione della diseguaglianza è superato solo dal Brasile, che però ha un reddito pro capite 50 volte superiore. Secondo lo studio, i livelli di povertà del Venezuela ormai sono comparabili a quelli di paesi africani come Nigeria, Ciad, Congo o Zimbabwe. Quanto al sistema Clap di distribuzioni di aiuto alimentare, il 5 per cento dei più poveri non lo riceve, mentre arriva al 22 per cento dei non poveri. A dimostrazione che si tratta di uno strumento rivolto soprattutto a premiare chi è fedele al regime. Conseguenza generale di questa situazione, anche per la fuga massiccia di cittadini la popolazione è crollata in modo drammatico: da 32 a 28,4 milioni di abitanti.

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