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Il patto sui migranti? Ci vediamo a fine 2021

David Carretta

Ma c'è anche la possibilità che l'intesa non veda mai la luce: sulla riforma di Dublino, sui ricollocamenti e sui salvataggi in mare le posizioni tra i 27 sono distantissime 

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Bruxelles. Un nuovo Patto su migrazioni e asilo nell'Unione Europea, che costringa gli altri Stati membri a prestare soccorso a Italia e Malta di fronte alla ripresa delle partenze di migranti dalla Libia, non ci sarà prima del secondo semestre del 2021. E probabilmente non vedrà mai la luce, tanto le posizioni tra i 27 sono distanti sulla riforma di Dublino, sui ricollocamenti e sui salvataggi in mare. Dopo la decisione del governo italiano di autorizzare lo sbarco della Ocean Viking, e nel momento in cui Malta rifiuta l'attracco al mercantile Talia con 52 migranti salvati nella sua zona Sar a sud-est di Lampedusa, i ministri dell'Interno dei 27 oggi torneranno a discutere di operazioni di ricerca e soccorso in mare.

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Bruxelles. Un nuovo Patto su migrazioni e asilo nell'Unione Europea, che costringa gli altri Stati membri a prestare soccorso a Italia e Malta di fronte alla ripresa delle partenze di migranti dalla Libia, non ci sarà prima del secondo semestre del 2021. E probabilmente non vedrà mai la luce, tanto le posizioni tra i 27 sono distanti sulla riforma di Dublino, sui ricollocamenti e sui salvataggi in mare. Dopo la decisione del governo italiano di autorizzare lo sbarco della Ocean Viking, e nel momento in cui Malta rifiuta l'attracco al mercantile Talia con 52 migranti salvati nella sua zona Sar a sud-est di Lampedusa, i ministri dell'Interno dei 27 oggi torneranno a discutere di operazioni di ricerca e soccorso in mare.

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È la prima riunione informale organizzata dalla Germania da quando ha assunto la presidenza di turno dell'Ue. Prima del Covid-19, la riforma delle regole europee su migrazioni e asilo era considerata una priorità da Berlino. Dalla crisi del 2015-16 la cancelliera Angela Merkel è stata in prima linea in questi anni per ricordare agli altri Stati membri il dovere di “solidarietà”. Anche il ministro dell'Interno Horst Seehofer, pur essendo considerato un falco sui migranti, a fasi alterne è stato al gioco. Ma la Germania sembra aver perso ogni speranza di arrivare a una svolta nei prossimi sei mesi. Il dibattito sull'immigrazione è “ideologico e tossico”, dicono al Foglio fonti di Berlino: trovare un compromesso a 27 sulla riforma di Dublino e le altre regole è “almeno tanto complicato quanto sull'Unione bancaria”.

 

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Un anno fa, nel suo discorso per ottenere la fiducia al Parlamento europeo, Ursula von der Leyen aveva annunciato “un Nuovo Patto su migrazione e asilo, incluso il rilancio della riforma di Dublino”. I due membri della Commissione incaricati di redigere il testo, Margaritis Schinas e Ylva Johannson, hanno fatto un lungo tour delle capitali per tastare il terreno. La loro proposta era attesa a primavera, con un mix di pugno duro alla frontiera esterna (rafforzamento di Frontex e delle espulsioni) e forme di solidarietà obbligatoria nei confronti dei paesi di primo ingresso. Il Covid-19 ha portato a un primo slittamento. Poi la Commissione ha deciso di rinviare il suo Patto a dopo un accordo sul Recovery Fund e il bilancio 2021-2027 dell'Ue. In un contesto di tensioni tra i 27 sui soldi per la ripresa, il rischio di ritrovarsi sul tavolo con un'altra questione esplosiva era troppo alto. Dopo cinque anni di negoziati, seguiti all'ondata di più di due milioni di richiedenti asilo del 2015-2016, gli schieramenti non si sono mossi di un millimetro. “Ci sono opinioni divergenti”, ha riconosciuto il 5 giugno la commissaria Johannson, dopo una videoconferenza con i ministri dell'Interno.

 

Quel giorno i paesi del Mediterraneo e dell'Est si erano dati battaglia a colpi di “non-paper” per fissare le rispettive linee rosse sul Patto su migrazioni e asilo. Da un lato, Italia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna hanno chiesto di superare “il criterio della responsabilità del paese di primo ingresso" con "un meccanismo di ricollocamenti obbligatori”, di creare uno status speciale per i migranti che arrivano nell'Ue “come risultato di un'operazione di ricerca e soccorso” in mare e di prevedere “un porto sicuro alternativo” in caso di pressione migratoria sproporzionata su uno Stato membro. Il club Med vuole che sia riconosciuta la “specificità della gestione marittima delle frontiere”. Inoltre, la riforma di Dublino deve includere quote “definite attraverso un sistema centralizzato a livello europeo”. Dall'altro, Polonia, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia e Slovenia hanno reiterato “la forte obiezione al ricollocamento obbligatorio di richiedenti asilo e migranti in qualsiasi forma". Per i Visegrad e i Baltici, “rischieremmo di creare un potente fattore di attrazione così come incentivi per i trafficanti di migranti”. La solidarietà va bene, ma deve essere “intesa in termini molto più ampi: il catalogo delle misure possibili deve essere aggiustato alle preferenze e possibilità degli Stati membri".

 

Su migrazione e asilo “non ci sono stati movimenti da parte degli Stati membri”, conferma al Foglio un altro diplomatico. L'unico comun denominatore è la politica della fermezza alla frontiera esterna. Al massimo restrizioni più o meno esplicite alle navi delle ong (ma i codici di condotta si sono dimostrati inefficaci finora). Anche il fronte dei volenterosi, che si era formato al vertice della Valletta nel settembre 2019, ormai traballa. I ricatti di Malta, che impedisce gli sbarchi e organizza respingimenti, e le esitazioni dell'Italia, che lascia senza motivo le persone in mare per diversi giorni, irritano sempre più i paesi come Germania e Francia. In questo contesto, la Germania spera al massimo di ottenere un'intesa su una “road map politica” sui tempi per negoziare il Patto su migrazioni e asilo. Ma – spiegano a Berlino - non saranno né la presidenza tedesca, né quella portoghese di inizio 2021 a “chiudere il file”.

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