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Europa ma non solo. Merkel e il miracolo della Germania diventata buona

Claudio Cerasa

Ha domato i populismi imponendo la solidarietà in Europa. Per la prima volta da molto tempo, in Italia ma non solo, l’egemonia tedesca nell'Unione europea non è un processo che viene osservato con preoccupazione

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Ha messo in un angolo gli istinti antieuropeisti della sua nazione, combattendo per avere il Recovery fund e riuscendo a dimostrare che l’interesse dell’Europa coincide con l’interesse del proprio paese. Ha affrontato l’emergenza sanitaria come pochi altri leader al mondo, riuscendo a non mettere in contrapposizione la tutela della salute dei cittadini con la tutela del benessere del proprio paese. Ha offerto formidabili lezioni sul modo in cui una destra moderna può prosperare senza essere sottomessa al populismo, riuscendo a tenere il suo partito in ogni angolo del paese lontano dai partiti xenofobi. Ha dimostrato che essere rigoristi sui conti non significa chiedere il sangue ai propri cittadini ma significa al contrario proteggere i propri cittadini e lo ha fatto riuscendo a far diventare popolare l’idea non populista di spendere denaro per investire non sul futuro dei propri sondaggi ma sul futuro del proprio paese. Ha ricordato ai leader dei paesi che un tempo la consideravano nemica che il benessere della sua nazione e la vitalità delle sue imprese non sono in contrapposizione con il benessere e la vitalità delle imprese di altre nazioni ma al contrario sono direttamente collegati: se vanno bene le sue imprese, vanno bene anche le nostre imprese; se si creano ostacoli per le sue imprese, si creano ostacoli anche per le nostre imprese. Ha aiutato l’Europa a ritrovare se stessa nel momento più difficile della sua storia mettendo in un angolo i paesi che qualcuno definisce “frugali” ma che altri giustamente definiscono “avari”, ricordando che anche un paese forte come il suo, per crescere e prosperare, non ha bisogno di più egoismo ma ha bisogno di più solidarietà. Ha fatto tutto questo riuscendo contestualmente ad avere uno dei tassi di mortalità del coronavirus più bassi d’Europa, uno dei sistemi di monitoraggio dei contagiati più efficienti d’Europa, uno dei migliori rapporti al mondo tra numero di abitanti e numero di posti in terapia intensiva, uno dei pochi sistemi industriali che non hanno smesso di lavorare durante i mesi più duri della pandemia – e non ultimo uno dei pochi campionati di calcio riusciti a riaprire in tempo utile per evitare una crisi di panico e di nervi dei tifosi. Questo lungo ma forse non esaustivo elenco di magnifiche lezioni raccolte durante i drammatici mesi della pandemia non riguarda una categoria dello spirito ma riguarda un leader che negli ultimi mesi è riuscito o meglio è riuscita a fare quello che pochi suoi predecessori erano riusciti a fare: trasformare il suo paese non in un nemico da combattere politicamente con tutte le forze a disposizione ma in un formidabile alleato da coltivare e persino da ammirare.

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Ha messo in un angolo gli istinti antieuropeisti della sua nazione, combattendo per avere il Recovery fund e riuscendo a dimostrare che l’interesse dell’Europa coincide con l’interesse del proprio paese. Ha affrontato l’emergenza sanitaria come pochi altri leader al mondo, riuscendo a non mettere in contrapposizione la tutela della salute dei cittadini con la tutela del benessere del proprio paese. Ha offerto formidabili lezioni sul modo in cui una destra moderna può prosperare senza essere sottomessa al populismo, riuscendo a tenere il suo partito in ogni angolo del paese lontano dai partiti xenofobi. Ha dimostrato che essere rigoristi sui conti non significa chiedere il sangue ai propri cittadini ma significa al contrario proteggere i propri cittadini e lo ha fatto riuscendo a far diventare popolare l’idea non populista di spendere denaro per investire non sul futuro dei propri sondaggi ma sul futuro del proprio paese. Ha ricordato ai leader dei paesi che un tempo la consideravano nemica che il benessere della sua nazione e la vitalità delle sue imprese non sono in contrapposizione con il benessere e la vitalità delle imprese di altre nazioni ma al contrario sono direttamente collegati: se vanno bene le sue imprese, vanno bene anche le nostre imprese; se si creano ostacoli per le sue imprese, si creano ostacoli anche per le nostre imprese. Ha aiutato l’Europa a ritrovare se stessa nel momento più difficile della sua storia mettendo in un angolo i paesi che qualcuno definisce “frugali” ma che altri giustamente definiscono “avari”, ricordando che anche un paese forte come il suo, per crescere e prosperare, non ha bisogno di più egoismo ma ha bisogno di più solidarietà. Ha fatto tutto questo riuscendo contestualmente ad avere uno dei tassi di mortalità del coronavirus più bassi d’Europa, uno dei sistemi di monitoraggio dei contagiati più efficienti d’Europa, uno dei migliori rapporti al mondo tra numero di abitanti e numero di posti in terapia intensiva, uno dei pochi sistemi industriali che non hanno smesso di lavorare durante i mesi più duri della pandemia – e non ultimo uno dei pochi campionati di calcio riusciti a riaprire in tempo utile per evitare una crisi di panico e di nervi dei tifosi. Questo lungo ma forse non esaustivo elenco di magnifiche lezioni raccolte durante i drammatici mesi della pandemia non riguarda una categoria dello spirito ma riguarda un leader che negli ultimi mesi è riuscito o meglio è riuscita a fare quello che pochi suoi predecessori erano riusciti a fare: trasformare il suo paese non in un nemico da combattere politicamente con tutte le forze a disposizione ma in un formidabile alleato da coltivare e persino da ammirare.

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Il leader in questione ovviamente si chiama Angela Merkel, senza la quale i miracoli compiuti in questi mesi dall’Europa non ci sarebbero stati, e il paese in questione ovviamente si chiama Germania e per la prima volta da molto tempo, in Italia ma non solo, l’egemonia tedesca in Europa non è un processo che viene osservato con preoccupazione ma è un processo che più che imposto sembra essere semplicemente accettato. Guardate i profili social dei sovranisti europei – tra aiuti della Bce, fondi per la disoccupazione, fondi per le imprese, creazione di bond, nuove regole per il Mes, è un brutto momento per essere antieuropeisti. E guardate le dichiarazioni quotidiane di Matteo Salvini, di Giorgia Meloni, di Marine Le Pen e vedrete che in una stagione in cui tutti i paesi scoprono di essere improvvisamente interconnessi l’uno con l’altro (la Germania, detto tra parentesi, è il primo partner commerciale dell’Italia) leggere notizie come quelle registrate negli ultimi giorni, per esempio l’indice della fiducia delle imprese tedesche che è migliorato più del previsto, non suscita più come un tempo reazioni di invidia ma suscita più che altro reazioni simili alla speranza. La speranza cioè che una Germania forte possa aiutare a far diventare più protetti anche i paesi meno forti e la speranza che una ripartenza della Germania possa aiutare anche paesi come l’Italia a ripartire più forti. Per questa ragione si fatica a trovare ultimamente un commento ostile contro la Germania tra le file dei sovranisti – non ci vorranno mica dire i nemici dell’Europa che da anni lavorano per distruggere l’Europa che il problema dell’Europa è non essere abbastanza solidale? E si fa fatica non solo per ragioni legate all’interconnessione economica ma anche per ragioni ben più profonde. E’ anche grazie alla Germania che l’Europa sta armando tutti i suoi bazooka contro la crisi – dall’allentamento delle regole sugli aiuti di stato alla condivisione del debito attraverso l’emissione dei bond arrivando persino all’idea condivisa con Emmanuel Macron di armare il bazooka del Recovery fund con finanziamenti a fondo perduto: con una Merkel così, che argomenti hanno i populisti per combatterla? Ed è anche grazie alla Germania che l’Europa potrebbe continuare ad avere una Bce disposta a fare tutto ciò che è necessario per salvare l’Europa – nei giorni successivi alla sentenza della Corte costituzionale tedesca contro il Qe della Bce la classe dirigente tedesca guidata dalla sua cancelliera ha fatto di tutto per far prevalere gli istinti solidali su quelli più rigoristi e di fronte a una Merkel così interessata alle ragioni della solidarietà europea combatterla, per i populisti, significherebbe muoversi anche contro gli interessi del proprio paese.

 

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Il capolavoro di Angela Merkel non è stato però solo quello di aver contribuito a creare un paese modello in Europa, per il modo in cui ha gestito la pandemia, ma è stato anche quello di aver dimostrato con i fatti l’importanza di due lezioni cruciali.

 

Primo: un paese che riesce a combattere gli estremismi (Merkel non ha mai mosso un passo verso gli xenofobi dell’AfD e l’isolamento dell’AfD sta portando l’AfD verso una strada non lontana dal collasso) è un paese che tende a essere più forte e che riesce con una certa semplicità a creare benessere.

 

Secondo: un paese che sceglie di essere responsabile sul debito pubblico (la Germania è riuscita a mettere in campo uno stimolo fiscale da 350 miliardi di euro, pari al 10 per cento del suo pil, anche perché la Germania ha un rapporto debito/pil pari al 60 per cento) è un paese che semplicemente contribuisce non a sfregiare ma a proteggere i suoi cittadini.

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L’Europa dei sogni è ancora lontana (c’è da convincere l’Olanda, e ci penserà la Germania) ma grazie ad Angela Merkel in Europa oggi c’è una consapevolezza nuova: la barca europea è una e soltanto una e se un paese ha un problema nella sua navigazione quel problema non è di un singolo paese ma è un problema dell’intera Europa.

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