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Non è la Le Pen che fa paura a Macron, ma l’outsider populista

Mauro Zanon

Per il 2022 il presidente teme l’arrivo di un pontiere tra ultradestra e ultrasinistra. Il giornalista Zemmour o il virologo Raoult?

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Parigi. E’ lo scenario che l’Eliseo teme più di ogni altro in vista delle presidenziali del 2022: l’ascesa di una figura capace di fare da pontiere tra ultrasinistra e ultradestra, soffiando sulla retorica élite-popolo. Secondo le informazioni del Monde, dopo la crisi sanitaria provocata dal coronavirus, la candidatura di un outsider populista è il principale tema di inquietudine del presidente Macron. Un influente consigliere dell’esecutivo ha detto che “c’è veramente da avere paura” di certe figure che si ergono a paladini del popolo, e acquistano consenso radicalizzando il loro discorso contro il potere, gli esperti, le élite. “Un Zemmour, un Raoult, un Hanouna, o perché no una Elise Lucet, che incarnano ciascuno a loro modo questa rottura tra il popolo e le élite, possono fare irruzione sulla scena politica”, ha detto al Monde un peso massimo del governo.

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Parigi. E’ lo scenario che l’Eliseo teme più di ogni altro in vista delle presidenziali del 2022: l’ascesa di una figura capace di fare da pontiere tra ultrasinistra e ultradestra, soffiando sulla retorica élite-popolo. Secondo le informazioni del Monde, dopo la crisi sanitaria provocata dal coronavirus, la candidatura di un outsider populista è il principale tema di inquietudine del presidente Macron. Un influente consigliere dell’esecutivo ha detto che “c’è veramente da avere paura” di certe figure che si ergono a paladini del popolo, e acquistano consenso radicalizzando il loro discorso contro il potere, gli esperti, le élite. “Un Zemmour, un Raoult, un Hanouna, o perché no una Elise Lucet, che incarnano ciascuno a loro modo questa rottura tra il popolo e le élite, possono fare irruzione sulla scena politica”, ha detto al Monde un peso massimo del governo.

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Éric Zemmour, giornalista réac del Figaro e autore di bestseller come “Il suicidio francese” ha un grande seguito di lettori. E alcuni suoi amici vorrebbero che si trasformassero in elettori. Lo scorso settembre è stato la star di un evento della destra sovranista francese assieme a Marion Maréchal e non ha mai smentito le sue ambizioni di andare oltre la metapolitica. Didier Raoult, il virologo di Marsiglia che piace tanto a Donald Trump, si è ritagliato una posizione di medico anti élite con la sua battaglia pro clorochina, tanto che il filosofo Michel Onfray ha deciso di affidargli una rubrica fissa nella rivista che lancerà a breve, Front populaire. Cyril Hanouna è il presentatore della trasmissione di intrattenimento più popolare di Francia, “Touche pas à mon poste”, e Elise Lucet è la giornalista-giustiziera di “Cash Investigation”, programma di inchieste spettacolari contro i grandi gruppi industriali, con cui si è guadagnata il soprannome di “donna di contro-potere”. Più di loro, Macron teme solo François Ruffin, il deputato-reporter della France insoumise che negli ultimi due anni è diventato il guru dei gilet gialli (ha anche realizzato un documentario su di loro, “J’veux du soleil”). “Il presidente teme che un François Ruffin, per esempio, possa creare una passerella tra estrema sinistra ed estrema destra”, ha confidato al Monde un consigliere dell’Eliseo. Per Macron “è un potenziale Christophe Mercier. Tra l’altro, Ruffin si comporta come Mercier, si filma nella propria cucina”, ha aggiunto il consigliere del capo dello stato. Christophe Mercier è l’insegnante di scienze e youtuber antisistema della terza stagione della serie televisiva “Baron Noir”: una sorta di grillino in salsa francese che diventa una star del web, milita per il sorteggio dei rappresentanti del popolo e infiamma la rete al grido di “Tous pourris”, tutti corrotti. La serie scritta da Eric Benzekri, peraltro, è girata in parte all’Eliseo, e ha come protagonista Amélie Dorendeu, un presidente eletto sotto il vessillo de La France Unie grazie a un programma di sintesi oltre i partiti tradizionali: una figura molto vicina a quella di Macron.

 

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A febbraio, un pilastro della macronia aveva già manifestato i rischi di un “fenomeno alla Coluche”, dal nome del celebre comico che si candidò alle elezioni presidenziali del 1981 (un sondaggio lo aveva accreditato al 16 per cento, prima del ritiro della candidatura).

 

La strategia di Macron è quella di mantenere buoni rapporti con queste figure della contestazione. Ha chiamato Zemmour per manifestargli la sua vicinanza quando lo scorso 1° maggio è stato aggredito per strada, e ha telefonato al comico pro gilet gialli Jean-Marie Bigard per dirgli che avrebbe dato seguito alla sua richiesta di accelerare la riapertura dei bistrot. “E’ questo il Nuovo Mondo: la fine della politica”, dice il candidato di Debout le peuple nella terza stagione di “Baron Noir”. Macron vuole provare il contrario.

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