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Viva l’Europa

Maurizio Crippa

Macron & Merkel sono così realisti da sembrare sognatori. Ci si becca su Immuni, il Tinder dell’europeismo

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Ci siamo conosciuti su Immuni. Io, Macron e Angela Merkel. Va bene, non state a sottilizzare: li conoscevo anche prima e mi stavano diversamente sulle scatole. “Ci siamo conosciuti su Immuni” è un calembour trovato su Twitter, ma veste tutto intero il paradosso che ci ha cambiato la vita: non saremo più come prima. Anche se non saremo migliori e resteremo infedeli a noi stessi, come in ogni app di incontri che si rispetti. Ma è nata una community che si riconosce a distanza, si frequenta con prudenza, e poi da cosa magari nasce cosa. Ci si potrebbe persino innamorare di un certain regarde de la France, o di un’Europa un po’ culona ma capace di tirar dritto su certe sbandate. Un place to be, ora che persino Bruxelles sbrilluccica di più dei grattacieli di Milano. Si potrebbe persino cambiare fede politica (up to a point). Stavano sulle scatole, a me (e)lettore lombardo abituato alla nebbia politica romana, così bella quando è bella. Con Macron era persino facile, il figlio saputello delle élite voleva mettere in marcia l’Europa coi soldi degli altri, e le banlieue e i gilet gialli lost in translation nel suo francese fluente. Chi non conosce il popolo, non può essere re. Merkel quasi meno fastidiosa: in fondo nessuno ha mai delle aspettative sui tedeschi. Preferivo Kohl, grasso che colava in un soffritto di cattolicesimo renano. Lei invece luterana, ossia diversamente atea, con quel fare da Rottenmeier che gode a sculacciare i debiti (del resto per lei sono “peccati”) e a far combutta con i pirati olandesi.

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Ci siamo conosciuti su Immuni. Io, Macron e Angela Merkel. Va bene, non state a sottilizzare: li conoscevo anche prima e mi stavano diversamente sulle scatole. “Ci siamo conosciuti su Immuni” è un calembour trovato su Twitter, ma veste tutto intero il paradosso che ci ha cambiato la vita: non saremo più come prima. Anche se non saremo migliori e resteremo infedeli a noi stessi, come in ogni app di incontri che si rispetti. Ma è nata una community che si riconosce a distanza, si frequenta con prudenza, e poi da cosa magari nasce cosa. Ci si potrebbe persino innamorare di un certain regarde de la France, o di un’Europa un po’ culona ma capace di tirar dritto su certe sbandate. Un place to be, ora che persino Bruxelles sbrilluccica di più dei grattacieli di Milano. Si potrebbe persino cambiare fede politica (up to a point). Stavano sulle scatole, a me (e)lettore lombardo abituato alla nebbia politica romana, così bella quando è bella. Con Macron era persino facile, il figlio saputello delle élite voleva mettere in marcia l’Europa coi soldi degli altri, e le banlieue e i gilet gialli lost in translation nel suo francese fluente. Chi non conosce il popolo, non può essere re. Merkel quasi meno fastidiosa: in fondo nessuno ha mai delle aspettative sui tedeschi. Preferivo Kohl, grasso che colava in un soffritto di cattolicesimo renano. Lei invece luterana, ossia diversamente atea, con quel fare da Rottenmeier che gode a sculacciare i debiti (del resto per lei sono “peccati”) e a far combutta con i pirati olandesi.

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Poi è arrivato il virus e anche i più riottosi a prendere per serie le differenze tra sanculotti, dittature, governi eternamente balneari e le democrazie dotate di responsabilità e senso della comunità, hanno visto che la differenza c’è. E mentre qui ci si barcamena come tanti gesuiti con la realtà effettuale, tra un governo di indecisi a tutto, una pletora di task force che basterebbe per una guerra mondiale e un pollaio di virologi che fanno a chi ce l’ha più lungo (il virus) ecco che arrivano loro. Così realisti da sembrare sognatori. Macron ha fatto un gran discorso. Uno, non mille apparizioni notturne. Ha detto alla Francia ciò che stava accadendo, cosa c’era da fare e sarebbe stato fatto. “Cerchiamo anche di essere onesti con il nostro paese”. Non come uno che deve blandire, ma farsi ubbidire: “Le regole previste dovranno continuare a essere rispettate. Non devono essere né rafforzate né alleggerite, ma completamente applicate”. Ha detto il 13 aprile che l’11 maggio riapriranno “progressivamente gli asili, le scuole, le scuole medie e i licei”. Si affida ai competenti, ma non demanda ai competenti. Ha dato ragione a Draghi, ha detto al Financial Times che “è tempo per pensare l’impensabile” e che saranno salvati i posti di lavoro e l’economia: “Whatever it costs”.

   

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Angela Merkel ha gestito il virus meglio di tutti, e sarà anche il culo del Reno. Ma è andata davanti ai tedeschi, ha spiegato metodi e statistiche con modelli matematici. Del resto, ha un dottorato in chimica quantistica. Ha annunciato un piano di riapertura prudente e preciso. Ad oggi, il migliore. Non abbiamo visto poliziotti sui quad inseguire bagnanti sulle spiagge del Baltico.

  

Insomma è arrivato il virus, ho scaricato nella mia testa la mia app Immuni, che tiene lontani dai cialtroni asintomatici, ho scoperto che è una specie di Tinder dell’europeismo (sì lo so, mi sto facendo trascinare da EuPorn) e ci si acchiappa con chi ci piace. Sono un andreottiano assalito dalla realtà. Non mi piacciono i capipopolo, preferisco i giudiziosi e i ben temperati, gente che governa, fa il proprio dovere e se capita le prossime elezioni le perderà. Ma che importa, la politica è piena di sorprese. Ci si becca su Immuni.

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