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Perché gli ingegneri della Silicon Valley votano Sanders?

Eugenio Cau

Bernie e la Warren hanno il 70 per cento delle donazioni. Dissonanza cognitiva

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Milano. Alla vigilia del SuperTuesday il Financial Times ha fatto i conti di quali candidati democratici americani hanno ottenuto più donazioni dai dipendenti delle aziende tecnologiche della Silicon Valley (occhio: non i ceo, i dipendenti), e ha rivelato un segreto malcelato: la Silicon Valley adora Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, i candidati radicali che vorrebbero distruggere la Silicon Valley. Secondo i dati forniti dalla Commissione elettorale americana, Sanders e Warren hanno ricevuto circa il 70 per cento delle donazioni degli ingegneri della valle. Pete Buttigieg, che ormai si è ritirato, è un lontano terzo con il 26 per cento delle donazioni, e l’attuale frontman dei moderati, l’ex vicepresidente Joe Biden, è praticamente inesistente, con l’8 per cento (due per cento di consolazione per Amy Klobuchar). Le preferenze variano a seconda delle aziende prese in considerazione (sono Facebook, Twitter, Google, Amazon, Tesla, Netflix, Uber e Apple). Per esempio, oltre il 50 per cento dei dipendenti di Uber sostiene Sanders, mentre a Twitter avviene lo stesso con Warren. A Netflix sono più moderati, tutti amano Buttigieg ma i due radicali prendono comunque poco meno della metà delle donazioni. (Nota interessante: circa il 90 per cento dei lavoratori nei magazzini di Amazon, non ingegneri, ha donato a Sanders). Il trend è piuttosto chiaro: la Silicon Valley vuole un candidato liberal radicale, preferibilmente socialista.

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Milano. Alla vigilia del SuperTuesday il Financial Times ha fatto i conti di quali candidati democratici americani hanno ottenuto più donazioni dai dipendenti delle aziende tecnologiche della Silicon Valley (occhio: non i ceo, i dipendenti), e ha rivelato un segreto malcelato: la Silicon Valley adora Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, i candidati radicali che vorrebbero distruggere la Silicon Valley. Secondo i dati forniti dalla Commissione elettorale americana, Sanders e Warren hanno ricevuto circa il 70 per cento delle donazioni degli ingegneri della valle. Pete Buttigieg, che ormai si è ritirato, è un lontano terzo con il 26 per cento delle donazioni, e l’attuale frontman dei moderati, l’ex vicepresidente Joe Biden, è praticamente inesistente, con l’8 per cento (due per cento di consolazione per Amy Klobuchar). Le preferenze variano a seconda delle aziende prese in considerazione (sono Facebook, Twitter, Google, Amazon, Tesla, Netflix, Uber e Apple). Per esempio, oltre il 50 per cento dei dipendenti di Uber sostiene Sanders, mentre a Twitter avviene lo stesso con Warren. A Netflix sono più moderati, tutti amano Buttigieg ma i due radicali prendono comunque poco meno della metà delle donazioni. (Nota interessante: circa il 90 per cento dei lavoratori nei magazzini di Amazon, non ingegneri, ha donato a Sanders). Il trend è piuttosto chiaro: la Silicon Valley vuole un candidato liberal radicale, preferibilmente socialista.

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E’ un fatto curioso perché sia Sanders sia Warren (la prima con più energia, il secondo a traino) hanno annunciato nei loro programmi politici che intendono massacrare la Silicon Valley a forza di Antitrust e regolamentazioni. Warren ha detto che vuole scorporare Facebook da WhatsApp e da Instagram, il che significherebbe un bel disastro per l’azienda, eppure un 25 per cento circa dei dipendenti di Facebook ha donato a suo favore. Questo senza contare che con i loro stipendi da mille e una notte (è stato stimato che il salario per un programmatore appena entrato a Facebook, contando bonus e stock option, superi i 200 mila dollari l’anno) la gran parte degli ingegneri della valle si pone comodamente in quell’1 per cento privilegiato di popolazione che i due radicali vogliono tassare e massacrare (fiscalmente, è chiaro).

  

 

Ora, di norma la preda non fa il tifo per il suo carnefice. Ma sappiamo che con la politica più accadere di tutto (gli agricoltori dell’Iowa nel 2016 hanno votato Trump anche se tutti dicevano che ciò li avrebbe danneggiati, e probabilmente lo rifaranno) e certo Sanders e Warren possono essere apprezzati anche per altri aspetti della loro piattaforma politica. Ma il punto fondamentale di questi dati è che nella Silicon Valley è in atto un gran cambiamento psicologico.

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Negli ultimi cinque anni, alcune decine di migliaia di ingegneri della valle convinti di lavorare in un paradiso liberal di tolleranza in cui tutti collaborano per migliorare il mondo hanno scoperto che le loro aziende, almeno a leggere i giornali, sono macchine feroci del capitalismo della sorveglianza, che pur di fare profitto mettono a repentaglio la democrazia liberale e la convivenza civile, alimentando razzismo ed estremismo. Davanti a uno choc di questo tipo ci sono due possibilità: o lasci il tuo lavoro, ma poi chi te li dà più 200 mila dollari all’anno e la mensa con lo chef stellato?; oppure metti in atto meccanismi di dissonanza cognitiva come votare Bernie Sanders, che è un po’ un rito catartico (Bernie metterà a posto le cose) e un po’ un gesto masochistico (Bernie distruggerà quest’azienda per cui lavoro ma nella quale non credo più).

 

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Anna Wiener, nel suo memoir “Uncanny Valley”, uscito da qualche mese negli Stati Uniti e consigliatissimo, racconta un fenomeno simile. Il libro narra l’esperienza in Silicon Valley tra il 2013 e oggi (dunque proprio il periodo dell’utopia e della disillusione) di una ragazza cresciuta nel mondo chic e formale dell’editoria newyorkese, che scappa in una startup dove tutti hanno vent’anni, sono maschi machisti e indossano felpe con il cappuccio. Wiener prova repulsione per questo mondo in cui nessuno ha letto Proust e tutti parlano di “conquistare nuovi mercati” come se fosse l’invasione della Polonia, ma al tempo stesso ne è attratta e affascinata. Dopo anni trascorsi a lavorare per una startup che faceva manipolazione dati stile Cambridge Analytica e a sentirsi parte del team come fosse la sua famiglia, un giorno Anna capisce e chiede a un amico che fa l’attivista per i diritti digitali: “Pensi che stia lavorando per una società di sorveglianza? ‘Buona domanda’, risponde lui, ‘Pensavo non me l’avresti mai fatta’”.

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