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Nomine senza ambiguità, please

Redazione

Perché l’agenzia Onu per la proprietà intellettuale deve restare indipendente

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Oggi a Ginevra i delegati di 83 governi del mondo che fanno parte del comitato di coordinamento della World Intellectual Property Organization (Wipo), l’agenzia dell’Onu che si occupa di proprietà intellettuale e brevetti, si riuniranno per votare, a scrutinio segreto, il nuovo direttore generale. E’ scaduto il mandato dell’australiano Francis Gurry, e una volta che i delegati otterranno un nome, a maggio l’Assemblea generale voterà di nuovo – e quasi sempre il secondo passaggio conferma quanto deciso dal comitato ristretto del Wipo. La short list dei candidati è composta da sei persone, ma l’attenzione internazionale si è già da mesi spostata soltanto su due nomi: Wang Binying, la candidata cinese sostenuta da Pechino, e Daren Tang, candidato di Singapore sostenuto invece dagli Stati Uniti. Quasi tutti gli alleati americani hanno già comunicato che voteranno per il candidato di Singapore – soprattutto dopo che l’unico candidato dell’Unione europea, l’estone Jüri Seilenthal, si è ritirato.

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Oggi a Ginevra i delegati di 83 governi del mondo che fanno parte del comitato di coordinamento della World Intellectual Property Organization (Wipo), l’agenzia dell’Onu che si occupa di proprietà intellettuale e brevetti, si riuniranno per votare, a scrutinio segreto, il nuovo direttore generale. E’ scaduto il mandato dell’australiano Francis Gurry, e una volta che i delegati otterranno un nome, a maggio l’Assemblea generale voterà di nuovo – e quasi sempre il secondo passaggio conferma quanto deciso dal comitato ristretto del Wipo. La short list dei candidati è composta da sei persone, ma l’attenzione internazionale si è già da mesi spostata soltanto su due nomi: Wang Binying, la candidata cinese sostenuta da Pechino, e Daren Tang, candidato di Singapore sostenuto invece dagli Stati Uniti. Quasi tutti gli alleati americani hanno già comunicato che voteranno per il candidato di Singapore – soprattutto dopo che l’unico candidato dell’Unione europea, l’estone Jüri Seilenthal, si è ritirato.

 

Come già anticipato da questo giornale il 10 febbraio scorso, l’unico paese che non ha comunicato quale candidato voterà è l’Italia, o meglio, il suo ministero degli Esteri, guidato da Luigi Di Maio. Che nella migliore delle ipotesi è rimasto di proposito nell’ambiguità, per tentare di non scontentare né Pechino né Washington. Nella peggiore, ha deciso di votare il candidato impresentabile. Perché qui non si tratta di dare una prova di fedeltà a Washington, ma di stare dalla parte dell’indipendenza, e di proteggere i valori che condividiamo. Sappiamo quanto Pechino stia cercando di essere sempre più influente nelle organizzazioni internazionali, e l’indipendenza serve ancora di più in un’agenzia così strategica come quella che tutela la proprietà intellettuale: sarebbe come votare la Corea del nord alla presidenza dell’Unhcr. Possiamo permetterci davvero di essere ambigui? Non in questo campo, non adesso.

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