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Tutto sui quattro uomini che aspirano a prendere il posto della Merkel

Daniel Mosseri

Merz è ostile, Laschet è troppo simile. Poi ci sono Spahn il rompiscatole e Söder il bavarese. Come sarà il futuro della Cdu

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Berlino. Quanto resisterà Annegret Kramp-Karrenbauer alla testa della Cdu? L’ex delfina della cancelliera Angela Merkel ha annunciato, sì, le dimissioni dalla presidenza della balena bianca tedesca; ma ha anche detto che accompagnerà il partito fino all’individuazione di un degno successore la prossima estate. Nel formalizzare il proprio passo indietro, AKK si è anche tolta un sassolino dalla scarpa: “Separare l’ufficio di cancelliere e la presidenza del partito sta indebolendo la Cdu”, ha affermato. Una pietruzza lanciata verso Merkel che prima l’ha scelta come erede universale e poi le ha tolto la fiducia per aver gestito male il partito in Turingia. Anche i socialdemocratici sono nel mirino di AKK: la Spd si rifiuta categoricamente di restare in coalizione con la Cdu se questa dovesse cambiare cancelliere. Da un lato la dirigenza Spd ha già difficoltà a convincere la propria base che sia opportuno restare in questa alleanza, guidata da una progressista sotto mentite spoglie come Angela Merkel; figurarsi con un altro esponente della Cdu. Vale dunque la pena di dare uno sguardo ai papabili leader del partito – persone che potrebbero far cadere il governo nel momento in cui ne reclamassero la guida. Oggi si contano quattro uomini: tre interni e un mezzo outsider. Donne all’orizzonte non se ne vedono ancora, ma non dimentichiamo che la Cdu è il partito che ha dato alla Germania una quadri-cancelliera. E all’Europa la prima donna presidente della Commissione.

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Friedrich Merz, l’anti-Merkel

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“La decisione di #akk merita rispetto. E io le do tutto il mio aiuto per guidare il processo di selezione del suo successore e candidato alla cancelleria come capo del partito”. E’ istituzionale e garbato il tweet di Merz successivo al passo indietro di Akk. Ma i due hanno dei trascorsi. A dicembre 2018 lui si candida per guidare il partito ma lei, sostenuta da Merkel, lo batte di misura. Eppure lui, 64enne avvocato della Vestfalia, jet privato, noto per essere atlantista, europeista, favorevole a un regime fiscale meno esoso e liberale in economia, non demorde: anzi, pochi giorni fa ha detto addio alla sua carriera di consulente di BlackRock proprio per impegnarsi a favore del paese. Al prossimo congresso, Merz sarà sostenuto dai nazional-conservatori della corrente Werte-Union della Cdu: sarà dunque il candidato della destra interna. E sarà il suo ultimo e terzo tentativo: nel 2002, fu Merkel a sottrargli la poltrona, spingendolo a ritirarsi a vita privata fino al 2014. Lui non gliel’ha mai perdonata. Né a lei né ad AKK. Pro: rispettato uomo d’affari, ha affermato che riconquisterà i voti fuggiti a destra. Contro: noto come l’anti-Merkel, Merz è divisivo e non ha alcuna esperienza di governo in curriculum.

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Jens Spahn, le belle speranze

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Quarant’anni a maggio 2020, Jens Spah incarna perfettamente lo spirito della nuova generazione della Cdu. Come tanti altri dirigenti cristiano democratici, Spahn parte dalla Junge Union, la sezione giovanile del partito dove era già attivo a 15 anni. Da allora ha infilato una serie di record anagrafici: è stato il più giovane deputato al Bundestag nel 2002 a soli 22 anni, e a 35 sottosegretario alle Finanze sotto Wolfgang Schäuble. Uomo di comprovata fede atlantista, a 37 anni Spahn è stato invitato a partecipare a una riunione del Gruppo Bilderberg. Quando Angela Merkel lo ha nominato ministro della Salute a marzo 2018, Jens era ovviamente il più giovane ministro dell’intero gabinetto. La sua designazione è stata vista da molti come il tentativo di piazzare il giovane rompiscatole – Spahn è un acceso critico della politica di accoglienza ai profughi mediorientali – in un dicastero difficile. Ma anche alla Salute, il cattolico Jens sposato dal 2017 con il giornalista Daniel Funke, si è dato da fare proponendo test prenatali meno invasivi a spese del sistema sanitario, vaccini obbligatori per il morbillo, la messa al bando delle “terapie” per convertire gli omosessuali all’eterosessualità, la digitalizzazione delle cartelle digitali. Particolarità: ha il 49 di piede.

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Armin Laschet, l’usato sicuro

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Cinquantanove anni da compiere a febbraio, Armin Laschet è probabilmente il meno anti-merkeliano fra gli uomini che puntano a guidare il paese nell’epoca post-Merkel. “Con l’AfD non si può cooperare in alcun modo, non si può avere tolleranza di alcun genere: non è un partito civile e dare segnali in senso contrario è sbagliato”. Così Laschet in televisione esprimeva il suo idem sentire con la cancelliera rispetto ai fatti accaduti in Turingia ore dopo lo scivolone di Erfurt. Cattolico e già eurodeputato della Cdu, Laschet ha fatto carriera nel Nord Reno-Vestfalia, il più grande e popoloso Land tedesco che il mite Armin ha strappato nel 2017 ai socialdemocratici dando vita a una coalizione con i liberali. In anni recenti Laschet ha difeso Merkel dalle critiche per l’apertura ai profughi, eppure il premier di Düsseldorf è rispettato dalla destra del partito per il suo pugno duro contro la criminalità. Merkel ha promosso la sua fedeltà facendolo vicepresidente del partito. Pro: conosciuto e popolare – di recente è apparso in tv nella serie poliziesca più seguita dai tedeschi nel ruolo di se stesso – responsabile e competente. Contro: chi entra papa in conclave…

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Markus Söder, il jolly eco-conservatore

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Per una questione strettamente geografica, Markus Söder non può puntare alla guida della Cdu. Allo stesso tempo potrebbe conquistare la nomina a candidato cancelliere. Perché Söder è il leader della Csu, il partito cristiano sociale bavarese. Spesso indicato come “costola bavarese” della Cdu, la Csu è più propriamente un partito distinto che per un gentlemen’s agreement fra le due formazioni non corre fuori dai confini della Baviera, mentre la Cdu non si avventura al suo interno: al Bundestag, poi, i deputati fanno gruppo unico. Brillante governatore della Baviera, Söder è un tenace oppositore dell’AfD, che pure ha ottenuto il 10 per cento dalle parti di Monaco, già porta di ingresso della stragrande maggioranza dei rifugiati mediorientali accolti in Germania. Söder guida la sua ricca regione mescolando conservatorismo sociale a riformismo ecologico. E la formula funziona: Markus Söder è fra i più apprezzati uomini politici di tutto il paese. La tentazione dei bavaresi di fare correre al proprio campione la strada per Berlino è forte ma la storia impone prudenza: due candidati cancellieri della Csu prima di lui (Franz Josef Strauß nel 1980 e Edmund Stoiber nel 2002) hanno fallito.

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