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Macron è pronto a tutto per realizzare “la madre delle riforme”

Micol Flammini

Il presidente promette che il sistema pensionistico cambierà e ai francesi non dispiace poi così tanto. Lo scontro con Martinez

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Roma. Non ci ha nemmeno provato Emmanuel Macron a far pace con le proteste. Durante il suo discorso di fine anno qualcuno si aspettava che il presidente francese facesse qualche concessione, un cenno di riconciliazione, se non di apertura. Invece no. Dall’Eliseo il 31 dicembre è partito il contrattacco e il secondo atto di una presidenza ferma, spericolata e sicura di sé. Sono bastati diciotto minuti, gli occhi in camera, il completo blu notte, Macron in piedi, per dire ai francesi che non si fermerà, la riforma, “la madre di tutte le riforme”, andrà avanti perché se i cittadini lo hanno eletto presidente per cambiare e trasformare il paese c’è bisogno soprattutto di questa nuova legge. Anzi, è pronto a dedicare ancora più energia per la trasformazione del paese, per “renderlo più forte, più giusto, più umano”, anche se sempre arrabbiato. Di solito, ha aggiunto il presidente nel suo messaggio di auguri (anche un discorso di metà mandato) questo è il momento in cui la politica rinuncia “ad agire con vigore per non la sciare scontento nessuno in vista delle elezioni future”, e non sono queste le sue intenzioni. La Francia deve essere scossa anche se gli scossoni fanno paura e lui è pronto a scuoterla fino all’ultimo giorno della presidenza. Non è il momento di rimandare e nemmeno di cedere alle preoccupazioni – “le preoccupazioni portano all’inerzia” – perché c’è ancora troppo da fare per un paese che desidera recuperare la sua centralità in Europa e nel mondo. Il presidente ha annunciato che non si arrenderà né al pessimismo né all’immobilità: alla sua riforma non si rinuncia.

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Roma. Non ci ha nemmeno provato Emmanuel Macron a far pace con le proteste. Durante il suo discorso di fine anno qualcuno si aspettava che il presidente francese facesse qualche concessione, un cenno di riconciliazione, se non di apertura. Invece no. Dall’Eliseo il 31 dicembre è partito il contrattacco e il secondo atto di una presidenza ferma, spericolata e sicura di sé. Sono bastati diciotto minuti, gli occhi in camera, il completo blu notte, Macron in piedi, per dire ai francesi che non si fermerà, la riforma, “la madre di tutte le riforme”, andrà avanti perché se i cittadini lo hanno eletto presidente per cambiare e trasformare il paese c’è bisogno soprattutto di questa nuova legge. Anzi, è pronto a dedicare ancora più energia per la trasformazione del paese, per “renderlo più forte, più giusto, più umano”, anche se sempre arrabbiato. Di solito, ha aggiunto il presidente nel suo messaggio di auguri (anche un discorso di metà mandato) questo è il momento in cui la politica rinuncia “ad agire con vigore per non la sciare scontento nessuno in vista delle elezioni future”, e non sono queste le sue intenzioni. La Francia deve essere scossa anche se gli scossoni fanno paura e lui è pronto a scuoterla fino all’ultimo giorno della presidenza. Non è il momento di rimandare e nemmeno di cedere alle preoccupazioni – “le preoccupazioni portano all’inerzia” – perché c’è ancora troppo da fare per un paese che desidera recuperare la sua centralità in Europa e nel mondo. Il presidente ha annunciato che non si arrenderà né al pessimismo né all’immobilità: alla sua riforma non si rinuncia.

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Dalla parte di Macron ci sono i dati, la consapevolezza di essere il capo di uno stato sempre arrabbiato che ha nell’irrequietezza la sua ragione di esistere e nella déraison, l’irragionevolezza, la sua malattia sociale, come ha scritto il filosofo Pascal Bruckner nel numero del settimanale Le Point dedicato alle proteste. Ma i francesi si stanno stancando dello sciopero contro la riforma delle pensioni che ha bloccato la capitale per quasi un mese, e c’è anche chi inizia a capire che l’idea di un nuovo sistema pensionistico non è così strana, né malata, né deleteria, secondo un sondaggio pubblicato dall’istituto Elabe a favore sarebbe il 66 per cento della popolazione. I partecipanti alle manifestazioni sono in calo ma la Cgt, continua a bloccare le città, i trasporti funzionano a metà, alcuni quartieri di Parigi sono anche rimasti senza luce nelle scorse settimane. La situazione sta diventando sempre più caotica e aumenta il rischio che una Francia che Emmanuel Macron vorrebbe instancabile e produttiva si blocchi, ancora una volta, pochi mesi dopo aver superato la crisi dei gilet gialli. I francesi sono abituati a scioperare, spesso nonostante tutto, secondo le Point in media scioperano 118 giorni all’anno, il presidente è fiducioso che la sua riforma funzionerà e ha lanciato un messaggio anche all’esecutivo: “Mi aspetto che il governo di Edouard Philippe trovi la strada per un rapido compromesso”, rispettando sempre i principi della riforma.

 

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Ha risposto in fretta al discorso presidenziale Philippe Martinez, il segretario generale della Cgt, minacciando che presto verranno bloccate anche le raffinerie. Il sindacalista ieri in un’intervista ha detto che da un presidente “chiuso nella sua bolla” non si aspettava nulla di diverso. Né un mea culpa né un passo indietro. Martinez ha attaccato Emmanuel Macron e ha annunciato un nuovo giorno di grande mobilitazione nazionale per lunedì prossimo. Il 7 gennaio è prevista una nuova tornata di consultazioni tra governo e sindacati a Matignon, il segretario generale della Cgt ha detto che non è stato invitato a partecipare, ma non ha escluso che andrà ugualmente a incontrare l’esecutivo. Martinez è convinto che dovrà andare avanti con la protesta, Macron che dovrà andare avanti con la sua riforma. Martinez sostiene che la Francia soffra, Macron, come ha ribadito ieri, che il paese sia in ripresa. Per ora i dati dicono che Parigi è sana, continua la sua crescita economica, e che è centrale sulla scena internazionale e di questo il presidente francese ha molti meriti. Resta un grande problema, l’insoddisfazione, che dura da sempre.

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