Atlantismo a denti stretti
Perché i paesi europei più vicini alla Russia sono molto più festosi degli altri alle celebrazioni per i 70 anni della Nato
Roma. Quando Ryszard Kapuscinski scrisse Imperium, il suo reportage lungo i confini dell’Unione sovietica, viaggiò dal Baltico al Pacifico, vide quel che rimaneva dei gulag siberiani, le montagne georgiane e i monasteri armeni, vide quel che rimaneva di un mondo che si stava lasciando andare, ogni tanto provava a rialzarsi con violenza per far vedere che era ancora vivo, ma il cuore, che è sempre stato a Mosca, non batteva più e quell’enorme creatura che era l’Unione sovietica iniziava già a chiamarsi Federazione russa. Con rabbia da parte dei russi, smarrimento da parte di molte popolazioni soprattutto caucasiche ma con gioia, tanta gioia, da parte delle repubbliche baltiche che per prime avevano iniziato a scalciare. Mosca le aveva costrette a dipendere dall’est, e finalmente si sentivano libere di cercare amici e alleati dove volevano e loro volevano guardare a ovest per allontanarsi dalla Russia. Così anche la Polonia, che sentiva l’Unione sovietica premere lungo i suoi confini, di fretta ma con successo fece tutto il necessario per entrare a far parte prima della Nato, nel 1999, poi dell’Unione europea, nel 2004. Lituania, Lettonia ed Estonia raggiunsero dopo l’Alleanza atlantica e l’Ue, ma fu una festa, un sospiro di sollievo che dura tuttora. Alla base c’è l’idea di confine, la consapevolezza di doverlo difendere, di dover vivere con gli occhi fissi verso la frontiera dalla quale potrebbe arrivare qualcuno di ostile e le nazioni che fanno parte dell’Alleanza atlantica e che vivono ancora con l’ansia del confine, sentono di poter festeggiare con più forza questo compleanno, i cui festeggiamenti a Washington forse non saranno un successo.
Varsavia e le repubbliche baltiche festeggiano perché sentono la pressione di Mosca. Vladimir Putin arriva in Italia a giugno
Per la Lituania, la Lettonia e l’Estonia la paura della frontiera è maggiore, la Russia è lì, le nazioni baltiche sono ancora abitate da molti russofoni, in Estonia c’è una città, Varna, in cui non solo si parla russo, ma ci si sente russi, si vive come in Russia e nelle ultime elezioni parlamentari chi ha votato a Varna sulla scheda elettorale, un po’ per celia un po’ per dimostrazione, ha scritto Vladimir Putin anziché barrare uno dei nomi dei candidati. In queste repubbliche dove ai confini ci sono filo spinato, pagato dall’Unione europea, e i contingenti della Nato, l’Alleanza non è mai messa in discussione. Come Varsavia, anche Vilnius, Riga e Tallin destinano il 2 per cento del pil alla difesa, vedono gli Stati Uniti come gli unici in grado di proteggerli da un pericolo che sentono ancora alle porte. La paura della Russia è tra le motivazioni che secondo i sondaggi dello European council of foreign relations guiderà gli elettori dell’est nelle scelte del 26 maggio e questo i partiti, anche gli euroscettici, lo sanno. Flirtare con la Russia non conviene.
Un esercito europeo non è l’alternativa alla Nato, ma serve a promuovere una cultura strategica comune a tutta l’Ue
La Polonia e i baltici temono che i negoziati per la creazione di una forza europea potrebbero allontanare definitivamente gli americani, che Trump potrebbe decidere di chiudere l’ombrello della Nato, e già ci sta pensando nonostante Jens Stoltenberg abbia avvertito il Congresso americano che l’Alleanza non sia mai servita quanto ora, “la Russia è sempre più aggressiva”, ha detto ieri . Il primo passo per un esercito europeo è stato fatto ad Aquisgrana, quando nel trattato firmato da Merkel e Macron è stato inserito un un impegno di mutua sicurezza simile all’articolo 5 della Nato. Più volte la cancelliera e il presidente francese hanno ribadito che questo esercito, ancora immaginario, non ha intenzione di sostituirsi all’Alleanza ma, con gli Stati Uniti sempre più assenti, a Bruxelles c’è chi inizia a interrogarsi su cosa accadrebbe se Trump dovesse decidere di lasciare la Nato. L’Economist immagina che uno stratega di Marte arrivi sulla terra e si domandi perché gli europei dubitino tanto della loro capacità di difendersi dalla Russia senza l’aiuto americano, quando la Russia ha il pil della Spagna mentre il pil totale dei membri europei della Nato è dieci volte quello di Mosca, che senza dubbio ha molte più testate nucleari degli europei. L’obiettivo di quella che Macron ha chiamato European Intervention Initiative non vuole essere accantonare l’Alleanza, ma promuovere una cultura strategica comune che aiuti l’Europa a rispondere più facilmente alle crisi nel suo vicinato senza dover chiedere l’aiuto americano. Questa sarà un’altra battaglia europea che divide est e ovest da rimandare al domani, sicuramente a dopo le elezioni europee. Intanto oggi a Washington, Varsavia, Vilnius, Riga e Tallinn si festeggia.