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Sbandate americane

Daniele Raineri

Le neoelette nel partito dem vorrebbero cacciare Trump ma cominciano a creare problemi

New York. Cominciano a vedersi i limiti della nuova ondata democratica uscita dalla vittoria alle elezioni di metà mandato a novembre. Lo scopo dichiarato delle nuove leve è terminare la presidenza di Donald Trump, ma per ora rischiano di fornire ai repubblicani nuove armi e nuovi argomenti che saranno usati contro di loro durante la campagna elettorale. Lunedì lo staff di AOC, Alexandria Ocasio-Cortez, si è scusato e ha detto che il testo del Green New Deal che circola da giovedì scorso non è quello definitivo, è soltanto una bozza che non va presa come fosse scritta nella pietra. Il Green New Deal è un pacchetto di misure per combattere il climate change nei prossimi dieci anni sponsorizzato con molta enfasi da AOC e presentato come l’unica soluzione al problema del surriscaldamento del pianeta. Non è vincolante, ma è subito diventato una trappola per i candidati democratici alle presidenziali 2020 a causa del carisma esercitato da AOC sui potenziali elettori. “La lotta contro il surriscaldamento del pianeta è il movimento per i diritti civili di oggi”, aveva detto la neoletta durante la presentazione e si riferiva alla lunga campagna per annullare le differenze tra bianchi e neri in America. Se questa è la premessa, si capisce perché molti democratici sono a disagio.

   

Se non appoggi il pacchetto rischi di passare per retrogrado e conservatore e anche complice di un disastro – che fai, resti fuori dalla nuova lotta per i diritti civili? – ma se lo appoggi di fatto rischi il suicidio politico perché ti stai di fatto legando a un programma vastissimo che include molti punti ingenui o drastici, così slegati dalla realtà da assomigliare alle promesse di Trump. Il Green New Deal contiene un po’ di tutto – anche tasse ai più ricchi e una riforma della sanità che così dovrebbe diventare pagata dal governo – e molte misure che potrebbero scatenare lo scetticismo o la rabbia degli elettori. Per esempio contro i lavoratori nei settori ritenuti inquinanti. Insomma, c’è il pericolo che il Deal sia una replica della manovra tentata dal governo in Francia, che ha tassato il carburante in nome dell’ecologia e si è trovato con i gilet gialli nelle strade.

    

Tra le altre cose la bozza del Green New Deal parla dell’obbligo “di garantire la sicurezza economica a chi non vuole lavorare”, roba che nemmeno il reddito di cittadinanza dei Cinque stelle in Italia. Si può immaginare come gli elettori in un paese come l’America che idealizza il lavoro, il successo personale e la riuscita dell’individuo prenderebbero quell’obbligo se diventasse la linea politica ufficiale del Partito democratico. Il Wall Street Journal scrive che il Green New Deal è l’arma segreta dei repubblicani per vincere nel 2020, perché a questo punto “basta loro aspettare e lasciare che AOC esista…”. L’Economist lo cita come uno dei segni che le primarie democratiche stanno sbandando verso sinistra come non era mai successo prima nel paese, perché quattro candidati democratici si sono sentiti in dovere di aderire subito. Molti critici sottolineano che il pacchetto è in realtà uno scatolone che include “tutto quello che i democratici hanno sempre sognato”, ora nascosto sotto la causa del climate change.

   

Nel frattempo Ilhan Omar, la deputata arrivata in America da bambina come rifugiata somala ed eletta a novembre, s’è infilata in una serie di tweet sugli ebrei e la politica americana e di ritrattazioni così imbarazzanti da provocare l’intervento di Nancy Pelosi, che le ha chiesto di scusarsi per l’antisemitismo della sua posizione. Omar sosteneva che il Partito repubblicano ha posizione filo Israele perché i rappresentanti al Congresso sono pagati da lobbisti ebrei. “It’s all about Benjamins baby”, ha scritto su Twitter (dove “i Benjamin” sono le facce di Benjamin Franklin sulle banconote da cento dollari).

   

La faccenda è molto più complessa. Il Partito repubblicano e anche quello democratico appoggiano Israele per ragioni storiche e strategiche molto ampie – l’Aipac citato da Omar invece è una lobby minore, ha davanti una trentina di altre lobby per ordine di grandezza. Lei si è scusata e ha detto che “gli altri deputati mi stanno educando sulla questione”, ma questo tipo di dichiarazioni – per di più lasciate cadere con noncuranza su un social media come Twitter – sono tutte vitamine per la campagna presidenziale di Donald Trump.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)