Il ministro dell'Interno austriaco che predica la superiorità della politica sulle leggi
Herbert Kickl, allievo di Haider, è un personaggio controverso. E sulla gestione dei migranti ha preso di mira la Convenzione europea dei diritti umani
Milano. Herbert Kickl, 51 anni, ministro dell’Interno austriaco, è l’uomo di punta della Fpö nel governo conservatore di destra-destra, guidato dal leader del partito popolare austriaco (Övp), Sebastian Kurz. Kickl è soprannominato “la mente di Strache”, cioè la mente del capo del partito nazionalista e xenofobo Fpö, il vicepremier Heinz-Christian Strache: non si sa se questo nomignolo faccia poi piacere a Strache, ma certo Kickl non deve preoccuparsene molto e anzi fa di tutto per ritagliarsi un posto autonomo e visibile sulle prime pagine dei media austriaci.
La settimana scorsa, durante la trasmissione Report del canale pubblico Orf, alla domanda se la sua recente proposta di rispedire in patria richiedenti asilo condannati in prima istanza non contravvenisse alle leggi vigenti – secondo le quali si può respingere solo a condanna definitiva – Kickl aveva prima assicurato che l’Austria è uno stato di diritto e la politica si attiene ovviamente alle leggi, e subito dopo aveva aggiunto: “Attenzione però a non sottovalutare il pericolo che vi possano essere abusi, con la conseguenza che le leggi stesse si rivoltino contro lo stato. Diventino quasi ostacolo all’azione”. Tra queste leggi, Kickl individuava anche la Convenzione europea dei diritti umani. A suo avviso, le leggi devono essere al passo con i tempi, ed è sua intenzione mettere mano a quelle che non lo sono più. Perché, e qui piazzava la sua nuova provocazione, “non è la politica a doversi adeguare alla legge, ma la legge alla politica”.
Tra i primi a reagire a questa affermazione è stato il capo di stato, Alexander van der Bellen, il quale con un tweet ha ricordato che “mettere mano alla Convenzione dei diritti umani vorrebbe dire minare le fondamenta della Seconda repubblica” – la Convenzione europea dei diritti umani è stata sottoscritta dall’Austria ed è anche stata inserita nella Costituzione. Di altro avviso invece è, senza sorprese, l’ex avversario di Van der Bellen alle presidenziali di due anni fa, il vice dell’Fpö, nonché ministro delle Infrastrutture Norbert Hofer. Secondo lui Kickl ha ragione, “visto che le leggi le approva il Parlamento”.
Il cancelliere Sebastian Kurz, come sempre quando si tratta di uscite o azioni discutibili da parte del partner di governo, ha preferito tenere un profilo basso – una strategia che nel frattempo gli è valso il soprannome “der Schweigekanzler”, il cancelliere del silenzio – ma ha fatto sapere che “la Costituzione, i principi dell’Ue così come la Convenzione europea dei diritti umani sono validi e parte integrante del programma di governo”. La prudenza di Kurz è dovuta non ultimo alla consapevolezza della considerazione che Kickl gode nel suo partito. L’attuale ministro dell’Interno ha appreso il mestiere del politico dal padre putativo dell’Fpö, il defunto Jörg Haider – entrambi originari della Carinzia. Ancora sotto Haider, Kickl aveva formulato frasi del tipo: “Chirac non è altro che un Napoleone da saccoccia”, mentre di Ariel Muzicant, allora ancora presidente della Comunità ebraica di Vienna, giocando con il suo nome (Ariel è anche il nome di un detersivo) aveva detto: “Non capisco come uno si possa chiamare Ariel ed essere così insudiciato”.
Anche in veste di ministro, Kickl non ha cambiato tono e anzi è convinto che l’elettorato vada continuamente pungolato con frasi e azioni a effetto. Così, all’inizio dello scorso anno, Kickl aveva comunicato di voler “konzentrieren” (concentrare) i migranti in un unico posto. E solo in seguito alle proteste aveva spiegato di non aver usato il termine nell’accezione di “Konzentrationslager”. Un mese dopo c’erano state perquisizioni ordinate dal ministero dell’Interno negli uffici dei Servizi di sicurezza nazionali. Un’azione assai dubbia sul piano giuridico. In autunno poi il portavoce del ministro diramava una nota agli organi di sicurezza, con l’indicazione di non rilasciare più interviste a giornali critici. Infine, lo scorso novembre Kickl, durante un’audizione parlamentare, affermava che “estremismo di destra e neonazismo sono concetti che il nostro ordine giuridico non conosce e dunque non possono essere passibili di azioni giudiziarie”. Un’affermazione sbagliata visto che esistono ben due leggi austriache che vietano la ricostruzione di formazioni politiche “sulla scia di un’ideologia nazionalsocialista”.
Kickl è a tutti gli effetti la spalla di Strache. Mentre quest’ultimo veste i panni dello statista che tesse alleanze europee e si fa fotografare contento negli incontri e negli abbracci con Marine Le Pen, Kickl semina provocazioni. Nel suo partito è molto popolare, al di fuori molto meno, a dimostrazione del difficile equilibrio che deve trovare anche il cancelliere del silenzio, non soltanto in Austria.
la sconfitta del dittatore