Annegret Kramp-Karrenbauer (foto LaPresse)

Primo problema della nuova leader della Cdu tedesca: non somigliare troppo a Merkel

Daniel Mosseri

Annegret Kramp-Karrenbauer eletta segretario, nel segno della continuità. Ma la sua sfida ora è quella di riavviare la macchina del partito con uno stile più partecipato

Berlino. Annegret Kramp-Karrenbauer è la nuova presidente della Cdu. I 1.001 delegati del Partito cristianodemocratico hanno promosso l’ormai ex segretaria generale alla posizione di leadership ricoperta negli ultimi 18 anni da Angela Merkel, cancelliera federale da 13. Con Akk, questo è l’acronimo al quale dovremo ormai abituarci, il partito sceglie la continuità, puntando proprio sulla delfina di Merkel, visibilmente soddisfatta al momento della proclamazione. I sondaggi delle ultime settimane avevano confermato la maggiore popolarità della candidata “mini Merkel” rispetto all’avvocato Friederich Merz, poi ribattezzato “anti Merkel” per la sua distanza politica e personale da chi lo aveva emarginato dalla leadership della Cdu nel lontano 2002. Ma i sondaggi sono una cosa e il voto dei delegati è un’altra. Se tutto è filato come nei piani auspicati da Merkel, agli atti resta un congresso combattuto, forse il più vivace nella storia dei cristianodemocratici tedeschi dal lontanissimo 1971. Venerdì come allora i delegati sono stati chiamati a scegliere fra più candidati. Accanto a Merz e Akk, ad Amburgo c’era anche il ministro della Salute Jens Spahn. Consapevole di essere troppo giovane per essere scelto – il ministro ha 38 anni – proprio per questo motivo Spahn è stato molto libero nell’eloquio e abbondantemente applaudito dalla platea.

 

Nelle urne, però, la gara era a due. La segreteria generale ha vinto con 517 dei 999 voti espressi, gli altri 482 sono andati a Merz. La candidata “del presente” ha dunque vinto sullo sfidante che ha cercato di impersonare il glorioso passato dei tempi di Helmut Kohl.

 

“Siamo l’ultimo dei Volskpartei tedeschi”, hanno ripetuto a turno tutti e tre, ponendo l’accento sulla naturale diversità di vedute in seno al partito. D’altronde, dopo 18 anni di rito merkeliano è fisiologico che l’offerta politica in seno alla Cdu si moltiplicasse. A differenza di Merz, l’outsider in corsa dopo quasi dieci anni di investment consulting lontano dalla politica, Akk conosce il partito come le sue tasche, il che dovrebbe favorirla nel trovare la quadra. La sua sarà una delicata manovra di riposizionamento della Cdu un po’ più verso il centro dello schieramento, ma non troppo. Se da un lato il partito vorrebbe recuperare parte dei voti scappati verso AfD, Kramp-Karrenbauer sa che la vera sfida elettorale alla Cdu non viene dai populisti, ma dei Verdi in arrestabile ascesa. Nel suo lavoro di ricucitura, Akk non potrà però fare affidamento su Wolfgang Schäuble. Poche ore prima dell’avvio del congresso, il presidente del Bundestag si è speso a favore di Merz, perdendo di colpo l’aura del padre nobile del partito che lo circondava.

 

Quanto alla successione al governo, Merkel e Akk sono molto affiatate ed è difficile credere che l’una voglia mettere l’altra in difficoltà. Certo, la cancelliera ha espresso il desiderio di restare alla guida dell’esecutivo fino alla fine della legislatura nel 2021 ma è presumibile credere che Akk preferisca andare alle elezioni da cancelleria e che almeno sei mesi prima del voto chiede alla sua protettrice di farsi da parte. La verità è che la palla è nelle mani di una Spd in crisi nera. Fra un anno il contratto della Grande coalizione prevede una verifica e non è escluso che i socialdemocratici vogliano tornare all’opposizione per cominciare la ricostruzione.

 

E’ forse anche per la nuova liquidità della politica tedesca che la Cdu ha deciso di affidarsi a un volto non solo conosciuto ma anche benvoluto dalla garante degli ultimi 13 anni di benessere. Akk ha almeno un anno di tempo per riavviare la macchina della Cdu; intanto ha promesso uno stile più partecipato: perché pur moderata nei toni, in passato Merkel ha preso decisioni strategiche per la Germania (vedi alla voce svolta energetica o emergenza profughi) completamente da sola. Con Akk il tono moderato non cambia, lo stile di governo (del partito) sì, e questo indica la vera sfida della nuova leader: smettere di essere solo una “delfina”.

Di più su questi argomenti: