Editoriali
Le conseguenze della legge marziale in Corea del sud e di una crisi istituzionale e politica
L'ex ministro della Difesa tenta di suicidarsi in carcere e Kim Jong-un accusa Yoon di essere un dittatore fascista. Nel paese la situazione politica e istituzionale è ancora profondamente confusa
In Corea del sud, a una settimana dalla dichiarazione della legge marziale da parte del presidente Yoon Suk-yeol poi ritirata poche ore dopo, la situazione politica e istituzionale è ancora profondamente confusa, come confermato al Financial Times da un portavoce della presidenza che alla domanda su chi stia governando in questo momento nel paese, ha detto: “Non c’è una risposta ufficiale a questa domanda”. A una settimana dall’inizio del caos la leadership della Corea del nord ha però commentato per la prima volta la situazione: secondo un articolo della Kcna, l’agenzia di stampa ufficiale del regime, Yoon ha creato “un pandemonio” rivolgendo “sfacciatamente le sue armi dittatoriali e fasciste contro i suoi cittadini”. Secondo gli osservatori della Corea del nord, che da qualche mese combatte al fianco della Russia nella sua guerra contro l’Ucraina, non è ancora chiaro se Pyongyang deciderà di sfruttare questo momento di debolezza del Sud – e le provocazioni di Yoon e dei suoi sodali nel tentare di creare un’emergenza con il Nord che giustificassero l’imposizione della legge marziale – oppure se la quiete di questo periodo è legata all’attesa del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump.
Nel frattempo però l’immagine che la Corea del sud da anni stava cercando di costruirsi nel mondo, come alleato forte e responsabile delle democrazie nell’Indo-Pacifico, è sempre più turbata dalle cronache. Ieri Kim Yong-hyun, ex ministro della Difesa, ha tentato di uccidersi nel carcere dove è detenuto per insurrezione. Nelle stesse ore un team dell’Ufficio nazionale di investigazione, incaricato di indagare sull’imposizione della legge, ha tentato di fare irruzione nell’ufficio del presidente Yoon, ma non sarebbe riuscito nello scopo: i dipendenti li avrebbero lasciati fuori dai cancelli per otto ore. Yoon non vuole dimettersi e per ora è soltanto indagato. Sabato prossimo ci sarà un secondo voto all’Assemblea nazionale per metterlo in stato d’accusa: secondo i sondaggi, l’80 per cento della popolazione è a favore della sua rimozione dalla presidenza.