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editoriali

Un bilancio (non lusinghiero) di Quota 100

Redazione

I dati di Inps e Upb sulla misura descrivono un disastro da non ripetere. Un favore di stato a chi stava già bene

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Numeri interessanti dall’ultimo consuntivo approfondito dell’Inps e dell’Ufficio parlamentare di bilancio sugli effetti finanziari di Quota 100. Per anticipare la pensione, rispetto alla legge allora in vigore, a 379.860 persone (in maggioranza autonomi e lavoratori del privato, mentre i dipendenti pubblici a uscire sono stati 119.320) e per garantire i diritti, ormai quasi del tutto acquisiti, dei possibili beneficiari fino al 2025, si arriverà alla spesa di 23 miliardi. Sembra, ed è, tantissimo, ma le previsioni erano ancora più pesanti, tanto che sono quasi 10 i miliardi non spesi rispetto al preventivo. Questo non perché il beneficio fosse stato pensato con opportuni accorgimenti, ma perché era sbagliato proprio nella concezione. Il provvedimento a marca fortemente salviniana è andato a rispondere a esigenze non primarie, non urgentissime, come pure venivano presentate nella drammatizzazione leghista in chiave elettoralistica. Ciò che manca nello studio di Inps e Upb è un’analisi sul turnover occupazionale, che era uno degli  obiettivi dichiarati (e mancati) della legge.

 

Per sintetizzare, l’operazione Quota 100 è stata una specie di grande favore di stato a chi stava economicamente e socialmente abbastanza bene, una caratteristica che entra nel filone del riformismo in soccorso ai ricchi ben rappresentato anche dai vari bonus e superbonus edilizi. Ed è stata, per sovrammercato, un’operazione estranea allo spirito riformatore del settore previdenziale, un’entrata di prepotenza con cui si è fatto saltare il senso di un progetto di lungo termine per stabilizzare e portare in equilibrio, pur tra mille errori, la previdenza italiana. Adesso che l’inerzia è avviata diventa tutto più difficile, ma, almeno, c’è da augurarsi che la pubblicazione di questi dati possa guidare verso un assestamento a condizioni più gestibili. Ora le rivendicazioni, più sindacali che politiche, si sono spostate sul diritto a uscire in base agli anni di contribuzione, con una specie di ritorno delle pensioni di anzianità. Cedere sarebbe il secondo errore dopo Quota 100.

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