Editoriali

Le catene produttive si accorciano, ma il futuro non è il protezionismo. Un caso

Redazione

Proporzionalità e autosufficienza devono essere i due pilastri su cui fondare la sicurezza che deve accompagnare la nuova globalizzazione. Che porta con sé dei rischi inevitabili

La globalizzazione, per come l’abbiamo conosciuta finora, ha esasperato l’efficienza economica dei processi. In tal modo ha consentito a centinaia di milioni di persone di uscire dalla povertà, ha stimolato il progresso tecnologico e ha favorito un’espansione economica senza precedenti a livello mondiale. Questa rincorsa ha però fatto passare in secondo piano il tema della sicurezza, che in questi ultimi anni – segnati dal ritorno delle grandi paure del passato: malattia e guerra – ha prepotentemente riconquistato la scena. Che tipo di globalizzazione abbiamo davanti, allora? L’Economist, nel numero in edicola da ieri, ci mette in guardia contro il rischio di cascare dalla padella nella brace. “La nuova globalizzazione – scrive il settimanale britannico – riguarda la sicurezza, non l’efficienza: dà la priorità al fare affari con persone e popolazioni di cui possiamo fidarci, in paesi il cui governo ci è amico”. A parole sembra ragionevole, ma tradurre in pratica questi princìpi apparentemente saggi è più difficile di quanto possa sembrare: “Si può facilmente scadere nel protezionismo, nell’interventismo pubblico illimitato e nell’inflazione. Al contrario, se imprese e politici sanno contenersi, potrebbe cambiare in meglio l’economia globale, mantenendo i benefici dell’apertura e migliorando la nostra resilienza”.
 

Alla luce di quello che sta accadendo è normale e giusto che i governi diano un peso politico alla sicurezza. E’ tuttavia necessario declinare questo concetto secondo due criteri. Il primo è quello della proporzionalità: le misure adottate devono essere proporzionali agli obiettivi che intendono raggiungere; non possono diventare dei pretesti per mascherare interessi di bottega. Ancora più importante è rifiutare la tentazione di far coincidere la sicurezza con l’autosufficienza: la sicurezza, al contrario, sta nella diversificazione. Nel futuro ci aspetta un’economia inevitabilmente meno dinamica: evitiamo almeno di sacrificare più crescita potenziale di quanto è strettamente necessario.

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