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Il report

Il fallimento del programma europeo per l'acquisto comune di gas

Carlo Stagnaro

Il rapporto su AggregateEU ha dimostrato che i mercati si sono aggiustati da sé, senza ricevere alcun aiuto dal programma europeo: la presenza di operatori, intermediari e piattaforme di scambio ha consentito di superare lo choc della riduzione dei flussi dalla Russia

Come si dice “fallimento” a Bruxelles? Più o meno così: “Il nostro principale risultato è che AggregateEU [il programma europeo di acquisto comune di gas, ndr] può aver contribuito a stabilire nuove relazioni commerciali, sebbene non sia chiaro in quale misura” mentre “non c’è evidenza di significativi impatti negativi”. E’ la conclusione del rapporto realizzato da Frontier Economics e Freshfields Bruckhaus Deringer per conto della Commissione europea, che ha chiesto una valutazione rispetto agli obiettivi della piattaforma: la riduzione dei prezzi del gas e la sicurezza energetica. Secondo i consulenti, essa non ha prodotto alcun beneficio misurabile. Nella migliore delle ipotesi, è stata inutile.

 

Il meccanismo, introdotto transitoriamente ad aprile 2022 soprattutto su impulso dell’ex premier Mario Draghi, adesso è stato reso permanente e non se ne capiscono le ragioni. Già a giugno la Corte dei conti europea aveva detto che “non vi sono sufficienti dati per confermarne i benefici”. E molti analisti indipendenti erano giunti a risultati analoghi. Frontier e Freshfields evidenziano sia la ridotta quantità di gas scambiato (meno di un miliardo di metri cubi su una domanda annuale di circa 400) sia la partecipazione. Complessivamente hanno utilizzato la piattaforma 110 compratori e 48 venditori, ma mentre nella prima asta sono intervenuti 63 compratori e 32 venditori, al quarto round ce n’erano solo 30 e 13, rispettivamente. Tra l’altro, gli stati membri avevano l’obbligo di favorire la partecipazione di una quota pari almeno al 15 per cento del fabbisogno di stoccaggio, cioè oltre 13 miliardi di metri cubi, quindi molti grandi consumatori sono stati posti di fronte alla classica offerta che non potevano rifiutare. 

 

Una survey tra i partecipanti ha rilevato che, nel corso delle quattro aste che si sono svolte finora, otto compratori hanno dichiarato di aver concluso un contratto, mentre per altri 48 le trattative erano ancora in corso o fallite. “Occasionalmente – si legge – AggregateEU può aver favorito l’incontro con nuove controparti” ma “tranne in rari casi non ha prodotto conseguenze” e “nei round successivi tipicamente non si sono generati nuovi match”, sicché “è probabile che anche in uno scenario controfattuale i clienti avrebbero comunque diversificato” le loro fonti di approvvigionamento.

 

L’analisi è importante anche perché di AggregateEU si continua a parlare. Il Rapporto Draghi propone di potenziare e riformare la piattaforma: “Nel futuro, potrebbe fare un passo ulteriore”, cioè “una singola entità europea (supportata finanziariamente e per conto delle compagnie europee) potrebbe acquistare gas… e venderlo attraverso procedure competitive alle imprese europee”. Dietro tale idea si vede il trauma della crisi energetica. All’epoca, tutti avevano in testo il modello sperimentato con successo per l’acquisto congiunto dei vaccini e speravano di poterlo replicare col gas. Ma c’è una differenza fondamentale: mentre la domanda di vaccini era interamente pianificata dai sistemi sanitari nazionali, il gas viene comprato per molteplici usi, parzialmente in conflitto gli uni con gli altri. Inoltre, mentre i vaccini erano venduti da un pugno di imprese farmaceutiche, il gas viene venduto da decine di soggetti, sia privati sia statali. Sono due mercati diversi, che richiedono competenze e organizzazioni differenti. Tant’è che gli stessi autori del rapporto della Commissione, pur considerando alcune riforme, non si sognano neppure di spingersi tanto in là, e invitano alla cautela riguardo alle ipotesi di mutuare l’esperienza in altri campi, come l’idrogeno o i materiali critici.

 

A conti fatti, i mercati si sono aggiustati da sé, senza ricevere alcun aiuto dalla piattaforma (come conferma l’analisi della Commissione). I mercati hanno consentito – proprio grazie alla presenza di numerosi operatori, intermediari e piattaforme di scambio – di superare lo choc della riduzione dei flussi dalla Russia, che fino al 2021 era stata il nostro principale fornitore di gas. Il vituperato Ttf e le altre borse europee hanno fatto quello che dovevano esattamente come dovevano, segnalando la scarsità e attirando nuova offerta: a distanza di anni nessuno è riuscito a dimostrarne il malfunzionamento, che invece nel 2022 veniva quasi dato per scontato. Per usare le parole di Alex Barnes (Oxford Institute for Energy Studies), “AggregateEU è una soluzione in cerca di un problema”.

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