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da bruxelles

La crescita italiana rallenta, ma anche il debito

Luciano Capone

La Commissione taglia le previsioni per l'Italia: nel 2024 il pil cresce dello 0,7%, mezzo punto meno delle stime del Mef. I conti reggeranno? Due buone notizie per il governo: la crescita del pil nominale potrebbe essere sostenuta (4%) e nel 2023 il debito pubblico è 11 miliardi più basso del previsto 

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Nelle sue previsioni d’inverno, la Commissione europea taglia le stime di crescita dell’Eurozona allo 0,8% rispetto all’1,2% dello scorso autunno. All’interno di questo rallentamento continentale, tirato giù dalla bassa performance della Germania che dopo la recessione del 2023 crescerà nel 2024 appena dello 0,3% (mezzo punto in meno rispetto alle previsioni d’autunno), Bruxelles riduce anche le stime di crescita dell’Italia: +0,7%, anziché +0,9%.

 

Il taglio è, quindi, più contenuto rispetto al resto d’Europa e avvicina la crescita italiana alla media. L’economia dovrebbe beneficiare della disinflazione e i lavoratori dovrebbero recuperare potere d’acquisto grazie all’aumento dei salari per i rinnovi contrattuali, in un mercato del lavoro che resta robusto, mentre gli investimenti dovrebbero arrivare attraverso l’attuazione del Pnrr.

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Il grosso problema per il governo, e in particolare per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, può riguardare la tenuta del quadro di finanza pubblica nel 2024, dato che le stime di crescita europee sono ben inferiori all’1,2% della Nadef. Dopo le previsioni della Banca d’Italia (+0,6%), dell’Ufficio parlamentare di bilancio (+0,8%) e ora della Commissione europea (+0,7%) si rafforza un consenso sulla crescita dell’Italia che è circa mezzo punto inferiore rispetto al quadro programmatico del governo. E questo potrebbe far saltare il mosaico dei conti pubblici composto da Giorgetti che mostra un debito pubblico stazionario proprio grazie a una crescita reale dell’1,2% e a un ambizioso piano di privatizzazioni. Con una crescita dimezzata, deficit e debito rischiano di mostrare un’immagine molto più spaventosa.

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In realtà, nonostante il rallentamento, i conti potrebbero tenere. Se si considera il pil nominale, che è il dato rilevante per la finanza pubblica, le differenze si riducono. Nella Nadef, infatti, il governo ha stimato il pil reale all’1,2% e il deflatore del pil al 2,9 %. Il pil nominale è quindi al 4,1%. Le previsioni più recenti di osservatori pubblici e privati (Upb, Ref Ricerche, Oxford Economics) indicano una crescita del pil nominale tra il 3,9% e il 4,1%. Simile a quella del governo. Tutti, rispetto al Mef, stimano un pil reale inferiore e un deflatore del pil superiore. Vuol dire che la crescita reale sarà un po’ più lenta e quella dei prezzi un po’ più veloce. Non è una buona notizia per gli italiani, ma tutto sommato lo è per il Mef.

 

Intanto, ieri è arrivata un’altra buona notizia: secondo la Banca d’Italia il debito pubblico nel 2023 è stato pari a 2.863 miliardi, circa 11 miliardi (oltre mezzo punto di pil) in meno rispetto alle stime Nadef.
 

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