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EDITORIALI

Su Tim il governo si gioca la faccia

Redazione

Le trattative tra il ministero dell'Economia e il fondo americano Kkr ballano. C'è un contenzioso che il ministro Giorgetti può evitare

Si avvicina una settimana cruciale per il dossier Telecom (cda convocati  il 3 e il 5 novembre) su cui è intervenuta la Corte dei Conti dicendo che non ci sono elementi sufficienti a suffragare la sostenibilità finanziaria dell’investimento da parte del Mef. Quest’ultimo dovrebbe entrare nell’operazione di cessione della rete al fondo americano Kkr con una quota di minoranza (intorno al 15-20 per cento) che comporterebbe un esborso pari a circa 2,2 miliardi di euro. Un nuovo intoppo che rischia di compromettere l’affare? Non proprio, hanno commentato in una nota gli analisti di Intesa prendendo per buone le dichiarazioni rassicuranti del Mef nel fine settimana. “Pur non essendo vincolante, il parere della Corte dei Conti sul Dpcm condiziona il processo di vendita da un punto di vista puramente formale – osservano – Pertanto, non riteniamo che ciò possa rappresentare un ostacolo. Invece, se Tim debba convocare o meno l’assemblea degli azionisti per la vendita della rete e, in caso affermativo, se questa debba essere ordinaria o straordinaria rimane una questione controversa”.

Dunque, il vero ostacolo per mandare in porto l’operazione non è la Corte dei Conti ma Vivendi, attuale primo azionista di Telecom, che detiene un sostanziale potere di veto, ma di cui ogni tanto ci si dimentica. Nessuno sa nei dettagli come siano andati gli incontri del ministro Giancarlo Giorgetti con i vertici della società francese, ma non è un mistero che questa considera necessaria la convocazione di un’assemblea straordinaria di Telecom per valutare l’eventuale scorporo della rete e l’offerta di Kkr, il cui valore è distante dalle sue aspettative. Sul punto si è aperta una battaglia tra i più prestigiosi studi legali del paese, che sono advisor delle varie parti in campo. Una buona parte degli avvocati ritiene che sia sufficiente il parere del cda per vendere l’infrastruttura e un’altra parte che sia indispensabile chiamare i soci a decidere. Una contrapposizione che fa sorgere il dubbio che comunque la si metta potrebbe nascere un contenzioso.

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