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IL CASO

È polemica tra governo e Corte dei conti sul Pnrr: Fitto pensa di limitarne i poteri

Redazione

Dopo i rilievi sui ritardi nell'attuazione del Recovery Plan, il ministro degli Affari europei ribadisce che il controllo sui progetti italiani spetta solo all'Ue. L'Associazione magistrati contabili: "Iniziative lesive del principio di autonomia e indipendenza"

Lo schema è ormai consolidato: a ogni nuova delibera della Corte dei conti sullo stato di attuazione del Pnrr, il governo risponde con irritazione, screditando e delegittimando il lavoro dell'organo di viale Mazzini. E se prima ci si fermava alle parole, ora serpeggia l'ipotesi di passare ai fatti: ridimensionando le funzioni della Corte e sottraendole la facoltà di pronunciarsi sui progetti del Recovery Plan.

Il malumore da parte del ministero degli Affari europei e soprattutto del suo titolare, Raffaele Fitto, era già emerso ai tempi della lunga relazione di fine marzo, con la prima certificazione dei ritardi italiani sul programma europeo. Si è poi riproposto a inizio mese, con un nuovo documento della Corte sulla quarta rata di giugno. E ora, con l'ultima delibera diffusa lo scorso venerdì, il rapporto fra il governo e l'organo di viale Mazzini sembra essersi fatto ancora più teso. 

La Corte ha infatti nuovamente fatto il punto sullo stato dell'arte dei progetti previsti dal Recovery Plan, tenendo anche in considerazione che la terza rata (prevista inizialmente per la fine di marzo e poi rinviata di un altro mese) non è stata ancora erogata, con 300-400 milioni che ballano e rischiano di essere temporaneamente congelati. L'andatura a rilento dell'Italia rispetto al cronoprogramma di Bruxelles è tutta in un dato: "Considerando anche il progresso dei primi mesi del corrente anno, il tasso di avanzamento sale al 13,4 per cento", scrive la Corte. Numeri che si fanno più bassi se si vanno a guardare le singole missioni del NextGenerationEu: "Le missioni 4 e 5 (legate all'istruzione e all'inclusione) presentano tassi di avanzamento vicini al 5 per cento, mentre la missione 6 in tema di salute non raggiunge la soglia dell'1 per cento".

Non ci vuole grande fantasia per immaginare la reazione di Fitto. C'è, innanzitutto, una questione di tempistiche: i progetti di alcuni ministeri infatti, legati soprattuto alla scuola, non erano stati ancora ufficialmente rendicontati e, di conseguenza, non risultano nell'ultima ricognizione della Corte. In generale, "l'effettiva rendicontazione, secondo i cronoprogrammi del Pnrr, inizierà nel corso del 2023", ha scritto il ministero degli Affari europei in una nota lo scorso sabato. Di conseguenza, secondo il dicastero, l'attività di controllo della Corte andrebbe esercitata "soltanto dopo l'avvio dei lavori".

Queste le indicazioni generali. Ma ci sono poi delle ragioni di principio, fatte emergere in più circostanze da Fitto, che pesano molto di più. Come già affermato poco dopo la delibera di inizio maggio, per il ministro degli Affari europei "l'accertamento compete esclusivamente alla Commissione europea". In sostanza, l'idea che sembra farsi strada nel governo è quella di sottrarre alla Corte il controllo concomitante sulle spese del Pnrr – previsto per legge –, rivolgendosi come interlocutore esclusivamente a Bruxelles.

Nel pomeriggio è arrivata la dura reazione dei giudici contabili: "L'Associazione magistrati della Corte dei conti manifesta sconcerto e stupore in merito alle possibili e prossime iniziative del governo, riportate dagli organi di stampa, volte a ridurre gli ambiti di competenza della magistratura contabile sul fronte del controllo concomitante", si legge in una nota. E ancora: "L'Associazione ribadisce sin d'ora con forza la preoccupazione per tali possibili iniziative estemporanee, gravemente lesive del principio di autonomia e indipendenza della magistratura, e ripropone l'invito al governo ad istituire un tavolo di confronto sulle riforme".

Gli sviluppi, a breve e a lungo termine, rimangono comunque incerti. Dal ministero predicano "prudenza", per cercare di ristabilire un confronto "costruttivo". Ma il percorso, fra ritardi e controlli, è tutt'altro che in discesa.

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