Foto LaPresse

l'analisi

Quello degli affitti non è un problema solo degli studenti: "Serve un piano casa"

Maria Carla Sicilia

Se i prezzi delle case sono alti è perché c'è troppa domanda e un'offerta inadeguata. "Servono case popolari e canoni agevolati. È un errore cancellare il fondo per l'affitto ma anche tornare all'equo canone", ci dice l'economista Lungarella. Qualche idea

Protestano contro gli affitti troppo alti ma forse non si rendono conto di essere una causa del problema. Mettiamo da parte le singole storie degli studenti che in questi giorni dormono in tenda fuori dai rettorati e guardiamo ai numeri: i dati più aggiornati dicono che i fuorisede sono 591 mila, gli alloggi pubblici a loro dedicati 40 mila. Se i progetti del Pnrr andassero spediti a buon fine, nel 2026 i posti letto degli studentati sarebbero 100 mila. Con il risultato che ancora 491 mila persone continuerebbero a cercare una casa sul libero mercato, alimentando una domanda in crescita nei centri urbani che si scontra con un’offerta insufficiente. “Certo, gli studenti sono un pezzo di un problema ben più ampio”, ragiona con il Foglio Raffaele Lungarella, economista esperto di politiche pubbliche e abitative: “La domanda preme contro un’offerta bloccata, un po’ perché per non consumare suolo non si costruisce più, un po’ perché una parte del patrimonio è stata dedicata ad altri usi, per esempio al turismo e agli affitti brevi”. I prezzi alti dipendono da questo e riguardano tutti, lavoratori fuorisede e famiglie. Non è un caso che nelle città universitarie più ambite gli affitti siono cresciuti nell’ultimo anno: quasi il venti per cento a Padova, poco meno a Bologna e Milano secondo un recente report di Scenari Immobiliari e Camplus.

Invece che sulle tende allora è utile spostare l’attenzione sulle case. Il primo passo per alleggerire la domanda abitativa, ragiona Lungarella, è offrire soluzioni accessibili a chi non può permettersi prezzi di mercato. “Tornare ad assegnare quella parte del patrimonio di edilizia pubblica che oggi resta vuota, decine di migliaia di appartamenti non a norma su cui intervenire con lavori edilizi. Poi c’è bisogno di un vero piano casa: l’ultimo è quello del 1978”. La parola che spaventa è costruire. “Si può incrementare l’offerta con il recupero degli immobili esistenti, ma poi, anche se l’espressione è po’ d’antan, servono case popolari per i più poveri, quelle famiglie che neanche con un aiuto pubblico  potrebbero  permettersi di comprare casa o pagare un affitto. Per le fasce medie si può lavorare con i privati in piani di edilizia agevolata: incentivare la costruzione di case con prezzi calmierati di affitto e vendita. Una stima precisa sul fabbisogno non c’è e anche questo dà la misura del ritardo da recuperare”. A parlare di piano casa già nei mesi scorsi è stato il vicepremier Matteo Salvini, che dal ministero delle Infrastrutture ha la competenza sul tema. “Ma il punto vero sono i soldi: è una decisione politica, come lo è stata spendere 100 miliardi per il Superbonus e non per le politiche abitative”, dice Lungarella. 

Più nel breve termine sono possibili altri interventi. Con l’ultima legge di Bilancio il governo ha deciso di non rifinanziare il fondo per l’affitto che nel 2022 contava su 300 milioni di euro, smantellando uno strumento che negli anni si è rivelato utile. “Quel fondo va ripristinato – sostiene l’economista – perché anche se esigua è una misura importante, non interviene sul funzionamento del mercato e alleggerisce la spesa degli affittuari”. D’altra parte, l’idea suggerita da Pd e M5s di calmierare artificialmente i prezzi ha già dimostrato la sua inconsistenza in passato. “L’esperienza dell’equo canone introdotto nel 1978 non ha funzionato, è un esperimento fallito. Se i prezzi non sono adeguati a remunerare gli investimenti le case vengono ritirate dal mercato o si alimenta il nero, sottraendo risorse al fisco”. 

Se torniamo agli studenti, c’è poi un’altra possibile risposta, suggerisce Lungarella. Con un intervento di politica fiscale che si autofinanzia con le tasse sui contratti abitativi, si può alzare la soglia su cui oggi le famiglie possono detrarre le spese per gli affitti dei figli che studiano, equiparandola all'intero importo annuale del canone. “L’effetto sarebbe duplice: risparmiare di più e per questo invogliare a chiedere contratti regolari, facendo emergere il nero. Anche in questo caso, costruire nuovi studentati è solo una parte della soluzione. Per un problema complesso serve una risposta complessiva”. 
 

  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.