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Indipendenza energetica

Il Gnl che sgancia l'Europa da Mosca

Federico Bosco

L'Ue è diventata il più grande importatore di Gas naturale liquefatto. La strategia costosa e rischiosa messa in atto contro i ricatti di Putin ha funzionato

L’Unione europea ha risposto alla manipolazione dei flussi dei gasdotti e al ricatto energetico della Russia con il potenziamento radicale della capacità di importare Gas naturale liquefatto (Gnl), una strategia che pone sfide e richiede costosi investimenti in infrastrutture, ma che apre a nuove opportunità. I primi risultati sono arrivati più rapidamente di ogni previsione, a partire da quelle del Cremlino: nel 2022 le importazioni europee di Gnl sono aumentate del 60 per cento rispetto al 2021 facendo dell’Ue il più grande importatore di Gnl del mondo, la maggior parte del quale è arrivato dai produttori statunitensi.

 

Secondo i dati della Commissione europea, tra gennaio e settembre dell’anno scorso i maggiori esportatori di Gnl nell’Ue sono stati gli Stati Uniti (44 per cento del totale), seguiti dalla Russia (17 per cento), il Qatar (13 per cento) e alcuni paesi africani. Le forniture statunitensi – aumentate del 137 per cento nei primi undici mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 – stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nella sicurezza energetica dell’Ue e sono destinate ad aumentare ancora, insieme a quelle del Qatar e di altri fornitori, e a spese delle importazioni dalla Russia che la Commissione vorrebbe portare a zero mettendo la parola fine a ogni contraddizione.

 

La capacità complessiva di importazione di Gnl dell’Ue attualmente è sufficiente a soddisfare circa il 40 per cento della domanda. Tuttavia, ci sono ancora colli di bottiglia e limitazioni infrastrutturali in molte regioni dell’Europa, Italia compresa, che rispetto alla Germania (che partiva da zero) si sta rivelando molto più lenta nell’aumentare la capacità di rigassifazione (vedi Piombino). Ma nel complesso la situazione è migliorata, i problemi dell’Ue sono legati ai target climatici autoimposti, non alle minacce di Mosca. Vladimir Putin ha scommesso l’unico punto di forza dell’economia russa ancora non sanzionato con la speranza di far capitolare i governi europei, ottenendo come risultato un matrimonio energetico tra Europa e Stati Uniti molto più dannoso per la Russia di qualsiasi allargamento della Nato. 

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