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editoriali

L'Ue rinvia il voto sullo stop alle auto diesel e benzina. Un successo dell’Italia

Redazione

Giorgia Meloni ha potuto alzare la voce e ha ottenuto che si prendesse coscienza delle contraddizioni e dell'inutile radicalismo. Per essere efficaci in Europa non serve strepitare

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L’esito del braccio di ferro sullo stop ai motori a combustione interna nel 2035 è sempre più incerto. Il nuovo regolamento sulle emissioni del trasporto leggero sembrava cosa fatta, avendo incassato l’accordo tra Commissione, Parlamento e Consiglio. Ma ieri, improvvisamente, si è deciso di rinviare il voto. Questa settimana tutto è cambiato: la Germania – per voce del ministro dei Trasporti, il liberale Volker Wissing – ha improvvisamente sterzato, minacciando un voto contrario. Sommandosi all’opposizione italiana e polacca e all’astensione bulgara, determinerebbe la bocciatura del provvedimento. A questo punto, la palla è in mano alla presidente Ursula von der Leyen, che nel weekend dovrà cercare una via d’uscita.

Non si capisce questo esito imprevisto e imprevedibile, letteralmente un attimo prima della conclusione dell’iter, se non si dà il giusto peso al ruolo dell’Italia. Giorgia Meloni ha potuto alzare la voce perché sapeva di avere sia il pieno sostegno degli alleati (in primis Matteo Salvini, che si è subito intestato la battaglia) sia una sponda nel centrosinistra (citofonare Romano Prodi). Vedremo come andrà a finire. Intanto, se ne possono trarre due lezioni. In primo luogo, per essere efficaci in Europa non serve strepitare: bisogna lavorare e costruire alleanze. Quella in atto è un’azione costruita meticolosamente tra Roma e Berlino. Secondariamente, e ancora più importante, il percorso della proposta di bando per il motore endotermico era stato finora privo di incidenti, nonostante la contrarietà dell’industria dell’auto e non solo. Questo perché i politici europei (e forse anche i media) hanno dimostrato una preoccupante sudditanza verso la chiassosa minoranza ambientalista. Solo in zona Cesarini si è presa coscienza delle implicazioni, delle contraddizioni e dell’inutile radicalismo del regolamento. In futuro, sarebbe meglio avere un dibattito onesto nelle sedi e nei tempi adeguati, senza complessi di inferiorità, senza paura e senza demonizzare, tacciandola di “negazionismo” o peggio, qualunque critica.

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