La smentita

L'Italia si sgancia dal treno del nucleare

Stefano Cingolani

L'Unione europea costruisce una coalizione per rilanciare l’energia dall’atomo. Il governo Meloni prima accetta, poi ci ripensa: sembra esserci di mezzo ancora una volta Salvini. Peccato

Nucleare, no grazie anche dal governo Meloni e con un colpo di scena l’Italia si tira indietro dall’alleanza proposta dalla Francia. La ministra francese per la transizione energetica Agnes Pannier-Runacher ha annunciato oggi che Parigi avrebbe guidato una cordata composta da Finlandia, Paesi Bassi, Slovenia, Repubblica ceca, Slovacchia, Croazia, Polonia, Bulgaria, Romania, Ungheria; la Svezia presidente di turno della Ue sarebbe stata tra i promotori e anche l’Italia avrebbe aderito secondo fonti francesi. Invece, dopo che la notizia da Bruxelles rimbalzava a Stoccolma dove oggi si conclude un vertice informale dei ministri dell’Energia e poi a Roma, arriva la smentita. Il ministero dell’Ambiente guidato da Gilberto Pichetto Frattin dirama una nota secondo la quale “non è prevista la presenza di nessun rappresentante italiano a incontri che avranno per oggetto la tematica del nucleare”.

 

Un equivoco, un eccesso di zelo da parte francese o il tabù del nucleare non può essere sfidato nemmeno da Giorgia Meloni? Secondo una interpretazione c’è di mezzo ancora una volta Matteo Salvini, visto che il vertice doveva coinvolgere anche i ministri dei Trasporti. Altre voci del palazzo spiegano che “questo governo non ha nessuna intenzione di essere guidato dai francesi tanto meno sulla politica energetica”. C’è chi più pacatamente sostiene che scelte tanto impegnative vanno discusse dalla intera maggioranza e non possono essere lasciate a iniziative estemporanee o a blitz transalpini. Sarà necessario indagare di più per capire meglio. All’ora di pranzo sembrava che ci fosse una svolta importante, all’ora di cena Roma torna al solito tran tran: i Cinque stelle caricano la bombarda, il Pd a guida Schlein è pronto a fare da coro, del resto il no al nucleare è uno dei punti programmatici della nuova segretaria. 

 

Sarà stata Greta Thunberg a sdoganare l’energia nucleare, però è il nuovo governo svedese ad aver deciso di riprendere la marcia. La Svezia ha sei reattori operativi, la metà di quelli in funzione prima del 2011 quando l’incidente di Fukushima indusse il governo di centrosinistra a bloccare tutto. E sì che fino ad allora era prevalso un approccio pragmatico. Nel 1980 un referendum aveva deciso di abbandonare l’uso civile della fissione atomica, ma solo vent’anni dopo era stata spenta la prima centrale. Ora il primo ministro Ulf Kristersson che guida una coalizione conservatrice sostenuta dal partito di estrema destra chiamato Democratici svedesi, ha annunciato una legge per rimuovere tutti gli ostacoli e ha preso contatti operativi con i governi europei “nuclearisti”, a cominciare dalla Francia nel corso di un incontro all’Eliseo con Emmanuel Macron. Parigi ha colto al volo l’occasione e il presidente ha collegato la nuova stretta collaborazione al sostegno all’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato, contro i veti di Turchia e Ungheria.

 

La Svezia s’allinea al Regno Unito che lavora a otto nuovi reattori entro il 2030, ma vuol fare più della Germania e del Belgio che hanno deciso di prolungare la vita delle centrali esistenti. I massicci progetti per decarbonizzare acciaio e minerale di ferro impongono scelte coraggiose: solo Lkab, il gruppo minerario pubblico svedese, ha bisogno di un terzo della produzione elettrica attuale. Fabbricare batterie nella gigafactory del nord richiede una quantità enorme di energia che deve essere quindi sempre disponibile e a basso prezzo. In Italia non è così. L’Ansaldo nucleare fa soprattutto ricerca, l’Eni si è concentrata su vari progetti di fusione, invece l’Enel che pure ha puntato molto su Sole e vento, continua ad avere esperienza sul campo. In Spagna attraverso Endesa può contare su sei centrali nucleari di seconda generazione avanzata, in Slovacchia è azionista di Slovenske Elektrarne che ha iniziato a costruire due nuove unità nel 2008 che dovrebbero entrare in funzione quest’anno. Intanto, l’Italia continuerà a comprare dai paesi confinanti l’elettricità prodotta dalla fissione dell’atomo.