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Lezioni di realismo

Forneriani europei. Francia e Germania si preparano alla riforma delle pensioni

Luciano Capone

L’Italia gioca con l’età pensionabile. Macron e Scholz la considerano indispensabile e annunciano modifiche per mantenere il sistema sostenibile, seguendo le linee della legge Fornero

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Nel discorso di fine anno, Emmanuel Macron ha inviato ai francesi un messaggio di “unità”: “Se cedessimo allo spirito di divisione che ci preme da ogni parte, non avremmo quasi nessuna possibilità di uscirne – ha detto –. Auguro a noi di vivere il 2023 in un paese unito e solidale”. Nello stesso discorso, il presidente francese ha anche annunciato che “quest’anno sarà quello di una riforma delle pensioni”. Ma è evidente che le due cose non possono stare insieme: Macron dovrà scegliere se il 2023 sarà l’anno dell’unità o quello della riforma delle pensioni.

 

Perché in Francia l’adeguamento dell’età di pensionamento è uno dei temi più divisivi e impopolari che ci siano. Sindacati e opposizioni, dalla sinistra di Jean-Luc Mélenchon alla destra di Marine Le Pen, sono già sul piede di guerra, in una riedizione degli scioperi e delle proteste di piazza del 2019 che costrinsero il neo presidente ad archiviare i suoi progetti riformisti. La crisi del Covid ha congelato tutto, ma ora Macron è intenzionato a riaprire il dossier. La riforma delle pensioni è diventata un simbolo della sua capacità di riformare un paese che è ancora ingessato. Non ci è riuscito nel suo primo mandato, dopo che le proteste e la pandemia avevano bloccato tutto, e ci riprova ora. Anche perché si tratta di un punto fondamentale del programma elettorale con cui ha ottenuto la rielezione. “Bisogna lavorare di più”, è il messaggio di Macron, per poter “garantire l’equilibrio del nostro sistema per gli anni e i decenni a venire”.

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Il progetto del governo francese mira a innalzare entro la fine dell’estate di 2-3 anni l’età pensionabile, da 62 a 64-65 anni. “L’obiettivo è consolidare il nostro sistema pensionistico, che altrimenti sarebbe a rischio se continuiamo a finanziarlo a debito”. Pertanto il progressivo allungamento della carriera lavorativa, da raggiungere in maniera progressiva nel tempo, è presentato come la soluzione migliore dato che le alternative escluse sono un aumento delle tasse, un abbassamento degli assegni pensionistici o un aumento del deficit (e quindi del debito pubblico, che in Francia è sopra il 110 per cento del pil).

 

Quello francese è un sistema pensionistico bizantino, composto da 42 casse e regimi specifici pubblici, che hanno un costo complessivo pari a circa il 14 per cento del pil, tra i livelli più alti nell’area Ocse dopo la Grecia e l’Italia. Il sistema, che come tutti i meccanismi pubblici a ripartizione si basa sui contributi dei lavoratori pagano i benefici dei pensionati, secondo il rapporto del Conseil d’orientation des retraites, un organo del governo fondato per studiare l’andamento delle pensioni, è ancora in leggero avanzo di bilancio. Ma l’evoluzione demografica porterà inevitabilmente a un deterioramento e quindi a deficit consistenti nei prossimi anni. Pertanto, l’unica soluzione è quella di innalzare l’età di pensionamento, dato che la spesa cresce di più rispetto alla media Ocse e che l’età media di uscita dal mercato del lavoro è tra le più basse. Il problema, però, è che la questione è politicamente radioattiva: tanti tentativi di riforma sono falliti, l’ultimo nel 2019, e alcuni leader, come Alain Juppé nel 1995, ci hanno rimesso la carriera.

 

Ma non è un problema che riguarda solo la Francia. Anche in Germania il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha annunciato la necessità di modifiche per far lavorare le persone più a lungo, perché nonostante l’innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni entro il 2031 un elevato numero di lavoratori lascia prima il mercato del lavoro grazie a forme di anticipo pensionistico. Il numero di lavoratori che si ritira dal lavoro a 63 anni è cresciuta notevolmente con i baby boomer, si tratta di almeno 200 mila persone ogni anno, circa un nuovo pensionato su quattro. E questa ondata di pensionamenti anticipati pone, soprattutto in questo frangente, una tensione anche nel mercato del lavoro che anche in Germania risente di una scarsità di lavoratori, che solo parzialmente può essere compensata da una maggiore immigrazione.

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Insomma, Francia e Germania si avviano su un sentiero già percorso dall’Italia con la riforma Fornero sotto i colpi della crisi del 2011. Il caso dell’Italia, tra l’altro, dovrebbe insegnare proprio che il costo delle riforme diventa più doloroso quanto più vengono rinviate. Parigi e Berlino hanno qualche margine in più per fare delle riforme graduali, visto che la loro spesa pensionistica sul pil è nettamente inferiore a quella italiana, che è ormai la più alta la mondo. L’Italia con la riforma Fornero si è posta avanti a tutti in termini di sostenibilità, solo che ha passato i successivi dieci anni a fare passi indietro, tra anticipi e Quote varie, nel senso opposto a quello che ora intendono percorrere Macron e Scholz.

 

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