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Le chimere di Ftx. Si riprenderà mai il settore crypto?

Pietro Minto

Debiti, buchi finanziari, droga e manager poliamorosi. Il sito di scambio di criptovalute oggi è un buco da 32 miliardi di dollari ma anche una storia che sembra uscita da un film o una serie televisiva. Ed è al centro di un caso che rischia di avere ripercussioni rovinose per tutto il settore

John Ray ha visto di tutto; da esperto di ristrutturazione delle imprese è abituato a gestire crisi d’ogni tipo. Nei primi anni del Duemila è stato amministratore delegato della Enron, il gigante energetico che fu al centro di uno scandalo finanziario, e di cui Ray gestì la fase di bancarotta. Nonostante questo e quarant’anni di esperienza nel campo, dice di non aver mai visto qualcosa di simile a quanto successo a Ftx, il sito di scambio di criptovalute al centro di un caso che rischia di avere notevoli ripercussioni.

 

La storia dell’azienda guidata – se così possiamo dire – dal trentenne Sam Bankman-Fried contiene tutti gli elementi che una solida realtà finanziaria non dovrebbe avere: l’abitudine di spendere i fondi degli utenti-investitori, innanzitutto, ma anche “la concentrazione del controllo nelle mani di un gruppo molto piccolo di individui senza esperienza, non sofisticati e potenzialmente compromessi”, per dirla con Ray. Il risultato, sempre per citare il suo report presentato alla Corte del Delaware, ha lasciato a bocca aperta anche un veterano come lui: “Nella mia carriera non ho mai visto un fallimento tanto completo dei controlli aziendali e una tale assenza di informazioni finanziarie affidabili come in questo caso”.

 

Ftx, oggi, è un buco da svariati miliardi di dollari ma anche una storia che sembra uscita da un film o una serie televisiva, con i racconti incredibili sulla “gang di ragazzini” che dalle Bahamas gestiva l’operazione e, a quanto pare, componeva una “polycule”, ovvero una relazione sentimentale poliamorosa composta da dieci persone. Alcuni testimoni parlano anche di un certo abuso di anfetamine negli headquarters lussuosi dell’azienda. Nel frattempo, il fondatore ha passato gli ultimi giorni a scrivere su Twitter strani di messaggi di scuse alternati ad assurdi tentativi di giustificare il proprio operato.

  

Alla luce di quanto visto, sembra impossibile pensare che Ftx sia stata per anni una delle realtà più prestigiose del  campo. Di più: l’azienda si era presentata come contraltare rigoroso e virtuoso a un mondo fatto di speculazione, assurdità e truffe frequenti. Un incantesimo che è riuscito a convincere investitori, venture capitalist ma anche politici ed enti di controllo, tutti rapiti dal verbo del fondatore SBF, come si fa chiamare Bankman-Fried, e dal suo stile trasandato ma votato al bene generale – almeno a parole.

   

L’arma di persuasione di SBF era duplice: i soldi e una filosofia chiamata “altruismo efficace” con cui convinceva associazioni, attivisti e politici di voler spendere milioni, anzi miliardi, in settori legati alla sostenibilità (come ambiente, sociale e governance). In un’intervista rilasciata a Kelsey Piper, una giornalista del sito Vox, SBF ha vuotato il sacco, confessando che tutte le dichiarazioni ambientaliste, filantropiche ed etiche erano “solo Pr”. Quando Piper ha cercato di metterlo di fronte alle sue posizioni “di sinistra”, l’ex ceo ha risposto: “Ah, tutte le stronzate che ho detto. Non sono vere, non proprio”.

 

Svanita l’illusione dei soldi magici e dei miliardari dediti alla costruzione di un mondo migliore, rimane una realtà amara, fatta di innumerevoli investitori truffati e derubati da Ftx. Come segnala l’Economist di questa settimana, però, c’è anche il rischio che la caduta rovinosa dell’azienda segni un punto di non ritorno per tutto il settore crypto, che dallo scorso marzo sta attraversando un periodo di forte crisi (un “inverno”, come viene detto dagli adepti delle criptovalute). Il motivo è chiaro: se una delle realtà più prestigiose e “buone” di un’industria si rivela un caos di debiti, buchi finanziari, droghe e dirigenti poliamorosi, cosa potranno mai nascondere le altre aziende del settore, quelle che magari non hanno nemmeno mai provato a presentarsi con una veste seriosa al pubblico?. 

  

Va infine ricordato che SBF da tempo faceva lobbying per riformare il settore in cambio di una sua legittimazione politica. Ora che il suo impero è crollato, i tanto odiati regulators potrebbero intervenire, finalmente. Sarebbe comunque troppo tardi.
 

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