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L'inverno senza gas russo fa meno paura, ma non abbastanza

Maria Carla Sicilia

Se Gazprom interrompe le forniture supereremo i mesi freddi senza problemi, dice Bloomberg. Ma diverse variabili trascurate possono diventare rischi non sufficientemente calcolati: dalle temperature rigide alle infrastrutture vulnerabili. Fino alla capacità satura dei rigassificatori 

Il gas russo non è più una minaccia per l’Italia. Almeno non per questo inverno, dice Bloomberg in un articolo in cui “people familiar with the matter” sostengono che forniture aggiuntive da Algeria ed Egitto sarebbero sufficienti a compensare un’eventuale interruzione delle importazioni dalla Russia. Il tema è tornato d’attualità anche per via della cronache di questi giorni. Tra il colosso russo Gazprom e la compagnia ucraina Naftogaz, attraverso cui arriva il metano in Europa, è in corso un contenzioso legato ai diritti di transito che Mosca sostiene di non dover pagare. Se la vicenda si sviluppasse per il peggio, i rapporti finanziari tra le due compagnie resterebbero impigliati nella rete delle sanzioni e si dovrebbero interrompere, così come i flussi di gas. L’altra via che collega Mosca a Bruxelles è quella del Nord Stream, di cui però si teme la messa fuori servizio definitiva in seguito al sabotaggio di cui i contorni non sono ancora chiari. 


Le prospettive non sono rassicuranti, ma lo stop delle forniture oggi fa meno paura. Per capire perché si possono mettere in ordine alcuni punti. Il primo è che ora l’Italia riceve da Mosca molto meno gas rispetto alla vigilia del conflitto. Farne a meno è dunque più facile. Gazprom ha tagliato gradualmente le forniture fino a rappresentare solo il 10 per cento delle importazioni quotidiane secondo i dati citati da Bloomberg. Fino a febbraio questa quota era pari al 40 per cento. 


Il secondo punto è la diversificazione. Due mesi dopo l’invasione dell’Ucraina, il governo guidato da Mario Draghi ha attivato una serie di missioni diplomatiche per garantire all’Italia approvvigionamenti alternativi. Tra gli altri, è sempre stato presente l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ricoprendo un ruolo centrale per la definizione dei contratti con i paesi coinvolti, dall’Angola al Congo, dalla Nigeria alla Libia, dall’Algeria all’Egitto. Ma il piano è graduale e, come ha ripetuto più volte il governo, per superare la dipendenza da Mosca ci vorrà la primavera del 2025. 


Il terzo punto sono gli stoccaggi, che ieri hanno raggiunto un riempimento del 90 per cento con un mese di anticipo rispetto alle previsioni. I “polmoni del sistema” sono stati messi in sicurezza grazie anche a un duplice intervento del governo che è costato 6,5 miliardi. Saranno indispensabili per poter affrontare il picco dei consumi dell’inverno che coincide con quella che viene chiamata “punta di freddo”. 


Il quarto punto è quello che dovrebbe consentire di usare gli stoccaggi nel modo più virtuoso possibile, condizione necessaria ma non sufficiente per evitare eventuali razionamenti. Si tratta del piano di risparmio preparato dal ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani, secondo cui entro dicembre l’Italia può ottenere 7,5 miliardi di metri cubi di gas da paesi diversi dalla Russia. A questi si somma il gas sostituito da rinnovabili e carbone e quello non consumato grazie al risparmio termico: totale circa 10 miliardi di metri cubi.  


Pare dunque che vada tutto bene, ma ci sono diverse variabili da tenere in considerazione. Alcune le segnala lo stesso articolo di Bloomberg: un inverno molto rigido, danni ai gasdotti o un ritardo nelle consegne delle nuove forniture potrebbero “ostacolare gli sforzi dell’Italia”. Si possono aggiungere possibili interventi di manutenzione (vedi le turbine di Nord Stream) ma anche un piano di risparmio non seguito alla lettera. L’altro aspetto cruciale sarà avere “spazio” nei rigassificatori di Livorno, Rovigo e Panigaglia per poter ricevere dall’Egitto il Gnl con cui, secondo Bloomberg, dovremmo sostituire parte del gas russo. Al momento, secondo quanto risulta al Foglio, tutti gli impianti sono operativi a pieno regime (quello di Panigaglia tornerà in funzione dopo un mese di manutenzione a fine settembre) e non ci sono margini per carichi aggiuntivi. “Se ci dovesse essere un’interruzione completa delle forniture di gas russo a partire dal primo di ottobre, sicuramente avremmo un mercato corto per 3-4 miliardi di metri cubi, che rappresentano circa il 5 per cento della domanda. A quel punto si dovranno mettere in atto le misure di riduzione selettiva delle forniture”, ha detto ieri l’ad di Edison, Nicola Monti, a margine dell’Italian Energy Summit in corso a Milano. Segno che alcune variabili trascurate potrebbero diventare rischi non sufficientemente calcolati.
 

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  • Maria Carla Sicilia
  • Nata a Cosenza nel 1988, vive a Roma da più di dieci anni. Ogni anno pensa che andrà via dalla città delle buche e del Colosseo, ma finora ha sempre trovato buoni motivi per restare. Uno di questi è il Foglio, dove ha iniziato a lavorare nel 2017. Oggi si occupa del coordinamento del Foglio.it.