Whatever it taxi

Altro che Draghi, il vero potere forte sono i tassisti

Luciano Capone

Quella dei taxi è l'unica categoria che da 30 anni riesce a evitare qualsiasi liberalizzazione. Più forti di farmacisti, avvocati e notai. Più potenti dell'uomo che con tre parole ha salvato l'euro

Nel discorso al Senato Mario Draghi aveva citato due volte i taxi: la prima, direttamente, parlando della legge sulla concorrenza e la seconda, indirettamente, criticando il sostegno di alcune forze di maggioranza “a proteste non autorizzate e talvolta violente”. Quelle dei tassisti nei giorni precedenti, appunto. Ma all’indomani del mancato voto di fiducia di M5s-Lega-FI e delle dimissioni di Draghi, il governo ormai degli affari correnti ha dovuto stralciare dal ddl Concorrenza le norme sui taxi, per far approvare la legge in extremis, prima dello scioglimento delle Camere, anche perché altrimenti sarebbe a rischio uno dei target per incassare la tranche di fondi del Pnrr. Piena soddisfazione da parte dei partiti che hanno fatto cadere il governo.

 

Neppure Draghi – l’uomo descritto come espressione dei poteri forti globali, della finanza anglosassone, dell’euroburocrazia brussellese e francofortese, della Nato, del Fmi e della Banca mondiale – è riuscito a fare una minima riforma dei taxi. Anche l’uomo che con sole tre parole è stato capace di salvare l’euro dagli speculatori internazionali ha dovuto fare marcia indietro davanti ai tassisti. Come chiunque prima di lui ci abbia provato: Bersani nel 2006, Monti nel 2012, Renzi nel 2017. E stavolta non si trattava neppure di una “liberalizzazione selvaggia” delle licenze, ma di una riforma soft che parla genericamente di “adeguare l’offerta alle forme di mobilità che si svolgono mediante l’uso di applicazioni web”. Niente da fare. I tassisti hanno assediato Palazzo Chigi, scatenato proteste non autorizzate che hanno paralizzato le città: loro, assegnatari di un “servizio pubblico” su licenza, hanno usato un privilegio che comporta dei doveri per ricattare le istituzioni prendendo in ostaggio i cittadini. Anziché il ritiro della licenza per l’interruzione illegale di un pubblico servizio, hanno ottenuto il ritiro della riforma. Così la legge che regola i taxi resta, pressoché immutata, quella del 1992. La stessa da trent’anni.

 

Eppure, quasi tutte le cosiddette lobby professionali nel tempo hanno ceduto di fronte a qualche riforma. I farmacisti hanno subìto l’apertura delle parafarmacie e di migliaia di nuove farmacie (equivalente all’aumento delle licenze per i taxi) e l’ingresso delle società di capitali. Anche gli avvocati sono stati toccati dal processo di liberalizzazione. Persino i notai, ritenuti la casta delle caste, hanno perso prerogative e visto aumentare la concorrenza e il numero di studi notarili. Tutti hanno perso un pezzo di rendita a favore di cittadini e consumatori, tutti tranne i tassisti. Gli unici ad aver difeso i propri privilegi anche in maniera violenta e illegale, spalleggiati dai partiti che all’uomo del whatever it takes hanno preferito il whatever it taxi. Sono loro il vero potere forte, altro che Draghi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali