(foto da Wikimedia Commons)

frenare l'inflazione

Recessione? L'avvertimento di Powell (Fed) non preoccupa la Bce

Alberto Chiumento

Intervista ad Angelo Baglioni, professore di Economia monetaria all’Università Cattolica, sulla possibilità di una contrazione dell'economia. Tassi di interesse e politiche restrittive, le differenze tra Ue e Stati Uniti

La Bce punterà a seguire la Fed in questa tendenza restrittiva di politica monetaria perché c’è un gioco di aspettative tra il mercato e le banche centrali, che le spinge ad andare nella stessa direzione, pur con intensità differenti”: Angelo Baglioni, professore di Economia monetaria all’Università Cattolica, non crede che la Bce possa interrompere il percorso di restrizione del credito che ha annunciato, nonostante il presidente della Fed Jerome Powell abbia detto che questo genere di politiche renda “la recessione una possibilità”.

 

“Davanti alla potente spinta inflazionistica che ormai stiamo vivendo da un anno, amplificata negli ultimi mesi anche dalla guerra, una banca centrale non può non agire, altrimenti aumenta il tasso di inflazione attesa e si genera una spirale prezzi-salari”. Per quanto sia la Fed sia la Bce abbiano avviato una serie di aumenti dei tassi di interesse, esse vigilano su economie con profonde differenze e quindi i rischi di causare una recessione sono molto diversi. Negli Stati Uniti – continua Baglioni – l’inflazione è causata dalla domanda aggregata, che è ripartita in modo rigoroso non appena sono state eliminate le restrizioni dovute alla pandemia. In Europa, purtroppo per noi, l’inflazione è da offerta, dovuta soprattutto ai costi dell’energia e delle materie prime. Dico purtroppo perché davanti a questa condizione europea la politica monetaria può fare poco nella riduzione dell’inflazione. Anche per questo la Bce si sta muovendo in modo più prudente sia sui tassi di interessi, sia sui titoli in portafoglio, che manterrà costanti fino al 2024”.

 

Se quindi la cautela con cui si è mossa la Bce può incidere solo marginalmente, è l’economia americana ad avere un rischio maggiore di entrare in recessione, dato che la Federal Reserve ha avviato una politica monetaria restrittiva molto aggressiva. “Negli Usa sono molto vicini alla massima occupazione (il tasso di disoccupazione a maggio è stato pari a 3,6 per cento, nda) e non hanno problemi di dipendenza energetica come invece ha l’Europa. Quindi la possibilità di entrare in recessione è legata soprattutto al contraccolpo di una politica monetaria molto decisa. Molti si aspettano una recessione e le parole di Powell vanno messa in questo contesto”, spiega Baglioni.

 

Nel tentativo di respingere i timori di recessione, Powell ha anche detto che la Fed non sta cercando di provocare una recessione né ritiene necessario provocarla. “Il messaggio lanciato da Powell è chiaro ma spesso per governare le aspettative di inflazione le banche centrali possono decidere di creare una recessione, anche piccola”. Molto si capirà nella prossima riunione della Fed (26-27 luglio) in cui un aumento inferiore a 0,75 punti percentuali indicherebbe il tentativo di procedere in modo meno aggressivo, dando più attenzione alla crescita economica, e quindi all’occupazione, che all’inflazione. “Loro, comunque, hanno dei margini di manovra nella politica monetaria. In Europa non li abbiamo, visto quanto siamo dipendenti dall’energia russa e dall’oscillazione dei prezzi di questi beni.”

 

Per Baglioni, quindi, alla Bce non resta che proseguire con l’annunciata strategia di aumentare i tassi di interesse pur con la gradualità, la flessibilità e il ricorso ai dati che tanto ha ripetuto Lagarde. Tuttavia, resta da chiarire un punto estremamente politico per la Bce. Mentre la Fed ha avviato un vigoroso snellimento dei titoli che possiede in portafoglio (valore complessivo 9 trilioni di dollari), la Bce ha scelto di muoversi in modo pacato, mantenendo costante il volume del suo portafoglio. Quindi comprerà altri titoli quando quelli che possiede scadranno. Ma come farlo deve essere comunicato al più presto. “Lagarde ha parlato di flessibilità nel riacquisto dei titoli in riferimento allo strumento per proteggere dal rischio di frammentazione alcune nazioni”, dice Baglioni. “Questa flessibilità è già stata usata nel 2020, acquistando i titoli dei paesi i cui spread erano cresciuti di più e ha funzionato. Ma adesso è necessaria una migliore comunicazione perché il riacquisto proseguirà fino alla fine del 2024, e attendere un attacco speculativo per definire le norme non è consigliabile per la Bce”.

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