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Perché a Mattarella piace Del Fante

Stefano Cingolani

Un fuori programma e i 160 anni di Poste. Un ritratto dell'amministratore delegato della più grande azienda italiana

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Un fuori programma così non se lo aspettava nessuno. Accolto da un lunghissimo applauso, giovedì mattina il presidente Mattarella ha cominciato il suo discorso con “un saluto intensissimo a tutte le donne e a tutti gli uomini di Poste Italiane che ogni giorno sono al servizio del nostro paese e desidero esprimere in questa occasione nei loro confronti la riconoscenza della Repubblica”. A questo punto la Nuvola di Fuksas ha cominciato a vibrare e un sorrisone s’è stampato sul volto di Matteo Del Fante che guida l’azienda dal 2017 e ha superato a pieni voti la prova più difficile: due anni di pandemia durante i quali i portalettere spesso erano le sole presenze umane per le strade deserte e le poste il legame fisico non solo elettronico con il mondo esterno. 

 

Le celebrazioni del 160esimo compleanno, il francobollo commemorativo, il parterre de rois, tutto questo fa parte di un certo folklore aziendale che, così si dice, aiuta a cementare lo “spirito di squadra”. Non ha nulla di folkloristico invece la metamorfosi delle poste. E’ una storia lunga più di vent’anni, ha cominciato Corrado Passera tra il 1998 e il 2002 a togliere le ragnatele e chiudere le falle nei bilanci, dimostrando che le lettere possono arrivare in tempo. Ma lui era  un “papa straniero”, veniva dal privato, dalla Olivetti di Carlo De Benedetti, dalle banche. Poi è toccato a Massimo Sarmi, che dall’Areonautica militare era passato a Telecom Italia, con lui Poste italiane diventa anche una società di servizi finanziari. Celebra i 150 anni nel 2012 poi passa la mano nel 2014 a Francesco Caio. Un anno dopo arriva la quotazione in borsa, ma i dipendenti si agitano, gli utenti non gradiscono la distribuzione a tempi alterni e Caio perde la gara per Pioneer la società di gestione finanziaria che Unicredit ha preferito cedere al gruppo francese Amundi. Siamo nel 2017, il governo è guidato da Paolo Gentiloni, però i giornali scrivono che è Matteo Renzi a volere il ricambio per collocare “il renziano Del Fante”.

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In effetti il nuovo “postino capo” è fiorentino, è senza dubbio apprezzato da Renzi, e nessuno nega che le nomine nelle aziende di stato abbiano una matrice politica. Tuttavia il percorso professionale di Del Fante non lo rende etichettabile. Non è un McKinsey boy come Passera né un dirigente pubblico, piuttosto un manager di quelli che stanno maturando fuori e dentro le partecipazioni statali. Anche lui bocconiano, si specializza alla New York University poi nel 1991 a 24 anni entra alla JP Morgan a Londra dove sale la scala gerarchica fino a diventare managing director. Da qui nel 2004 (governo Berlusconi, con Tremonti al Tesoro) passa alla Cassa depositi e prestiti trasformata in società per azioni. Nel 2010 è nominato direttore generale, quattro anni dopo il governo  gli affida Terna, la società della rete elettrica ad alta tensione. Poi le Poste la più grande azienda italiana per numero di dipendenti (sono 140 mila), con un fatturato cresciuto a 11,2 miliardi di euro e una missione da completare.

 

Mentre la Deutsche Post si è concentrata sulle spedizioni acquisendo anche l’americana DHL diventando un colosso globale con fatturato da oltre 80 miliardi di euro, Poste italiane ha scelto la via della diversificazione (ora ha deciso di entrare anche nel mercato dell’energia). Tuttavia la logistica è diventata più che mai strategica e Del Fante deve potenziare la originaria vocazione, utilizzando la rete dei 13 mila uffici postali  (ieri è stato ufficializato dal ministro Giancarlo Giorgetti anche il così detto progetto “Polis” che attraverso Poste porterà i servizi digitali della pa nei comuni più piccoli). “Dal mio arrivo in azienda – ha dichiarato – ho implementato il mercato dell’e-commerce: oggi un pacco su tre, che ordinate su Amazon, Zalando o su altri marketplace, è spedito da Poste Italiane”. L’amministratore delegato si è mosso con cautela, ha migliorato l’efficienza, ha recuperato redditività. Nel 2021 l’utile (1,6 miliardi di euro) è stato superiore alle attese, anche se, secondo gli analisti, si può fare di più. Con la sua gestione comunque il titolo in borsa è passato da sei a nove euro.

 

Come capo azienda Del Fante sfugge per molti versi alle classificazioni tradizionali. Casa e ufficio, una moglie con due figli, della sua vita privata i giornalisti sanno poco e stentano anche a penetrare il giro degli amici. Niente salotti romani, sembra che voglia sottrarsi agli stereotipi. Coltiva un progetto del quale ha parlato qua e là: trovare una sorta di terza via tra l’impresa privata e quella pubblica, tra il management e la proprietà, tra i dipendenti e gli azionisti. Partecipazione, azionariato diffuso, gestione condivisa; chissà se le Poste si trasformeranno in una palestra delle  governance del futuro. Non appena i tempi si faranno meno bui.

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