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l'analisi

Meno sussidi ambientalmente dannosi uguale più tasse

Carlo Stagnaro

Tassare i poveri. I paradossi del Catalogo Mite pubblicato ieri. Peccato aver perso ancora una volta l'occasione per aggiustare la rotta

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Mentre il governo aumenta giorno dopo giorno le risorse stanziate per mitigare il caro energia, il Ministero della Transizione ecologica (Mite) chiede di alzare le tasse. Ieri è uscita la quarta edizione del “Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli”. La metodologia utilizzata è molto estensiva (il Foglio, 21 gennaio 2022). Per esempio, viene classificato alla stregua di un sussidio qualunque “forma di agevolazione che emerge implicitamente da una determinata differenziazione del livello di tassazione” tra prodotti o tecnologie comparabili. E’ il caso degli 11 centesimi di euro che separano l’accisa sul gasolio da quella sulla benzina. Naturalmente, data la definizione, il sussidio potrebbe chiudersi abbassando il balzello più alto, o individuando un livello intermedio. Ma secondo il Mite non basta: “Il livello di accisa sul gasolio deve essere innalzato e almeno allineato rispetto a quello della benzina”. Secondo il catalogo questo “sussidio” valeva 2,6 miliardi di euro nel 2020, in calo rispetto ai 3,1 miliardi del 2019 (anno per il quale l’edizione precedente del catalogo stimava 5,1 miliardi di sussidio). E’ significativo che – in un momento come questo – il dicastero retto da Roberto Cingolani chieda di inasprire il prelievo fiscale sui carburanti per autotrazione a dispetto del fatto che le accise italiane sono già le più alte d’Europa (lo conferma la figura 22 a pagina 319 del catalogo pubblicato ieri).

Per fare qualche altro esempio, sono considerati ambientalmente dannosi la riduzione dell’accisa sui carburanti per le autoambulanze, gli sconti sul gasolio e Gpl per riscaldamento nelle aree svantaggiate (zone montane, Sardegna e piccole isole) e perfino le misure adottate a vantaggio delle aree colpite dall’epidemia di Xylella. Davvero la qualità ambientale migliorerebbe se lasciassimo la Puglia alla Xylella e i sardi al freddo? Al Mite sembrano pensarla così. Contemporaneamente, è favorevole all’ambiente la detrazione del 19 per cento delle spese veterinarie (“la promozione dei servizi veterinari comporta benefici igienico-sanitari sia in ambiente esterno che in ambiente interno”) mentre è “incerto” l’impatto del bonus idrico, cioè la riduzione della bolletta dell’acqua per le famiglie a basso reddito. Curiosamente gli estensori del Catalogo non si sono accorti che esistono altri due bonus sociali (elettrico e gas) che, secondo i loro stessi criteri, andrebbero inseriti come dannosi.

La metodologia è talmente contraddittoria che si arriva al paradosso. Le misure che favoriscono il consumo di energia elettrica sono considerate dannose (l’esenzione dall’accisa per le famiglie e l’Iva agevolata per famiglie e imprese). Invece quelle che favoriscono l’acquisto di beni che consumano energia elettrica sono considerate favorevoli (la riduzione del bollo per i veicoli elettrici, le detrazioni per le colonnine di ricarica, il bonus bici, i bonus edilizi per l’installazione di pompe di calore). Insomma, bisogna dotarsi di apparecchi alimentati da energia elettrica ma astenersi dall’usarli. Perfino sui sussidi ai pannelli fotovoltaici il catalogo ha da ridire: essi “sono stati considerati favorevoli solo se destinati ad impianti fotovoltaici installati su superfici già impermeabilizzate o se riferiti a produzioni di energia a scala locale e a filiera corta”. L’eolico? Bene, ma attenzione a escludere le aree più pregiate. L’idroelettrico? “Crea danni irreparabili agli ecosistemi fluviali”. Le biomasse? “Il più delle volte necessitano di una forma di meccanizzazione che non consente la chiusura del bilancio di carbonio tra crescita e combustione, oltre alle esternalità che derivano dalla lavorazione agricola intensiva… per cui i benefici risultano minori degli impatti negativi prodotti”. 

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Complessivamente, secondo il catalogo ci sono oltre 21 miliardi di “sussidi ambientalmente dannosi”: perché in questi anni non si è fatto nulla per eliminarli? La risposta è semplice: perché quei soldi sono una finzione contabile. Esistono numerose distorsioni nel nostro sistema fiscale, che il catalogo potrebbe aiutare a mettere a fuoco con beneficio dell’efficienza economica e dell’ambiente. Purtroppo la metodologia riflette un principio ideologico: qualunque attività antropica è ambientalmente dannosa. La condanna è scritta nelle premesse. Non sorprende che esso non abbia prodotto alcuna azione di policy.  Peccato aver perso, ancora una volta, l’occasione di aggiustare la rotta e farne uno strumento utile a indirizzare la fiscalità ambientale.

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