voto cruciale

La trasformazione in spa e il destino in bilico della Pop. Sondrio

Mariarosaria Marchesano

Nonostante un diffuso sentimento anti trasformazione, l'approvazione dell’assemblea straordinaria è fondamentale per il futuro della banca cooperativa. Se non dovesse arrivare si aprirebbe un problema anche di tipo politico.

Milano. In un clima surreale la Banca Popolare di Sondrio si avvia a trasformarsi in spa con la prospettiva di entrare a far parte di un potenziale terzo polo bancario italiano insieme a Bper e Carige, se queste ultime arrivassero a unirsi. Il clima è surreale perché, complice le misure di distanziamento per il Covid, l’assemblea straordinaria del 28 e 29 dicembre (in seconda convocazione) si svolgerà da remoto al solo scopo di annunciare i risultati di una votazione che nella realtà è già avvenuta per via telematica prima di Natale e si è chiusa il 23 dicembre. E i risultati, a quanto si apprende, sono custoditi dalla Computershare, la società che si è occupata della procedura, e per adesso sono top secret.

L’unico dato che trapela da ambienti finanziari è che la sera del 22 dicembre, quindi a un giorno dalla scadenza, avevano votato poco meno di 2 mila soci, che rappresentano circa il 2-3 per cento del capitale. Una percentuale molto bassa di partecipazione in un momento storico della banca cooperativa che negli ultimi cinque anni si è opposta in tutte le sedi possibili alla modifica della sua natura giuridica in nome dell’identità territoriale.
Solo dopo gli ultimi pronunciamenti del Consiglio di stato e della Corte di giustizia europea, che hanno sancito la piena legittimità della legge di riforma delle banche popolari varata dal governo Renzi nel 2015, Sondrio ha ceduto alla richiesta della Bce di modificare lo statuto e convocare l’assemblea degli azionisti nel pieno delle festività per consentire la trasformazione in spa entro fine anno. Considerando, però, l’ampia base societaria della banca (oltre 160 mila soci) è probabile che l’invito a esprimere il voto non sia stato recepito da tutti come una scelta cruciale.

Difficile, così, fare qualsiasi tipo di previsione anche perché il sentimento anti trasformazione e quindi anti mercato nelle valli valtellinesi è ancora molto vivo, come testimonia l’ultima iniziativa del comitato per l’autonomia e l’indipendenza della banca fondato dall’economista Marco Vitale. Il quale, pur aprendo alla prospettiva di una nuova veste giuridica per Sondrio, ha lanciato la proposta di una società benefit per azioni sul modello della Società Chiesi, una delle maggiori aziende farmaceutiche italiane, e del gruppo Illy (sarebbero 1.500 in Italia le aziende con questo status che consente di inserire nello statuto finalità di tipo mutualistico).

Ma che cosa succederebbe se la maggioranza dei voti espressi fosse contro la trasformazione? A delineare uno scenario di gravi conseguenze sono le principali sigle sindacali (Fisac-Cgil, Uilca, First-Cisl, Fabi e Unisin) secondo le quali la Pop Sondrio si esporrebbe alla proposta di revoca della licenza bancaria che la Banca d’Italia potrebbe proporre alla Bce. Inoltre, gli effetti sull’occupazione sarebbero nefasti per i territori e le comunità in cui la Sondrio opera e che dice di voler tutelare. Dunque, l’ok dell’assemblea straordinaria è indispensabile per assicurare il corretto proseguimento dell’attività e se non dovesse arrivare si aprirebbe un problema anche di tipo politico, visto che al Mef spetterebbe decidere su una eventuale richiesta di liquidazione coatta amministrativa che sempre Bankitalia ha il potere di avanzare in casi come questo.

Intanto, solo la trasformazione in spa della Pop Sondrio può aprire a uno scenario di aggregazioni che vedono il gruppo Unipol, azionista con il 9 per cento, interessato a un progetto di fusione con l’altra banca sua partecipata, la modenese Bper. Ma come ha detto di recente il ceo di Unipol, Carlo Cimbri, il destino della Sondrio è nelle sue stesse mani, e il gruppo assicurativo-bancario punta farne parte in qualsiasi caso. Oggi Unipol detiene il 9 per cento della banca valtellinese e il 19 per cento circa della Bper e il disegno di un’aggregazione lombardo-emiliana non è un mistero, ma può attendere che i tempi maturino perché nel frattempo incombe il dossier Carige in cui Bper è coinvolta.

La trattativa con il Fondo interbancario (Fitd) si sta complicando dopo che quest’ultimo ha ritenuto eccessiva la ricapitalizzazione richiesta di un miliardo e, a quanto si vocifera, ha cominciato a valutare le avance di un altro pretendente per la banca ligure che consentirebbe di limitare lo sforzo finanziario a 500 milioni. Spetta a Bper adesso rilanciare, mentre la controllante Unipol tiene lo sguardo puntato su Sondrio. Il terzo polo bancario è una sfida che si gioca a tutto campo.