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Il dibattito

I dubbi di Upb, Bankitalia, Cnel e Corte dei conti sulla riforma del fisco

Francesco Stati

Per Palazzo Koch un taglio delle tasse efficace dovrebbe agire su su detrazioni e bonus, mentre per il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro gli 8 miliardi stanziati non sono sufficienti a realizzare una riforma dell'Irpef. Le audizioni di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato

La legge di bilancio divide non solo i partiti, ma anche esperti e istituzioni. Lo certificano le audizioni odierne davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb), del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), della Corte dei conti e della Banca d’Italia. A tenere banco è soprattutto la riforma del fisco, con gli 8 miliardi da investire per la riduzione delle tasse su cui il parlamento è spaccato su quattro posizioni inconciliabili, di cui abbiamo dato conto sul Foglio del 22 novembre: quelle “di Enrico Letta (“Occorre ridurre le tasse sul lavoro per aiutare la domanda interna”), di Matteo Salvini (“Metterei tutti gli 8 miliardi su partite Iva, commercianti e professionisti”), di Giorgia Meloni (“Gli 8 miliardi vanno concentrati su una cosa sola, bisogna metterli sul cuneo fiscale”) e di Giuseppe Conte (“Dobbiamo abolire l’Irap e creare un’imposta unica per le imprese”)”. 

Giuseppe Pisauro, presidente dell’Upb, si è soffermato a rilevare la mancanza di un piano fiscale articolato: “Gli interventi previsti dalla legge di bilancio presentano elementi di indeterminatezza, e per alcuni aspetti si prospetta una manovra in divenire: la riforma fiscale, ad esempio, risulta per ora delineata solo nei suoi principi fondamentali, con la sola definizione complessiva dello stanziamento del fondo per la riduzione della pressione fiscale e l’indicazione di massima del campo di intervento”, ribadendo il problema di adeguatezza delle strutture delle amministrazioni circa la capacità di attivazione della spesa e la conseguente necessità di un rinnovamento organizzativo della pubblica amministrazione.

Più specifico il discorso del capo del Servizio Struttura di Banca d’Italia, Fabrizio Balassone, che davanti alle commissioni si è espresso così sulla manovra: “Poiché i redditi da lavoro dipendente rappresentano poco più della metà del reddito complessivo dichiarato, l’obiettivo di ridurre il cuneo fiscale che grava su di essi sarebbe più efficacemente raggiungibile con la revisione di detrazioni e trattamento integrativo", cioè l’ex bonus Irpef. piuttosto che con la sola riduzione delle aliquote, che favorirebbe anche i redditi diversi da quelli da lavoro dipendente. Ciò consentirebbe interventi più selettivi anche per l’obiettivo di riduzione delle aliquote marginali effettive, concentrando le risorse sulla platea di contribuenti esposta alle criticità più evidenti”. Altra preoccupazione di Palazzo Koch è come sostenere una manovra così imponente: “Andrà usata cautela nel dare attuazione al disegno di legge delega per la riforma fiscale, individuando le coperture adeguate per gli interventi che verranno definiti. Nel disegno delle misure per la riduzione della pressione fiscale – ha concluso – andranno individuate le soluzioni adatte a incentivare lavoro e investimenti”.

Tiziano Treu, presidente del Cnel, la pensa diversamente: “Gli 8 miliardi stanziati nella legge di bilancio per la riforma fiscale non paiono sufficienti a realizzare una riforma strutturale dell’Irpef, che è il vero nodo della riforma nonché il campo di elezione dove coniugare equità e sostenibilità. Se un intervento radicale sull'Irpef appare necessario in un’ottica di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie di lavoratori e pensionati, operazioni sull’Irap rischiano di pregiudicare le risorse che le Regioni destinano alla sanità. Dal lato delle imprese, peraltro, le parti sindacali rilevano che un intervento sull’Irap drenerebbe risorse necessarie alla riforma onnicomprensiva del fisco, di cui beneficerebbe l’intera collettività e non solamente le imprese. È opportuno – prosegue – sollecitare una operazione di razionalizzazione dei trasferimenti in conto corrente e capitale alle imprese, che andrebbero ricondotti a un disegno ordinato e coerente di politica industriale”. Il Cnel, afferma il suo presidente, condivide e segnala da tempo l’esigenza di intervenire sull’Irpef, dato il carico fiscale esistente sui lavoratori dipendenti e sui pensionati: “Sarebbe anche un importante vettore per sostenere la crescita, dopo decenni di stagnazione e di impoverimento della popolazione, anche quella economicamente attiva. Secondo analisi Ocse, il salario medio è diminuito dal 1990 al 2020 del 2,9 per cento, mentre nei Paesi Ue si è avuta una crescita vicina al 30 per cento". 

Al centro delle audizioni, anche le misure impattanti il sistema pensionistico contenute nella legge di bilancio. Secondo la Corte dei conti, “La valutazione complessiva sulle misure in materia pensionistica non è del tutto positiva”. Il superamento di Quota 100, dice in sostanza la Corte, non è avvenuto e per questo restano alcune criticità. "La misura ha costituito sin dagli esordi una risposta non efficiente, per gli equilibri della finanza pubblica, all’esigenza di una maggiore flessibilità in uscita del sistema previdenziale”. Con il disegno di legge di bilancio, “pur se si conferma la piena adesione al principio contributivo – prosegue – non si rimuove la forte incertezza che si è determinata nel sistema a seguito delle misure recate dal d.l. 4/2019”. L’obiettivo, secondo la Corte, è "far convergere gradualmente, ma in tempi rapidi, verso una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro. Ma è evidente che sia per ragioni di equilibri finanziari che di equità ciò andrebbe fatto prevedendo una correzione “attuariale” anche sulla componente retributiva dell'assegno, in analogia a quanto avviene per la componente contributiva”.

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