tra istruzione e previdenza

L'investimento di Draghi sui giovani dipende da cosa deciderà sulle pensioni

Luciano Capone

La mattina dagli studenti a parlare di futuro, la sera con i sindacati a parlare di Quota 100. La giornata del premier rappresenta la scelta cruciale che il governo deve fare tra un nuovo corso che guardi alle nuove generazioni e l'ossessione per le pensioni che da anni tiene prigioniero il paese

La mattina a parlare agli studenti dell’Istituto tecnico superiore di meccatronica Cuccovillo di Bari (“dopo anni in cui l’Italia si è spesso dimenticata delle sue ragazze e dei suoi ragazzi, sappiate che le vostre aspirazioni, le vostre attese, oggi sono al centro dell’azione del governo”, ha detto il premier ai ragazzi) e la sera a Palazzo Chigi a discutere con i sindacati che minacciano lo sciopero generale se l’esecutivo non apre ulteriormente i cordoni della borsa sulle pensioni. Nulla meglio della giornata di ieri di Mario Draghi rappresenta lo scarto che c’è tra le necessità di un paese in declino economico e demografico che dovrebbe preoccuparsi del futuro dei giovani (la next generation, appunto) e la realtà di una discussione politica dominata dalle pensioni.

 

Lo sciopero generale minacciato dai sindacati, così come le tensioni nella maggioranza a causa della posizione della Lega, non emergono per spingere il governo a fare qualcosa di più sul lavoro, ma per aumentare la spesa pensionistica. Non ci si preoccupa tanto di come far entrare i giovani nel mondo del lavoro ma di come far uscire prima i più anziani. Come se il mercato del lavoro fosse un teatro con i posti limitati e, per giunta, già tutti occupati. Si è visto con Quota 100, come con qualsiasi altro precedente di pensionamento anticipato, che la “staffetta generazionale” non funziona: non si è vista la sostituzione promessa tra anziani e giovani e di questo se n’è accorto persino Giuseppe Conte che, evidentemente, prima decide di spendere decine di miliardi e solo dopo fa valutazioni d’impatto: “Quota 100 non ha retto l’analisi costi-benefici sulle casse pubbliche”, ha candidamente ammesso l’ex premier al Corriere.


Durante la pandemia è stato spesso evidenziato il sacrificio dei giovani che, pur correndo meno rischi sanitari, hanno pagato le maggiori conseguenze economiche del Covid per proteggere i più anziani, che a loro volta erano economicamente più garantiti. Perdendo il lavoro, visto che i posti svaniti hanno riguardato i contratti a termine non rinnovati più diffusi tra i giovani. Perdendo formazione e capitale umano, ovvero redditi futuri, per la chiusura delle scuole più dura e prolungata al mondo. E ora che è il momento di risarcirli, pezzi della classe dirigente dimenticano i sacrifici dei giovani e chiedono ancora risorse per i più anziani. Anziché del dramma dei dati Invalsi, ormai finti nel dimenticatoio, si discute di Quota 100 e dei suoi eredi. Non ci si preoccupa di come incrementare la spesa per istruzione che è inferiore alla media Ocse, ma di come aumentare la spesa previdenziale che è la più alta al mondo.


La visita di Draghi in un istituto tecnico superiore (Its) del sud non è casuale. Nel Mezzogiorno quasi un giovane su tre è un Neet (non è occupato né inserito in un percorso di istruzione o formazione), il doppio rispetto al nord. E gli Its sono una risposta per colmare il mismatch tra offerta e domanda di lavoro: “I tassi di occupazione tra i diplomati Its sono molto elevati – ha ricordato Draghi – Il 92% trova un lavoro coerente con il proprio percorso di studi”. Nel Pnrr il governo punta al rafforzamento degli Its investendo circa 1,5 miliardi, con l’obiettivo di raddoppiare il numero degli attuali iscritti. La percentuale è alta, il problema è che i numeri assoluti sono bassi: in Italia gli iscritti agli Its sono 18 mila, mentre in Germania sono oltre 800 mila. E’ di questi temi che bisognerebbe discutere, di come spendere l’enorme massa di prestiti per favorire la crescita a vantaggio soprattutto dei più giovani, visto che toccherà a loro sopportare il peso di un debito che diventa sempre più grande. 

 

Ma questo paese è talmente ossessionato dalle pensioni che se ne parla persino quando si fanno proposte a favore dei giovani. Come ad esempio ha fatto recentemente il presidente dell’Inps Pasquale Tridico che ha proposto il riscatto gratuito ai fini pensionistici della laurea per incentivare lo studio. Una proposta iniqua oltre che diseducativa, alla cui base c’è l’idea per ogni problema economico esiste una spesa previdenziale che lo risolve. Bisogna ribaltare la prospettiva: “Il Covid ha colpito duro. Tutti. – scrive l’economista della Bocconi Vincenzo Galasso nel libro appena pubblicato, intitolato “Gioventù smarrita” – E ha creato un’ulteriore frattura intergenerazionale in un paese che era già silenziosamente diviso in due: adulti e anziani da un lato, giovani dall’altro. L’Italia è uno dei paesi europei che dedicano maggiori risorse alle generazioni anziane, da molti anni”. Le parole di Draghi a Bari sul futuro dei giovani sono importanti, ma il loro reale significato dipende da ciò che deciderà a Roma sulle pensioni.  

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali