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Quello che la Nadef non dice

Luciano Capone

Revisione del Patto di Stabilità e no a una nuova Quota 100 sono i due non detti del documento che rivelano la linea del governo. La politica fiscale di Draghi dipende così da due trattative, una in Europa con la Germania e l’altra in Italia con sindacati e Lega

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La Nadef presentata dal governo è pervasa da un giustificato ottimismo. Il pil cresce più del previsto (6% anziché 4,5%) e, di conseguenza, il deficit è inferiore alle attese (9,4% anziché 11,8%) e il debito scende più velocemente rispetto a quanto preventivato nel Def di aprile (153,5% anziché 159,8%). Il miglior quadro macroeconomico – dovuto all’andamento dell’epidemia, al successo della campagna vaccinale e al clima di fiducia – consentirà con la legge di Bilancio di avere una politica fiscale espansiva di oltre un punto di pil (circa 20 miliardi). La manovra avrà nel 2022 un impatto sulla crescita di mezzo punto di pil aggiuntivo (4,7% anziché 4,2%). Questi, in sintesi, i numeri della Nadef esposti dal premier Mario Draghi e dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Ma il documento rivela anche due indirizzi del governo nascosti, o quantomeno non esplicitati, uno di politica europea e l’altro di politica interna.

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La Nadef presentata dal governo è pervasa da un giustificato ottimismo. Il pil cresce più del previsto (6% anziché 4,5%) e, di conseguenza, il deficit è inferiore alle attese (9,4% anziché 11,8%) e il debito scende più velocemente rispetto a quanto preventivato nel Def di aprile (153,5% anziché 159,8%). Il miglior quadro macroeconomico – dovuto all’andamento dell’epidemia, al successo della campagna vaccinale e al clima di fiducia – consentirà con la legge di Bilancio di avere una politica fiscale espansiva di oltre un punto di pil (circa 20 miliardi). La manovra avrà nel 2022 un impatto sulla crescita di mezzo punto di pil aggiuntivo (4,7% anziché 4,2%). Questi, in sintesi, i numeri della Nadef esposti dal premier Mario Draghi e dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Ma il documento rivela anche due indirizzi del governo nascosti, o quantomeno non esplicitati, uno di politica europea e l’altro di politica interna.

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Il primo indirizzo che è possibile ricavare tra le righe della Nadef riguarda la fiscal stance, ovvero l’impostazione della politica di bilancio, che presenta degli elementi di attrito con la Commissione europea. Il governo, infatti, scrive che “l’intonazione della politica di bilancio resterà espansiva fino a quando il pil e l’occupazione avranno recuperato non solo la caduta, ma anche la mancata crescita rispetto al livello del 2019. Si può prevedere che tali condizioni saranno soddisfatte dal 2024 in avanti”. In sostanza, secondo le precedenti previsioni l’Italia sarebbe stata uno degli ultimi paesi in Ue a recuperare i livelli pre crisi: nel 2023. L’accelerazione del tasso di crescita di quest’anno anticipa il ritorno al pil del 2019 di un anno, al secondo trimestre del 2022. Ma, nonostante questo, il governo dice che proseguirà con una politica di bilancio espansiva perché non basta tornare al pil del 2019, ma bisogna recuperare anche la crescita mancata nel frattempo. E siccome questa circostanza non si verificherà prima del 2023, il graduale consolidamento di bilancio inizierà solo a partire dal 2024 (il deficit programmatico per allora è del 3,3% rispetto al 2,1% tendenziale). Insomma, il governo non punta al “livello” ma al “trend” pre crisi.

 

Ma in questa differenza lessicale si cela un possibile scontro con la Commissione europea. Perché il Patto di stabilità prevede come ritorno alla normalità e quindi alla fine della sua sospensione il recupero dei “livelli pre crisi” di attività economica. Ciò non vuol dire che il governo Draghi entrerà in conflitto con la Commissione, anche perché le regole fiscali sono sospese anche per il 2022 ed eventualmente il problema si presenterà solo nel 2023. Ma questa interpretazione della fiscal stance che si basa sul recupero del “trend” di crescita e non del "livello" è interessante per capire, in questa fase di ridefinizione delle regole europee, quale posizione l’Italia intende presentare al tavolo che discuterà le modifiche al Patto di stabilità e crescita. E’ una trattativa che avverrà tra un po’ di tempo, di certo non prima della formazione del nuovo governo tedesco.

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 Molto più ravvicinata è invece la trattativa interna sulla legge di Bilancio e su come spendere questi 20 miliardi messi sul piatto dal ministro Franco. Qui l’elemento interessante, per capire la posizione del governo, non è dato tanto da cosa c’è scritto nella Nadef ma da cosa manca: le pensioni. Tra i provvedimenti da coprire con le risorse aggiuntive definite dal quadro programmatico, il governo mette le “cosiddette politiche invariate”, misure per il sistema sanitario, fondo di garanzia per le Pmi, bonus per l’efficientamento energetico, assegno unico per i figli, riforma degli ammortizzatori sociali e “un primo stadio della riforma fiscale”. Non c’è alcun riferimento alla scadenza di Quota 100 prevista per il 31 dicembre e quindi a un suo possibile rinnovo. E’ da escludersi pertanto un rinnovo o addirittura, come chiedono sindacati e Lega, una Quota 41 perché le risorse necessarie non potevano essere trascurate dalla Nadef. Ciò non vuol dire che non ci sarà alcun intervento, probabilmente si estenderanno l’Ape sociale o alcune agevolazioni per i lavoratori usurati. Ma l’indirizzo del governo sembra chiaro, ed è quello di evitare di bruciare enormi risorse sull’altare delle pensioni.

 

Naturalmente se Draghi riuscirà ad attuare la sua visione di politica economica e fiscale dipenderà da come andranno le trattative politiche, in Italia sulla riforma delle pensioni e in Europa sulla revisione del Patto di stabilità. 

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